De Regimine Principum [36]: da dove ebbe origine il nome di potere imperiale
Dopo i poteri predetti sembra opportuno parlare di quello imperiale che sta nel mezzo fra il politico e il regale, per quanto sia più universale. Perciò sotto questo aspetto dovrebbe essere anteposto al potere regale; c’è invece un altro motivo per il quale deve essere posposto, e che ora tralasciamo.
A proposito del potere imperiale bisogna fare attenzione a tre cose. La prima riguarda il nome, poiché questo nome trae origine con fasto e solennità dal supremo potere, come se indicasse il signore universale. Infatti il superbo Nicanore, richiesto dai Giudei di rimandare la battaglia dopo il giorno santo, cioè dopo il sabato, domandò loro con arroganza se fosse potente in cielo colui che aveva comandato di santificare quel giorno; e, ricevuta la risposta che «il Signore Dio è potente nel cielo», replicò con smodata superbia: «Ed io sono potente in terra», e comandò di prendere le armi (II Maccabei, 15, 5). Per codesto atto egli in seguito, per disposizione divina, come è narrato nel secondo Libro dei Maccabei, fu vergognosamente catturato da Giuda Maccabeo in guerra, gli furono tagliate la testa e la mano destra, che aveva levato contro il tempio, terminando la vita con una brutta morte.
Altri titoli, poi, di questo potere furono desunti dal nome di alcuni uomini eccellenti in codesto tipo di dominio per una qualche prerogativa riscontrata in essi, come l’appellativo di Cesare fu preso da Giulio Cesare, il quale – come narra la storia – fu chiamato così perché – stando a quanto scrive Isidoro nel nono Libro delle Etimologie – fu estratto col taglio cesareo dall’utero della madre morta; oppure perché nacque con una folta capigliatura (caesaries): e da questo gli imperatori successivi furono così chiamati, perché portavano la chioma. L’appellativo di Augusto (dall’«accrescere» lo stato) per la prima volta fu dato a Ottaviano, come scrive lo stesso Isidoro.
In conformità, poi, di quello che stiamo trattando, dobbiamo occuparci dello svolgimento di questo impero, perché prima abbiamo accennato a quattro monarchie; ma possiamo aggiungervi anche una quinta, della quale parleremo in seguito. La prima fu quella degli Assiri – il cui capo fu Nino al tempo del Patriarca Abramo – e durò 1240 anni, come scrive Sant’Agostino nel quarto libro del De civitate Dei, fino a Sardanapalo, che perdette il regno per ragioni di donne. Arbace lo trasferì ai Medi e ai Persiani. E in quel tempo regnava sui Latini Procace, come dice Sant’Agostino nel diciottesimo libro. La seconda monarchia, cioè quella dei Medi e dei Persiani, durò fino al tempo di Alessandro, 233 anni, fino a quando cioè Dario fu sconfitto dal suddetto principe, come scrive sempre Sant’Agostino nel dodicesimo libro. La monarchia dei Greci poi cominciò da Alessandro e con lui finì. E di questo si parla nel primo Libro dei Maccabei, dove è scritto che Alessandro regnò dodici anni e poi morì.
Ma, per quanto i Greci non avessero prima un impero universale, il regno macedone fino alla morte di Alessandro (del quale il predetto libro fa menzione) era durato 485 anni, come scrive Sant’Agostino nel medesimo dodicesimo libro. In questo regno macedone Alessandro iniziò il suo dominio, succedendo a suo padre nel regno, come racconta la storia.
Dopo questa monarchia prese incremento l’Impero romano. Infatti, parlando di Giuda Maccabeo, che visse quasi subito dopo la morte di Alessandro, regnando Tolomeo (figlio) di Lago, il primo Libro dei Maccabei racconta molte cose riguardanti i Romani. Da queste appare come la loro potenza fosse diffusa in tutte le parti del mondo, però sotto il governo dei consoli: poiché quando c’erano ancora i re erano in lotta con le regioni confinanti ed erano di modesta potenza. Il consolato, successo alla monarchia, durò fino ai tempi di Giulio Cesare, che per primo si impadronì dell’impero. Ma vi rimase poco, perché fu ucciso dai senatori per abuso di potere. A lui successe Ottaviano, figlio di una sua sorella, che, dopo essersi vendicato degli uccisori di Giulio e dopo aver ucciso Antonio, che regnava sull’Oriente, ebbe tutto il potere per sé solo. A causa della sua moderazione mantenne il principato a lungo; e nel quarantaduesimo anno del suo governo, compiutasi la settantaseiesima settimana, secondo Daniele, del suo dominio, essendo venuto a cessare il regno e il sacerdozio in Giudea, nacque Cristo che fu il vero Re e Sacerdote e il vero Monarca: perciò, dopo la sua resurrezione, apparendo ai suoi discepoli disse: «Ogni potere è stato dato a me in cielo e in terra». Parole, queste, che secondo Sant’Agostino e San Gerolamo devono essere riferite alla sua umanità; perché, quanto alla sua divinità, nessuno dubita che il potere egli l’abbia sempre avuto.