Sono in molti a chiedermi cosa si può fare per difenderci da quanto di tremendo è successo alla nostra Italia e quanto di peggio potrà accadere nei prossimi tempi.
Ho sempre risposto: dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare sodo; ma mi sono reso conto che non era sufficiente ed oggi lo è ancora meno.
La gente che si è messa a lavorare convinta in buona fede di seguire un progetto o, meglio, un’idea, c’è, ma nessuno si rende conto di quanto il sistema di potere abbia condizionato anche noi, di quali guasti abbia indotto nei nostri comportamenti e nelle nostre convinzioni.
Non è vero che la società ci rifiuta, essa rifiuta solo il nostro fingere di essere diversi.
Sono stato di recente ad una cena di un gruppo di professionisti, di provenienza culturale abbastanza simile alla mia, che intendeva proporsi come sostegno culturale e tecnico ad un gruppo politico. A parte l’assoluta mancanza di una visione politica attuale comune per la quale operare concordemente, mi sono reso conto di una totale carenza di proposta politica e pratica.
Quella che era la nostra forza di sempre, cioè di sapere esattamente dove andare e come andarci e soprattutto a quale scopo, si è rivelata, tranne alcune eccezioni, assolutamente inesistente. Anzi, alcuni hanno pensato di offrirsi individualmente o per andare a caccia di occasioni o per essere utili a un carro che è meno antipatico degli altri.
Ero e resto convinto che il nostro ruolo non è di seguire realtà che non capiamo interamente ma che ci piacciono parzialmente, ma è quello di trasferire una concreta visione della vita che, purtroppo è in totale dissonanza con l’attuale, in chi non ha alcuna visione alternativa o la ha solamente parziale.
Qua non si tratta di essere di destra o di sinistra, fascisti o antifascisti, comunisti o anticomunisti, qua si tratta di ristabilire i cardini essenziali della vita comunitaria, basati sul rispetto, l’educazione, la lealtà, l’onestà e su questi valori ricostruire il senso della comunità, ovvero le ragioni profonde dello stare insieme, e lo spirito di solidarietà.
Tutto questo può rappresentare la base per una dottrina nuovamente a dimensione umana e svincolata dalla tirannia dell’economia, per scendere in politica con tesi partecipative e profondamente sociali.
Per questo non è sufficiente rimboccarsi le maniche ma bisogna soprattutto rieducare noi stessi al senso delle parole che usiamo: non possiamo parlare di meritocrazia e non capire che questo comporta il ritorno del principio di autorità e di gerarchia, non possiamo parlare di sociale e fingere di non sapere che bisogna riequilibrare il divario economico fra chi ha tanto, tantissimo e chi ha poco o niente e così via.
Bisogna studiare l’applicabilità dei valori e dei nostri principi ai tempi che … corrono e soprattutto bisogna tornare ad essere Uomini con quei valori di cui tanto ci riempiamo la bocca. Allora non dobbiamo essere noi a seguire i tempi ma devono essere i tempi ad adeguarsi ai nostri ritmi perché la vita è una e va vissuta intensamente rispettando, prima di tutto, i propri doveri per poi pretendere il rispetto dei propri diritti.