La scala di Giacobbe è franata, stroncata la salita verso il cielo, recisa di netto dai “giavellotti” anticarro, alle preci si gradiscono assai di più le armi, ut Zelensky vocat, la guerra ha obiettivi militari perseguiti da sacerdoti e chierici officianti di cruenti sacrifici, indossano mimetiche, alcuni con stelle e baffi, al posto di mitria e kalimavkion la liturgia prescrive un robusto elmetto impugnando tra le mani un kalašnikov automatico altro che vincastro!
Il conflitto russo-ucraino è solo all’inizio, inutile snocciolare il rosario dei giorni di guerra, nessuno può fornire certezze, neppure previsioni concrete sull’esito finale e la chiusura delle ostilità, la pace intanto è uscita di scena, la bianca colomba di Picasso se n’è volata via, ha perso il ramoscello d’olivo, è fuori anche dalla logorrea mediatica, è lontana, irraggiungibile, ce ne resta una rossa di sangue e di vergogna.
Pure il cessate il fuoco, stante il livello di violenza in campo, è una chimera arcobaleno, il terrore è un’arma potente, incide la memoria, partorisce odio e vendetta, soffoca gli inermi barricati senza cibo, né acqua, ostruisce i corridoi umanitari, scava fosse comuni, così si andrà avanti oramai di pugna in pugna, alimentando la resistenza ucraina con armi, addestramento, logistica tutto in aggiunta al pacco delle inutili sanzioni e creando debiti.
In parallelo si combatte la battaglia senza quartiere della comunicazione, il brand Be Brave Like Ukraine fa il giro del mondo, il coraggio più le immagini sugli orrori perpetrati dal nemico dell’Occidente supportano propaganda e finanziamenti. Il conte Dracula, Vlad III l’impalatore, s’è reincarnato in Bad Vlad Putin, il siberiano Sergej Šojgu è un tataro resuscitato (dall’infarto) all’assalto di Kiev come fu nel lontano e tragico 1240. Allora di qua, per arrivare alla soluzione finale si danza la macumba di un possibile cancro, del parkinson, d’una paresi, del leader del Cremlino, si ripongono speranze in un putsch militare sponsorizzato dalla grassa oligarchia del capitalismo russo dimenticando l’anello d’acciaio dei siloviki (ex KGB), nel mentre si fa finta di credere che il cappio al collo delle sanzioni strozzerà l’economia di Mosca piegandola in ginocchio, ma Cuba c’insegna altro. Nel 75% dei casi la garrota economica non produce effetti se non quelli di alimentare a dismisura l’orgoglio nazionale (non fu così anche per l’Italia nel 1935?), nel frattempo i nostri gabellieri fanno i conti sul boomerang che le sanzioni produrranno sul sistema industriale e agroalimentare dell’Europa tagliando molto al ribasso i PIL dei singoli Paesi. La prospettiva è un autunno freddo con forti lacerazioni nei tessuti sociali, allora la sventolata monoliticità europea si sgretolerà in tanti piccoli frammenti nazionalisti quanti sono i Paesi (la Germania già prende le distanze), tranne logicamente l’Italia dura e pura.
Un fatto è certo proprio l’UE, al pari dell’ONU, conta niente, al vuoto pneumatico della diplomazia, presa a sganassoni dal Cremlino, s’è aggiunto il manifesto nulla politico-militare, questa Europa di Scrooge non ha né autorità, né autorevolezza, e in un mondo già multipolare, nello scontro fra tre imperi, s’è rivelata per quel che è, solo un suk di mercanti indaffarati a contar moneta e interessi, per il resto è solo la cameriera degli U.S.A.
Ha cercato di supplire al buco nero ruotando nell’aria il randello minaccioso di misure punitive, vieppiù stringenti, modello vecchia maestra con uno studente discolo e constatato che il bau bau non impauriva l’orso inducendolo a fermarsi, hanno invocato la discesa in campo nelle trattative diplomatiche di influencer autocrati da Erdogan a Xi Jinping, scoprendo poi che l’Asia è un monolite al fianco di Putin. Lo scontro infatti non è soltanto militare ma, come già sosteneva Samuel P. Huntington in un saggio del ‘96, è conflitto tra culture, tradizioni, religioni diverse che si armano sotto uno stesso ombrello a difesa delle proprie identità, ciò che possiamo senz’altro chiamare spirito di conservazione dei popoli contro l’omicidio delle civiltà e della storia.
La teoria del newyorkese Huntington costituisce una pietra d’inciampo per l’allegra brigata global che cavalca l’utopia economicista supportata dalla divinazione della tecnica, sottolineava M. Heidegger, ma l’Europa è sorda, convinta com’è del suo fumoso idealismo liberal mentre la realtà vera è ben altra e solleva il velo su un continente vecchio affetto da demenza valoriale.
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