Coincidenze: Brasillach e Josè Antonio
Con Federico, al Contesto Urbano, per il caffè settimanale venando la conversazione con la patina della nostalgia di quando, giovani ardenti e arditi, si sognava cambiare il mondo con bastoni e barricate certo ma anche con la mente rutilante di idee a cui siamo rimasti fedeli. Abbiamo ricordato “Bacucco” che ha fatto, il giorno prima, un passo avanti e, su FB, una sua foto ce lo rimanda allineato con altri di noi, il basco da paracadutista e lo sguardo assorto e fiero. E m’è venuto da pensare che, il 2 giugno, compio gli anni e che sono settantasette, il medesimo numero della cella ove Robert Brasillach fu trasferito, con sette chili di catene avvinte al corpo, negli ultimi giorni in attesa del plotone d’esecuzione nel forte di Montrouge, 6 febbraio ’45. Coincidenza?
Rilasciato dal campo di prigionia, a seguito della disfatta della Francia nel giugno del ’40, egli aveva ripreso il posto di redattore capo di Je suis partout. Vi scriverà fino al 27 agosto ’43, quando esce l’ultimo suo articolo, venendo meno le ragioni della sua collaborazione con gli altri giornalisti (Rimando, a chi ne fosse interessato, al libro dal titolo Brasillach giornalista, edito dalle Edizioni Settimo Sigillo e con la prefazione di Rodolfo Sideri e la mia e una antologia di suoi articoli). Due di questi sono dedicati alla Spagna, il primo in data 21 luglio 1941 Anniversario: l’alba dello spirito fascista che non è soltanto il rammemorare la guerra civile che si era avverata con l’assassinio la notte del 13 luglio, prelevato dalla sua abitazione da un commando di polizia, di Calvo Sotelo, nobile e combattivo deputato monarchico e con il generale Franco, il 18 luglio, che lasciava in aereo le isole Canarie e mettersi a capo della rivolta, atterrando in Marocco per poi portare – in lunghi e terribili tre anni di lotta – alla vittoria le forze nazionali contro la repubblica.
È la coscienza che “lo spirito iniziale della Falange … era lo spirito della comunità, lo spirito della lotta sia antimarxista che anticapitalista, lo spirito della giustizia e del soccorso fraterno”. In terra di Spagna (vi aveva dedicato il libro, scritto con l’amico e cognato Maurice Bardéche, Storia della guerra di Spagna, che mi è stato fatto in dono e che leggo un po’ alla volta rispolverando un francese troppo scolastico) s’erano formati i fronti del Fascismo e dell’antifascismo, preludio di un più vasto campo di battaglia, con la speranza che anche la Francia sapesse darsi un suo volto una identità in nome di un auspicato Ordine Europeo.
Il secondo è datato 4 dicembre 1942 e richiama la figura di José Antonio Primo de Rivera, il fondatore della Falange, fucilato nel cortile interno del carcere di Alicante il 20 novembre del ’36 all’età di trentatre anni. È la figura a lui più cara sia per le idee e sia quell’ideale di giovinezza pronta al sacrificio. Titolo L’Assente. Annota: “Durante la guerra civile, all’appello dei morti della Falange, durante il rito per i caduti, la folla rispondeva “Presente!”. Ma al nome di José Antonio, siccome non si voleva credere alla sua morte, si rispondeva “Assente”. Oggi, proprio perché è morto, in un mondo che non ci appartiene, noi rispondiamo “Assente” all’appello del suo nome”. E, dopo averne tratteggiato l’anima nobile, concludeva: “E rendiamo omaggio alla sua memoria come rendiamo omaggio alla nostra gioventù, con lo stesso amore e lo stesso rimpianto”. E anche noi, partecipi di un mondo non “nostro”, con Brasillach in comune abbraccio verso tutti coloro, simili a petali di rosa rossa, che sono andati un passo avanti.