Calumet della pace

 

Calumet della pace

«Chissà cosa avrebbe scoperto Colombo se l’America non gli avesse sbarrato la strada». Con questa frase satirica lo scrittore e poeta Irlandese Jonathan Swift spiegò il carattere casuale della scoperta dell’America effettuata nel 1492 da Cristoforo Colombo. La colonizzazione europea delle Americhe fu il fenomeno storico che portò all’esplorazione, del continente americano da parte di diversi stati d’Europa, il processo produsse una sistematica distruzione, delle popolazioni locali, e si concluse nella seconda parte del diciannovesimo secolo con il più grande eccidio della storia, in 500 anni, 114 milioni di legittimi abitanti del continente americano trovarono la morte per mano dei colonizzatori, come conseguenza di guerre, perdita del loro ambiente naturale, cambio dello stile di vita e malattie a loro sconosciute portate dal continente europeo. Oltre agli “indigeni” altra specie finita nei mirini delle armi da fuoco, fu il bisonte americano, (Bison bison), una specie che un tempo vagava per tutto il Nord America dall’Alaska al Golfo del Messico, dalla costa atlantica, fino a New York, Georgia, Florida e Carolina del Nord.

Il lettore attento, sa che il mio odio per tutto quello che viene dagli stati uniti d’America è ben radicato, mai pensato, che un presidente Americano, seppur virtualmente antisistema potesse essere considerato amico dei popoli Europei. Ma quello che sta avvenendo nella più grande “Democrazia” del pianeta, è senza precedenti. Le ultime consultazioni elettorali, hanno visto Joe Biden taroccare completamente le elezioni presidenziali, un voto “Democratico” avrebbe riconsegnato la casa bianca a Donald Trump, ma un voto “Democratico” non sarebbe mai stato accettabile dai “Democratici”, e quindi abbiamo assistito, a voti postali attribuiti a Biden con percentuali del 99,3%, a milioni di morti che risultano aver votato per il candidato democratico, ed ad ogni intervento del presidente uscente relativo ai brogli, completamente censurato dai media, totalmente asserviti alla narrazione ufficiale.

Solo dallo staff. di Trump trapelano alcune informazioni, Mike Pompeo citato dall’Nbc, rispondendo alla domanda se il Dipartimento di Stato collaborerà con il team di transizione del presidente eletto Joe Biden. dichiara “La transizione ci sarà ma verso una seconda amministrazione Trump”. Intanto il procuratore generale degli Stati Uniti, Bill Barr, ha autorizzato i pubblici ministeri federali ad avviare indagini sulle presunte irregolarità nel voto. Mai come in questa battaglia elettorale è stato agitato da entrambe le parti lo spettro della Guerra Civile americana. Nessuna elezione presidenziale, aveva richiamato alla memoria collettiva la spaccatura più drammatica nella storia degli Stati Uniti, tra unionisti e confederali. Gli scenari che si prospettano rispecchiano la semplificazione manichea che vedeva i nordisti come i combattenti nel nome del progresso, della modernità, della democrazia e i sudisti come i razzisti, reazionari. Per l’immaginario collettivo solo un film di successo come Via col vento, riuscì a perforare quel rigido schematismo, antefatto del politically correct, dimostrando l’umanità di quel mondo del sud, il rispetto delle tradizioni, l’intima consonanza di vita e di destino che accomunava bianchi e neri, padroni e servi, nel profondo sud confederale.

La società del sud aveva un suo equilibrio e la piaga della schiavitù sarebbe stata assorbita in pochi anni, senza arrivare alla guerra civile. Ma la matrice vera del conflitto non era la schiavismo, bensì la divergenza tra federalismo e centralismo; e sul fondo la divergenza profonda tra una società fondata sulla terra, la famiglia e i legami di sangue e una più individualista imperniata sul rampante capitalismo, anche finanziario, in cui le forme arcaiche di schiavitù cedevano il passo a forme di sfruttamento più moderne, meno brutali ma più alienanti.  L’epopea dei sudisti ricalca quella dei vinti, di tutti i tempi, e quella del sud, di tutti i sud del mondo.

C’è un nesso, tra i sud dei due mondi, quello statunitense e quello italiano, nesso di cui nessuno parla, è noto solo a ristretti ambienti di nostalgici borbonici. Nel 1861, all’indomani della disfatta subita ad opera delle Camicie Rosse di Garibaldi, tantissimi reduci del disciolto esercito del Regno delle due Sicilie partirono da Napoli con il consenso di Garibaldi che si voleva disfare dei prigionieri, e dettero vita oltre l’Atlantico al Battaglione “Dragoni di Borbone”, inquadrati nell’esercito Confederato. Le navi, giunsero in America tra il gennaio e il maggio 1861, prima che il blocco navale del Nord riducesse considerevolmente il traffico navale ai porti del sud. Circa 1800 ex soldati borbonici erano sbarcati a New Orleans e avviati alle formazioni militari in allestimento della Louisiana. Singolare apparve il fatto che originariamente uno di questi reparti venisse denominato, dal comando confederato, Garibaldi Legion, il nome “Garibaldi” fu tolto per via delle accese proteste degli ex soldati borbonici, e il battaglione prese pertanto il nome di Legione Italiana, combattendo sotto la bandiera italiana (al grido del motto: “Vincere o morire”) e ritrovandosi impegnato in varie battaglie, tra le quali, First Bull Run, Cross Keys, North Anna, Bristoe Station, Po River, Mine Run, Spotsylvania, Wilderness, Cold Harbor, Strawberry Plain, Petersburg. Spesso italiani contro italiani, ex borbonici contro ex garibaldini, immigrati che militavano nelle fila nordiste, in ideale linea di continuità con il conflitto che li aveva visti fronteggiarsi nel meridione d’Italia.

Nell’agosto del 1863 i volontari italiani che avevano servito in tale brigata, furono inquadrati nella compagnia H del 22° reggimento della Louisiana, continuarono a combattere anche successivamente all’aprile del 1865, fino alla resa del generale Edmund Kirby Smith avvenuta il 26 maggio. Una condotta, che rese, agli occhi dei nostalgici della Confederazione il 22° reggimento fanteria della Louisiana un corpo leggendario, essendo stato l’ultimo ad arrendersi alla soverchiante superiorità in uomini e mezzi degli Stati del Nord.

Come minacciato anche da Biden, se Trump, non accetta la sconfitta, si correrebbe il rischio di una guerra civile, come 150 anni fa, la “guerra sarà fra un ideale di “sangue e suolo” seppur in salsa stelle e strisce, ed un nuovo ordine mondiale sempre più globalizzante. Anche nella colonia Italia, i nuovi schiavi si stanno posizionando, la sinistra fuxia con Biden la destra Bluette con Trump, pur riconoscendo legittime le istanze di Trump, non me la sento, come i soldati borbonici, di scendere in campo, tifo Bisonti, solo quando si saranno ripresi i loro vecchi territori di pascolo, potrò accettare di fumare un Calumet della pace, con i leader Americani.

Torna in alto