Da Prete Gianni a Prete Giorgio

 

Da Prete Gianni a Prete Giorgio

Ammetto che prima di arrivare ad una cultura alta, ed altra, ho frequentato quella popolare, fatta di cinema, tv, dischi e fumetti, che spesso diventano spunti per parlare di temi e concetti attinenti ad analisi e interpretazioni della realtà divergenti dal sentire comune. Del personaggio di oggi potrei dirvi che ne ho saputo l’esistenza leggendo Il re del Mondo di Renè Guenon, mentirei, l’ho incontrato per la prima volta nel 1973, nelle pagine a fumetti dei “Fantastici 4” pubblicati dall’ Editoriale Corno, e l’ho ritrovato anni dopo sempre a fumetti in Martin Mystere della Bonelli. Sto parlando di “Prete Gianni”, leggendario sovrano cristiano la cui origine risale alla tradizione medievale. Nella serie a fumetti della Marvel compare nel n. 50 dell’edizione italiana del 1973, disegnato come un personaggio in armatura, svegliato, dopo un sonno di secoli, dalla Torcia Umana, si presenta come Prester John, (Prete Gianni), racconta dei suoi stupefacenti viaggi in regni che vanno dell’estremo oriente, all’impero Azteco, fino ad arrivare alla mitica Avalon, di cui descrive le meraviglie ed il progresso tecnologico. Nel Martin Mystère di Alfredo Castelli lo ritroviamo addirittura in Florida, con un racconto legato ad un altro mito  quello della fonte della giovinezza.

La figura di questo personaggio divenne popolare nella tradizione europea dal XII al XVII secolo. Si diceva che governasse su un’immensa nazione cristiana. L’origine del mito risale a una lettera in latino della fine del XII secolo con la quale un misterioso personaggio, Prete Gianni, descrive il proprio regno dall’enorme estensione. Questa lettera ha interessato per secoli storici, cronisti, scrittori e viaggiatori tanto che furono numerose le traduzioni o le rielaborazioni del testo originale; il mito è rimasto tale nei secoli e anche in epoca contemporanea ha interessato scrittori e storici, fra cui il già citato Guenon, Ferdinand Ossendowski ed Umberto Eco. Nei secoli “Prete Gianni” è stato identificato con un imperatore indiano,  per Vincenzo di Beauvais, negli Annales sancti Rudberti Salirburgensis in Abaka, secondo re mongolo di Persia, per Odorico da Pordenone fu un principe cinese, mentre per Marco Polo un sovrano keraita (popolazione mongola convertita al cristianesimo nestoriano). Ludovico Ariosto lo immagina quale re d’Etiopia, di nome Senapo,  Lo storico francese René Grousset lo identifica in Siria con un membro del clan Kerait che aveva convertito migliaia di membri al cristianesimo poco dopo l’anno 1000. La prima volta che compare il suo nome in un’attestazione scritta risale al 1145, a quando Ugo di Gabala, vescovo siriano, affermò che un certo “Prete Gianni”, proveniente “da oltre la Persia e l’Armenia” e discendente dei re magi, aveva deciso di venire in aiuto alla Chiesa di Gerusalemme sconfiggendo i persiani, impadronendosi delle terre al di qua del Tigri. (spiegando fantasiosamente la sconfitta del sovrano di Persia, Sanjar, ad opera della tribù mongola dei Karakitai nel 1141) Secondo Jacqueline Pirenne, il nome “Gianni” deriverebbe da Vizan, figlio del re dell’India, Mazdai (che aveva ucciso san Tommaso), e che per opera dell’apostolo si era convertito al cristianesimo, divenendo “Vizan-Gian” andando poi a designare i successori come capo spirituale e temporale dei “cristiani di san Tommaso”. Alla fine del XII secolo, Ottone di Frisinga, abate dell’abbazia di San Biagio nella Foresta Nera, partecipante alla seconda crociata riferì di un suo colloquio in Siria con un vescovo monaco che gli aveva parlato di un sovrano cristiano che, aveva riconquistato la città di Ecbatana in una grande battaglia. Passò un altro mezzo secolo, nel 1245 Fra’ Giovanni da Pian del Carpine, in veste di ambasciatore del papa in Estremo Oriente, dichiarò di aver avuto notizia che Gran Khan Kuyuk, successore di Gengis Khan, era stato sconfitto da un re cristiano, il Prete Gianni.  Marco Polo, ne il Milione (1299), descrive Prete Gianni come un grande imperatore, signore di un immenso dominio esteso dalle giungle indiane ai ghiacci dell’estremo nord. Nel XIV secolo si torna a parlare di Prete Gianni, John Mandeville, un viaggiatore inglese, raccontò di essersi recato in quel regno favoloso durante i suoi viaggi. Nel 1355 egli fu in cura presso Jean de Bourgogne, medico di Liegi, nelle cui mani, al momento del commiato, lasciò un manoscritto: erano le sue memorie di viaggio, che da quel momento conobbero un’enorme diffusione. I presunti viaggi del gentiluomo inglese riprendono e accreditano tutte le favole precedenti e ne aggiungono altre. Unica annotazione, il manoscritto sembra alludere a una localizzazione africana anziché asiatica. Nel 1489 Re Giovanni II del Portogallo inviò un’ambasceria in Egitto, con lo scopo di giungere nel paese del Prete Gianni. I messi raggiunsero l’Etiopia, dove trovarono davvero dei re cristiani sottomessi ad un Negus che si proclamava discendente di re Davide. Secondo i poemi del ciclo bretone, il santo Graal sarebbe stato trasportato nel regno di prete Gianni. Per René Guénon, prete Gianni é da identificarsi nel re del mondo delle leggende buddhiste.

Il Regno di Prete Gianni resta sospeso, fra storia e mito, e destinato all’oblio in un’epoca impermeabile ad entrambe, ma per chi come noi ama i corsi e ricorsi della storia, di pochi giorni fa (03 gennaio 2021) la notizia di un altro “Prete” balzato agli onori di cronaca, “Prete Sergio” (Sergiy) nato come Nikolai Romanov sessantacinque anni fa, è stato ufficiale di polizia durante il periodo sovietico, con la caduta del muro di Berlino ed il progressivo mutamento della politica Russa, è diventato un sacerdote, iniziando una titanica opera di proselitismo in tutti gli Urali, che lo ha portato ad aprire decine di chiese e conventi, Nei suoi ardenti sermoni, ha denunciato presunti complotti del “Governo mondiale”. Fino all’esplosione della pandemia, la Chiesa nazionale aveva bene o male tollerato le sue intemperanze, ma, con l’acuirsi della crisi sanitaria causata dal Covid, le autorità ortodosse sono state costrette a prendere provvedimenti, il motivo i suoi ripetuti attacchi contro i monaci che, giorno dopo giorno, decidevano di chiudere in via precauzionale cattedrali e monasteri. Si è sempre rifiutato di obbedire alle disposizioni anti-contagio, esortando contestualmente la popolazione a violare la quarantena. Il suo atteggiamento di sfida verso gli ordini delle autorità sanitarie e religiose ha spinto i vertici ortodossi, inizialmente, a vietargli di celebrare messa e, infine, a sospenderlo, intimandogli di restare chiuso nel suo monastero. Tuttavia, Prete Sergio, il giorno in cui sarebbe dovuto comparire davanti al tribunale della Chiesa nazionale, ha deciso di compiere un gesto clamoroso, andando contro i suoi superiori e contro le prescrizioni anti-Covid, ha preso possesso del complesso di Sredneuralsk, barricandosi all’interno del luogo di culto insieme a centinaia di suoi sostenitori e affidando a truppe “Cosacche” il compito di sorvegliare il complesso religioso per impedire a qualunque estraneo, (compreso l’abate che doveva sostituirlo) di avvicinarsi all’edificio. Dal suo “fortino” sui monti Urali, padre Sergei ha iniziato a diffondere videomessaggi per spiegare le ragioni del suo gesto. A suo avviso, gli assembramenti in corso all’interno del luogo di culto citato non presenterebbero alcun rischio sanitario, dato che i “veri credenti” non avrebbero nulla da temere dall’epidemia. Nonostante gli avvertimenti delle autorità la ribellione del monaco degli Urali ha conquistato in Russia il sostegno, oltre che delle persone comuni, anche di volti noti, come l’ex campione di hockey su ghiaccio Pavel Dacjuk. La Polizia Russa ha forzato il blocco dei Cosacchi, e arrestato “Prete Sergio” accusandolo di “incitamento al suicidio”. Padre Sergiy ha negato le accuse,  centinaia di sostenitori  hanno continuato a manifestare di fronte al convento anche dopo che il religioso è stato portato via. In un mondo ateo ed omologato, in cui il Papa invita i fedeli al vaccino, e l’acqua santa è tolta dalle chiese per evitare il “contagio” le parole e le gesta di Nikolai Romanov assumono valenza rivoluzionaria, potrà esserci un “Regno di Prete Giorgio”, dove “il Re del mondo ci tiene prigioniero il cuore”.

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