Dal balcone di casa

 

Dal balcone di casa

Non mi diletto nell’analisi del presente, lascio ad altri questo compito ingrato. Come scriveva il poeta Baudelaire so che ammucchierei solo parole oggetto ad essere fraintese. E non nascondo ironia alcuna in questo prendere le distanze, lasciare la presa (Nietzsche docet). Rispetto, semmai. Sono stato a fianco di giovani che, come me, in quegli anni erano errabondi e ardenti da volontà di cambiamento. Bastoni e barricate, furono il gesto. Simili a parole come pietre di selce aguzze per essere scagliate. Poi a continuare ostinati a coltivare sogni e ideali oppure, i più, a scegliere le varie forme della vita inautentica e anonima. Sono un poeta, senza versi ormai, ma ho raccolto e reso mio il dirmi come “vissi lontano, vissi sempre solo/ebbi l’anima vasta come il cielo/ebbi la forza dell’immenso volo” o almeno ho tentato…

E questa sera, dal balcone aperto alla notte, osservo la luna “maga” (così la definisce il mio amico Franco, 95 anni spesi bene quale marò della XMAS e poi Indocina ed Algeria in armi) e le stelle fredde mentre cuore e mente vorrebbero potersi adattare al suono ritmato dal passo sicuro sull’asfalto deserto. Come da ragazzi, l’ultima sigaretta il canto stonato i barattoli presi a calci immaginando fossero il culo del mondo ostile il pisciare tutti in fila lungo il muro.

Pandemia, chiamano il nemico, avverso infido invisibile che, nel suo etimo, rimanda a quell’altra infezione, quella dello spirito, che ci si offre quale illusione ai più, i creduli e gli ignari. Ci dicono siamo partecipi di tutto e di fatto non contiamo nulla… neppure dentro l’urna trasformati in crocetta da scrutinare. Sgretolare l’economia della Cina, ormai la “cortina di bambù” è eco di barbarie antica e “le biciclette di Shangai” (cantate da Franco Battiato) di una rivoluzione culturale a mascherare conflitti di scalata al potere e utopia rossa e nera dei nostri vent’anni, con il suo capitalismo da caserma. L’Italia, “ventre molle” come la definì Churchill durante la stagione della “guerra civile europea” (secondo la lettura dello storico Ernst Nolte), per penetrare come lama nel burro di una Europa malsana e imbelle. E le considerazioni espresse sull’età a venire di iene e sciacalletti del protagonista de Il Gattopardo ben valgono oggi (del resto il mio “amico” Nietzsche ammoniva come “l’oggi appartiene alla plebe”) e per la presente classe politica.

Tramite la pandemia, fisica e spirituale, macerie a fare da confine e barriera al ricorrente sogno della Terza Roma (quella degli zar e di Stalin e Putin). Rimangono – ma il male oscuro li pervade come il battito della farfalla che si trasforma in uragano o come l’onda si infrange e ritorna indietro – coloro che, in nome del diritto alla felicità (quale?), hanno in mano la Bibbia e il cuore a forma di salvadanaio all’ombra di stelle e strisce. Dal balcone ove osservo la notte i tetti le cime degli alberi e quella luna “maga” incapace, anch’essa, di ispirare poeti e cuori in cerca del verso e dell’amore… eppure echeggia in me il canto simile allo zampillare dell’acqua nelle fontane, Zarathustra, ti amo.

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