A Oneglia, nel 1904, nacque l’ing-arch. Costantino Costantini ( che fantasia il nome! ), due righe, proprio due, di biografia su Wikipedia. A lui dobbiamo il progetto dell’obelisco al Foro Mussolini, quello tanto odiato dal duo dei ripescati Fiano-Boldrini.
E’ un monolite unico di marmo di Carrara, il più grande blocco mai estratto dalle Alpi Apuane, l’insieme (base compresa) raggiunge i 36,59 m. in altezza per un peso complessivo, fuori terra, di 770 tonnellate. Sulla faccia che guarda ad oriente ( non un caso) sono incisi in verticale MUSSOLINI, più in basso la parola DUX con un fascetto stilizzato accanto. A guerra finita un manipolo di trinariciuti partigiani pensò di farlo brillare col tritolo, ma “ fu per caso o per fortuna che questa stele è ancora a Roma”. A dire il vero spari il rivestimento dorato della cuspide.
Certo se fosse venuto giù avremmo scoperto se sotto la base era sepolto il vero testamento di Mussolini, gli altri sono fakes old, solo missaggio di interviste. L’idea faraonica della stele fu del carrarese Renato Ricci, Presidente, all’epoca, dell’opera Nazionale Balilla e promotore dell’intero complesso forense. Quel menhir quadrangolare fu innalzato nel 1932 per celebrare il decennale della marcia su Roma ed il I governo Mussolini..
Perché un obelisco ci chiediamo, beh Roma è la città che ancora oggi ne possiede di più al mondo ben 18, frutto di spoliazione dai templi egizi ma anche della realizzazione di nuovi fatti scolpire trasportare poi da Assuan fino all’Urbe. Il tutto per ragioni simboliche diverse da quelle degli Egizi legati al culto di Osiride del quale, dicitur, quella stele rappresentava il pene mancante quando Iside, sorella e sposa, ritrovò le 14 parti del corpo smembrate dal perfido Set. Per gli imperatori romani l’obelisco era invece testimonianza tangibile del potere politico e militare di Roma, bottini di guerra, ma anche segni dell’antico culto solare al Sol invictus con tanto di eliocrazia sacerdotale al seguito. Obelisco come simbolo trasversale del dio Sole dunque per la religione nilota e quella teverina, segno del continuo rinnovamento della natura, gnomone del grande orologio della terra, come nel caso dell’enorme Meridiana del Mausoleo d’ Augusto. Quel monolite tirato su al Foro Mussolini non aveva alcuna funzione religiosa, niente a che spartire con la simbologia massonica, era un simbolo di continuità storica con l’Impero romano, reincarnazione del rinnovato potere politico del Paese grazie all’uomo di Dovia di Predappio.
Detto questo commentiamo la notizia, non recentissima, che due docenti e studiosi universitari Bettina Reitz-Joosse e Han Lamers avrebbero rinvenuto una pergamena sepolta sotto l’obelisco di Mussolini. Riportata così, da alcuni media, la notizia è falsa come attestano gli studiosi stessi. Non hanno eseguito scavi o rimozioni, hanno svolto invece un difficile lavoro da topolini di biblioteca nell’Archivio Capitolino, scovando prima un testo scritto in lingua latina dal noto umanista Aurelio Giuseppe Antonucci, illustre docente di Letteratura latina e cristiana all’Università cattolica di Milano fino al ’43.
Poi i due ricercatori segugi hanno trovato di più, sono riusciti a rintracciare una seconda copia del manoscritto, più completa, composta di ben 1200 parole, riportata su una specie di notiziario dell’Opera Nazionale Balilla. Quella definitiva, sepolta sotto l’obelisco, è identica almeno a una delle due copie? Realmente lì sotto c’è una pergamena con qualche monetina d’oro? Non lo sappiamo. Fatto sta i due ricercatori logicamente hanno pubblicato in inglese “ The codex Fori Mussolini” sul loro lavoro di ricerca, suscitando sensazionalismo e titoli di giornale che certamente hanno fruttato buoni ricavi. Tanto rumore per nulla si direbbe dalle dichiarazioni dei due prof., il testo era logicamente indirizzato ai posteri e a loro dire diviso in tre parti.
La prima è un’apologia storica del fascismo a sostegno della tesi che Mussolini fosse l’uomo della Provvidenza, il salvatore d’una Patria serva e negletta, il politico capace di risollevarne le sorti fino a ricreare un Impero in linea di continuità con la grandezza di quello romano.
La seconda parrebbe un retorico elogio delle organizzazioni giovanili del fascismo in primis l’ONB di Ricci e la terza sarebbe una descrizione enfatica dei lavori del complesso del Foro con particolare riferimento all’opera monumentale dell’obelisco, dalla cavatura del blocco al suo trasporto fino all’erezione.
Ma il mistero resta chiuso in sé, seppellito sotto la base in compagnia di una medaglia con l’effige del Duce con indosso una pelle leonina e di quelle monete d’oro deposte accanto alla pergamena secondo un rito del Rinascimento. Certo che se i partigiani avessero sospettato tutto questo avremmo certamente un obelisco in meno.