Confessioni di un fazioso

 

Confessioni di un fazioso

2006 lo storico leader politico Missino Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse dà alle stampe per Mursia “Confessione di un fazioso” un vero atto d’amore (tradito) per un’Idea, per una comunità, e per un’area di riferimento che è storicamente anche la mia. In questo testo fondamentale, e nel successivo “Il Suicidio della destra – Non uno schianto ma una lagna”, ci mostra una carrellata irriverente del Phanteon missino e post missino. Purtroppo nella mia avventura politica mi sono incrociato con “il “Barone nero” solo 2 volte, nel 1984 dove giovane segretario sezionale Toscano di area Niccolai cercai di promuoverne l’elezione alla Segreteria contro Giorgio Almirante, e nel 2008 quando accettò la candidatura nelle tre circoscrizioni Lombarde per “La Destra”, partito dove militavo. Ne uscì un anno dopo, quando si capì che Storace strizzava l’occhio al “Popolo delle Libertà”, io sono stato meno coraggioso, e l’ho fatto solo nel 2013. Di posizioni antiamericane anticapitaliste e antiatlantiste, nel 1970 divenne consigliere comunale a Milano. Vicino alle posizioni di Pino Romualdi, nel 1979 divenne deputato alla Camera. Fece parte della Direzione nazionale del MSI e dal 1990 a 1991, della Segreteria nazionale. Rieletto deputato nel 1983 e nel 1987. Nel 1995 fu tra i fondatori del Movimento Sociale Fiamma Tricolore.

“Siamo diversi,(..) Ce lo dicevano, ce lo dicevamo. Lo credevamo davvero. Diversi dai “forchettoni” democristiani che ingrassavano nella penombra delle parrocchie.  Diversi dai “compagni trinariciuti” che pensavano di fare la rivoluzione proletaria con l’URSS che a Yalta s’era spartita il mondo con l’America del capitalismo. (..) Diversi anche nel modo di stare tra di noi. Sediate nei congressi (..). Propaganda, speculazione politica, lobby ebraica. Eravamo sicuri delle nostre idee confuse: patria, nazione, volontà di potenza, giustizia sociale, rinascita europea. “Europa, Fascismo, Rivoluzione!”, altro che americanismo. Ezra Pound contro la cultura della “Coca Cola”. Cattedrali e piazze europee contro i grattacieli. Culture nazionali contro la pseudocultura globale. Il mito del progresso inarrestabile come destino… Ovviamente, dalla parte dei vinti. Senza sentirci vittime ma protagonisti anche nella sconfitta, fieri di noi stessi edella nostra esibita diversità. Legnate date e prese, secchi di colla e rotoli di manifesti (..) Sezioni mal illuminate e peggio riscaldate.  (..) frequentate da tipi strani, improbabili personaggi usciti da romanzi d’avventura, idealisti o simpatici mascalzoni che sopravvivevano con piccole fregature a tutti, anche ai camerati. Camerata:  la  parola  magica  che  spiegava  tutto,  giustificava  tutto,  comprendeva  tutto,  onore, coraggio, esempio, lealtà. Ci credevamo per davvero. Tra noi e gli altri, tutti gli altri? Un abisso. Notti passate a discutere di fascismo come ideologia, dottrina o prassi. Spirito e materia. Evola e/o Gentile. Superuomini fragili, pronti a commuoversi per una canzone o un inno che ricordasse un’Italia che non c’era più e, lo intuivamo, non si sarebbe più stata. Unica certezza l’incertezza. Affrontare la vita al momento, istante dopo istante. “Me ne frego è il nostro motto”. Fuori e dentro il tempo, fuori e dentro la realtà. Ragazze, osterie, libri mal capiti ma letti, famiglie preoccupate, spesso politicamente divise, (..) Mescolanze di ceti: borghesi, piccolo borghesi, proletari, aristocratici, lavoratori e nulla facenti. E soprattutto scuole. Di ogni ordine e grado. Giovani e ancora giovani, giovani reduci reintrodotti in una vita che non poteva essere, non volevamo che fosse, normale. Sudore e entusiasmo. Culto dell’essere in minoranza. Attesa prudente e impaziente dell’ora delle botte. I comunisti li odiavamo, “Con amore”. Botte e rispetto. Portavano, incoscienti come noi, una “visione del mondo”. (..) Gli americani? Invasori (..). La democrazia? Un inganno. (..) La Resistenza? Epopea finta, (..) . Polizia e carabinieri? Servitori di uno Stato che non era nostro. Solo (..) anni dopo avremmo scoperto che, al contrario, molti, troppi, anche a livello elevato, avevano amoreggiato con poliziotti, carabinieri, servizi più o meno segreti, per difendere lo Stato dei partiti, l’occidente del consumismo materialistico contro la presunta minaccia dei cosacchi a San Pietro.  (..) Ma noi, nonostante tutto, credevamo ancora di essere diversi.  Se, per un miracolo andassimo al potere, ci dicevamo, faremmo ben vedere a tutti di che altra pasta siamo fatti. (..) Improvvisamente il miracolo avvenne.(..) Finiti gli anni di piombo, finita la guerra civile a bassa intensità, gli Italiani ci consegnarono (..) l’occasione per dimostrare la proclamata diversità. E lì cascarono come il famoso asino. Dopo aver sfruttato fino alla nausea ogni rimasuglio del nostalgismo più becero nel giro di un paio di anni buttarono nella spazzatura della storia ogni cosa. Saluti romani e sovranità nazionale ed europea, camicie nere e programmi sociali, cene per il 28 ottobre e aperture culturali, gite a Predappio (..) conformismo retorico e feconde trasgressioni. (..) Tutti diventati liberali e liberisti, ubriacati dal successo improvviso, dai ministeri e dagli assessorati. Proiettati dalle assemblee di sezione agli studi  televisivi, dagli autobus alle autoblù, dalle ragazzette del partito alle mignotte profumate, dai panini ai ristoranti di lusso.”

Sono trascorsi 15 anni, e la descrizione toccante descritta in queste righe sembra sempre più attuale, in queste ore il boy scout di Rignano sull’Arno Matteo Renzi ha tentato di dare una spallata al peggior governo della storia repubblicana, non c’è riuscito, in appoggio al governo “Giallo-Rosso” parlamentari di forza Italia e anche il “supporto Nero” di Renata Polverini, storica leader della “destra” ed ex presidente della Regione Lazio, cresciuta nelle sezioni Missine, dove la madre era una delegata sindacale della CISNAL, anche lei si è dedicata giovanissima all’impegno sindacale prima nella CISNAL e poi nell’UGL, dove arriverà a ricoprire la carica di segretario generale. Nel 2010 è  eletta presidente della Regione Lazio, per poi dimettersi dopo due soli anni a causa di uno scandalo relativo ai rimborsi dei consiglieri regionali. Nel 2013 è stata eletta deputata alla Camera nelle liste del PdL, nel 2018, di nuovo, stavolta con Forza Italia. Celebre la sera dello scrutinio dei voti delle regionali la foto del saluto romano per ringraziare i suoi elettori, portata in trionfo da Alemanno, Gasparri, etc. Il 25 aprile, dello stesso anno in occasione della celebrazione del 65º anniversario della liberazione, si presenta sul palco dell’A.N.P.I.  Il 4 novembre 2020, insieme a quattro colleghi di partito, vota a favore del disegno di legge a prima firma del deputato Alessandro Zan (PD) contro l’omotransfobia. Molti osservatori la accusano di “Incoerenza”, ma ripensando a quel saluto romano, mi pare l’unica cosa realmente incoerente, chi allora si fosse sentito toccato, avrebbe avuto tutte le ragioni per indignarsi, non oggi. Perché allora bisognava domandarle, cosa c’entrasse quel richiamo in una coalizione di vecchi democristiani e liberal-conservatori arrivati direttamente dalle terme di  Fiuggi, già allora rappresentava la Destra politica, ma una destra che non è figlia e nemmeno nipote del Fascismo. I valori di quella Destra preesistevano al Fascismo, lo hanno sconfitto, e ne sono sopravvissuti. Renata Polverini è oggi assolutamente coerente con la sottocultura liberale. Il “mercato delle vacche” è inscritto nel codice genetico di qualsiasi liberale, liberista, libertino, lo scandalo, semmai è che regimi liberali di stampo oligarchico come quello in cui viviamo vengano annoverati nell’alveo delle democrazie. “Il sì alla fiducia è un atto di responsabilità” ha dichiarato candidamente in conferenza stampa, l’oppofinzione destrorsa a questa dittatura sovranazionale è solo di facciata, è speculare, perché resta comunque in ambito liberista, anzi, sentendo alcune dichiarazioni del felpato Salvini potrebbe essere pure peggio, in un post su Twitter ha accusato il governo, non di fare gli interessi di oligarchie straniere, e di aver distrutto volontariamente il tessuto sociale del paese, ma di “andare a braccetto di regimi sanguinari e dittatoriali come Cina, Iran e il Venezuela”, aggiungendo “La mia Europa è quella di De Gasperi alleata degli USA”, che in realtà è quella di Conte, di Renzi, di Zingaretti, della Bonino, e anche della Polverini. Nell’epilogo del libro “Il Suicidio della destra”, Staiti saluta così il suo pubblico.

“Abbiamo vissuto un lungo periodo durante il quale sbiadite comparse sono diventate protagoniste. Non solo in politica. Ex-bari al tavolo da gioco (quello vero e quello della vita), elevati al ruolo di giganti della finanza e del bon ton. Sciacquette da discoteca trasformate in “pulzelle d’Orleans”. “Cacciaballe” diventati, non si sa some, ricchissimi e, per di più, leader ascoltati come oracoli. Il paese (chiamarlo Patria o Nazione mi sembra francamente eccessivo) ha vissuto dentro una sbornia collettiva durata venti anni e dalla quale non si è ancora ripreso. Gli spacciatori di alcool adulterato girano ancora tra noi, si affacciano dagli schermi televisivi, blaterano dal parlamento, insinuano la loro nullaggine nelle coscienze. (..) Per me gli americani non erano i “liberatori”. Erano e sono gli invasori che hanno vinto. E, pertanto, hanno il pieno diritto di comportarsi di conseguenza. Lecito, legittimo, naturale. Ma, per favore, la gratitudine, quella no! Non riuscivo e ancora non riesco ad accettare la subordinazione politica, militare, culturale, di costumi e di mode all’occidentalismo americano. (..)  Guardate la politica. Siete ancora riusciti a capire quel che vogliono? La repubblica presidenziale? La socialdemocrazia? Il liberismo? La globalizzazione? Il sol dell’avvenire? La tecnocrazia? La guerra civile (..) ?  La  Gran  Loggia? (..) Beppe  Grillo?  I  Gesuiti? (..)  Il Papa Re? Vogliono rimanere carogne, sbracati, casinisti, trincatori, farsi canne televisive e basta. Non hanno un altro programma. (..) Sono degli avanzi di un altro tempo  Ora pare che sia finita. (..) Spariscono le macchiette, i pensosi pensatori del nulla, gli “stupefatti” urlatori degli schermi televisivi, i portavoce degli interessi fangosi, i bottegai delle coscienze, le “midinettes” mancate e quelle miracolate, i frequentatori di logge mafiose, le amanti calcolatrici di ogni arrampicata politica e sociale, il “bunga-bunga” e il burlesque, le coatte che cantano “Bella ciao” per resistere sulla poltrona, (..) i servi vestiti da padroni. (..) Parafrasando Céline e il suo “Mea culpa”, mi sento proprio di dire: c’è ancora qualche motivo di odio che mi manca. Sono sicuro che esiste.

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