Avanti ragazzi di Buda

 

Avanti ragazzi di Buda

“Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest

studenti braccianti operai, il sole non sorge più ad est”.

Piazzale martiri d’Ungheria, una terrazza su Roma, intitolata a quei ragazzi del ’56 nel paese in cui vivo, scarpe scucite, calzoni corti e una palla, perché qui la lotta e il calcio, un tempo, designavano l’uomo o la mammoletta, la nazionale senza filtro poi faceva il resto.

L’angolo più bello, con un panorama mozzafiato davvero unico nei Castelli Romani, un grandangolo da Tivoli fino ad Ostia era insignito, dalla DC di don Camillo, della memoria ai  rivoluzionari magiari, insorti in armi, contro il regime servo sovietico di Mátiás Rákosi,  pupazzo stalinista al servizio del Cremlino di Nikita Chruščëv, proprio quello della storica svolta anti-stalinista, una farsa a uso interno del PCUS per liberarsi, anche fisicamente (vedi Berjia), dei concorrenti. Fu questo grassoccio, calvo ex ufficiale politico a soffocare l’insurrezione ungherese, pronunciare da. da alla costruzione del muro di Berlino, piazzare missili nucleari a Cuba sfiorando la terza guerra mondiale, eppure per compagni, storici monocoli e corifeo di leninisti utili idioti, Chruščëv fu, come Bruto, uomo d’onore della svolta parafrasando l’orazione funebre di Antonio all’ammazzato  Cesare.

Ottobre schiude le porte alle rivolte, mitica la rivoluzione bolscevica di S. Pietroburgo, la marcia su Roma dei fassisti, la ribellione degli studenti ungheresi, l’Autunno delle Nazioni del 1989, eh già in autunno cadono le foglie così precipitano i regimi ingialliti.

Cosa invocavano milioni di ungheresi nel ’56, la risposta l’abbiamo presa dal quotidiano socialista l’Avanti! del 28 ottobre 1956 dove Pietro Nenni scriveva: “Gli ungheresi chiedono democrazia e libertà. Il vecchio motto che non si sta seduti sulla punta delle baionette vale anche per i carri armati. Si può schiacciare una rivolta, ma se questa, come è avvenuto in Ungheria, è un fatto di popolo, le esigenze ed i problemi da essa poste rimangono immutati.” e tali restarono per anni, dalla Cecoslovacchia, alla Polonia, all’Afghanistan solo per citare alcuni Paesi schiacciati dai T-34 dell’Armata Rossa.

La ricorrenza  della rivolta scivolerà via anche quest’anno, girando repentino il calendario, siamo nella palude pandemica, unica traccia del tema il COVID-19 e poi babbo P.C.I. scattò sugli attenti contro le “bande controrivoluzionarie” schiacciate dai cingolati del Cremlino. I comunisti stendono un sudario sui crimini commessi, negano tutto rosicchiando la storia a loro gusto e piacimento, divorano ogni filo di dissenso, se lo mangiano gonfiandosi le gote di promesse edeniche d’un mondo liberato da oppressi ed oppressori. Vogliono un paesaggio orizzontale, un deserto senza dune, bello piatto o da spianare, se necessario, con la forza contro ogni ribellione, Hong Kong è sotto i nostri occhi e da sinistra non s’ode uno squillo di tromba o di tromboni in vestaglia rossa.

L’insurrezione (immaginifica parola) esplose il 23 di ottobre e fu repressa il 10-11 novembre, 2652 ungheresi morti dicon le fonti, ma furono assai di più, forse quarantamila, 720 militari sovietici accoppati, decine di migliaia i feriti e un terzo della popolazione che dovette. obtorto collo,lasciare la Patria magiara per rifugiarsi nella statua di sale, l’Occidente, mi viene a mente l’Istria.

La libertà ha sempre un costo altissimo di sangue, non quello virtuale  ma quello del selciato, della barricata fumante contro il serpente tiranno che silenzioso avanza strisciando, sinuoso t’ avvolge il corpo fino alla gola, poi ti strozza.

Chi sia il pitone avvolto tra le mille fronde dell’albero si sa è la scienza, là dove essa è accolta come panacea, fede antropologica di poggiare finalmente la scala all’albero della vita carpendone bramosi i pomi eterni. La conoscenza allora ci affrancherà dalla maligna morte,dal dolore, diventeremo Achille senza il fragile tallone, tutti dei immortali, un’autentica democrazia di uguali, il sogno marxista.

La pandemia ci ha reso invece nudi, tremanti, miseri numeri da bollettino giornaliero, tamponati in fibrillazione, abbiamo paura, è più che umano, perciò cerchiamo di aggrapparci alla speranza in quella stessa scienza che sembra averci tradito ma resta la nostra laica ultima spes cui sacrificare tutto anche la libertà offerta ai governanti perché ci tirino fuori dalla bufera  fin verso la bonaccia

Siamo andati fuori tema? Niente affatto, la memoria dei ragazzi di Buda, dei ragazzi di Pest è guanto di sfida alle neo dittature, fionda del piccolo David contro il gigante Golia, intifada di umili pietre scagliate in faccia al potere, romanticismo ribelle ai tanti carri armati che occupano le nostre menti.

Siamo in guerra, è vero, combattiamo il nemico invisibile da soldati obbedienti sapendo però che abbiamo due fronti, il primo è la salute, condizione vitale, senza la quale non si vince la grande battaglia del secondo, quella per riconquistare le libertà perdute tenendo nella tasca  la fionda  e il sasso perché non è affatto scontato che tutto tornerà come prima, il Potere infatti è il primo ad abituarsi a se stesso.

Vogliamo combattere perché s’avveri quel:

Camerata riponi il fucile

Torneranno a suonare le fonti

Allora serrate le file

Che noi scenderemo dai monti.

P.S. Ricordiamo ai lettori che il testo di Avanti ragazzi di Buda è di Pier Francesco Pingitore un “anarchico di destra”.

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