De Regimine Principum [32]:dominio che l’uomo ha per natura sugli animali e sugli inferiori


 

De Regimine Principum [32]:dominio che l’uomo ha per natura sugli animali e sugli inferiori

Passiamo ora ai vari tipi di dominio, secondo i diversi modi e gradi di potere e di principato esistenti fra gli uomini.

Primo è quello comune a tutti, che compete all’uomo secondo natura, come insegna Sant’Agostino nel diciottesimo libro del De Civitate Dei: e in questo concorda anche Aristotele nel primo libro della Politica. Lo conferma inoltre la Sacra Scrittura quando, nel racconto della creazione dell’uomo, quasi riferendosi alla sua intrinseca natura, comanda: «Signoreggiate i pesci del mare e i volatili del cielo, e tutti gli animali che si muovono sulla terra» (Genesi, 1, 28). In queste parole sta la dimostrazione che Dio attribuì tale potere all’intrinseca natura umana. Infatti Colui che disse: «La terra germoglierà erba verdeggiante» (dando così agli alberi la virtù di germinare), ugualmente disse anche a noi: «Signoreggiate i pesci del mare… etc». Così da quello che abbiamo detto risulta che il potere dell’uomo sopra le altre creature è naturale.

Per la stessa ragione Aristotele prova che anche la caccia e l’uccellagione derivano dalla natura. Sant’Agostino lo dimostra, nel libro citato sopra, dal dominio che gli antichi Padri erano soliti avere, come pastori di armenti, che in precedenza abbiamo definito ricchezze naturali. E, quantunque tale dominio sia diminuito a causa del peccato, poiché ci sono alcuni animali inferiori che hanno potere su di noi e sono diventati nocivi per noi – e questo agli uomini succede proprio per la causa suddetta -, tuttavia tanto maggiormente siamo partecipi di questo dominio, quanto più ci avviciniamo allo stato d’innocenza, e questo ce lo promette anche la parola del Vangelo, se saremo stati imitatori di Cristo nella giustizia e nella santità.

Infatti il Signore nell’esortare i discepoli a salvare le anime predicando la parola di Dio, così parla della loro potenza: «Scacceranno i demoni nel mio nome; parleranno lingue nuove; prenderanno in mano serpenti e quand’anche bevessero veleno non, ne riceveranno alcun male» (Marco, 16, 17). Questo lo abbiamo potuto osservare in uomini virtuosi e perfetti, come è scritto nelle storie dei Santi Padri. Riguardo a San Paolo si legge negli Atti degli Apostoli che una vipera non gli fece alcun male; né il veleno fece effetto su San Giovanni Evangelista; e così pure di molti altri Padri santissimi che guadavano il Nilo sui coccodrilli, animali ferocissimi, ovvero rettili velenosi, affinché si compisse in essi quello che il Signore aveva detto ai discepoli: «Ecco, io vi ho dato il potere di calcare serpenti e scorpioni, e di superare tutta la potenza del nemico» (Luca, 10, 19).

Orbene, ci sono tre vie per dimostrare la convenienza di questa signoria conferita all’uomo sulla creazione.

Primo, si prova dall’ordine genetico stesso esistente in natura. Infatti, come nella generazione naturale si può individuare un certo ordine per il quale si procede dall’imperfetto al perfetto (poiché la materia è a causa della forma, e le forme più imperfette sono in funzione di quelle più perfette), così avviene anche nell’uso delle cose esistenti in natura: le più imperfette, infatti, sono per l’uso di quelle più perfette. Le piante infatti usano della terra come loro nutrimento, gli animali delle piante, l’uomo infine delle piante e degli animali. Perciò si può concludere che l’uomo per natura ha il dominio sugli animali; perciò, come abbiamo accennato prima, Aristotele nel primo libro della Politica prova che la caccia agli animali selvatici è giusta per natura, perché per mezzo di essa l’uomo si prende ciò che gli appartiene per natura.

Secondo, questo appare chiaramente dall’ordine della divina Provvidenza, che sempre governa le cose inferiori per mezzo di quelle superiori: perciò, dal momento che l’uomo è superiore agli altri animali – in quanto fatto a immagine di Dio -, giustamente gli altri animali sono sottoposti al dominio dell’uomo.

Terzo, lo stesso risulta dalle proprietà dell’uomo e degli altri animali. Infatti negli altri animali si può trovare una qualche partecipazione alla prudenza, in particolari istinti e funzioni; nell’uomo, invece, si riscontra una prudenza universale, che è la ragione pratica preposta alle cose agibili. Ora, tutto ciò che è per partecipazione è sottomesso a ciò che è universalmente e per essenza. Perciò è evidente che la sottomissione degli altri animali all’uomo è naturale.

Ma circa il problema relativo al dominio dell’uomo sull’uomo, se esso sia naturale, oppure permesso o predisposto da Dio, si può raggiungere la verità rifacendoci alle cose già dette. Poiché, se parliamo di dominio come sudditanza servile, esso fu introdotto a causa del peccato, come è stato detto in precedenza; ma se parliamo del dominio che importa la funzione di consigliare e di dirigere, sotto questo aspetto esso si può quasi definire naturale, poiché ci sarebbe stato anche nello stato di innocenza. E questa è la dottrina esposta da Sant’Agostino nel diciannovesimo libro del De Civitate Dei. Perciò questo dominio è proprio dell’uomo in quanto animale per natura sociale, o politico, come abbiamo già detto.

Infatti è necessario che questa società sia ben ordinata nei reciproci rapporti. Ma tra gli esseri che sono reciprocamente ordinati deve esserci sempre qualcosa di principale in funzione di primo ordinatore, come insegna Aristotele nel primo libro della Politica. Ciò lo dimostra anche la ragione o natura intrinseca dell’ordine; poiché, come scrive Sant’Agostino nel libro citato, l’ordine è «la disposizione delle cose pari ed impari che attribuisce a ciascuna ciò che le compete»[1]. Perciò è chiaramente dimostrato che la stessa parola ordine comporta l’ineguaglianza, e questo rientra nella natura del dominio. Dunque sotto quest’aspetto il dominio dell’uomo sull’uomo è naturale, come lo è fra gli Angeli; e ci sarebbe stato anche nel primitivo stato (di innocenza) e c’è anche ora.

 

 

 

[1] Sant’Agostino, De Civitate Dei, XIX, 1.

Torna in alto