In un libro ormai del 2010, Rino Camilleri intervistava Ettore Gotti Tedeschi, cattolico consigliere economico di Tremonti che, l’anno precedente, era stato nominato presidente dello Ior dal cardinal Tarcisio Bertone. I contenuti del libro-intervista anticipavano e spiegavano quelle che appaiono, oggi, deviazioni della Chiesa cattolica regnante Bergoglio, ma che maturavano da tempo evidentemente negli ambienti vaticani.
Dopo aver sostenuto che il cattolicesimo non è mai stato contro il capitalismo e il libero mercato – affermazione alquanto scontata visto che proveniva da un banchiere che presiedeva la banca vaticana – si sosteneva che l’economia di mercato di stampo capitalista costituisce lo strumento più utile ed efficace per la soddisfazione dei bisogni dell’uomo. Subito dopo si chiariva che i bisogni dell’uomo consistono nel «produrre e vendere, e quindi comprare, ciò che gli è utile alle condizioni più opportune e in piena libertà». Come si può vedere, dall’orizzonte dei bisogni di un cattolico era ormai espunta ogni prospettiva spirituale e soprattutto espunta l’idea che il salario deve essere dignitoso affinché l’uomo possa vivere in pienezza la vita umana e di conseguenza abolita l’idea che l’economia sia subordinata alla dignità umana. Infatti, alla domanda se il lavoro produttivo esaurisca il senso dell’uomo, la risposta è enfaticamente positiva: «Poche cose danno più significato alla vita del lavoro. Si studia per lavorare, si viene educati per lavorare, ci si riposa per lavorare, ci si preoccupa per come lavorare, ci si dispera per non riuscire a lavorare».
Tranne l’ultima – drammaticamente sempre più vera – si tratta di affermazioni prive di senso storico, come se il mondo iniziasse con il capitalismo e l’economia di mercato. Non si studia per lavorare, né si educano le giovani generazioni per lavorare, ma semmai per comprendere il senso della cultura, per ritrovare in sé stessi quei valori fondanti una vita autenticamente umana, per semplicemente imparare a godere della bellezza. Per il banchiere cattolico, tanta “frenesia” per il lavoro si spiega con la necessità «di sopportare costi di affitto o mutuo, auto, scuole, alimentazioni, assicurazioni, vacanze indispensabili, estetica, consumi obbligatori secondo il proprio status»; costi che si devono sopportare perché sembra «guardandosi intorno, che il valore del cittadino sia dato dal suo potere e/o sapere partecipare al mantenimento del costo delle strutture della società».
Indubbiamente san Francesco sembra davvero lontano se le spese di status sono obbligatorie e le vacanze addirittura indispensabili, ma si sa che la storia va avanti e bisogna adeguarsi ai tempi. Tanto è necessario adeguarsi che si può tranquillamente affermare che «appena venuto al mondo, un uomo vale in funzione delle sue spese future e dei suoi conseguenti redditi»; insomma non si generano figli per una scelta d’amore, ma si mettono al mondo 730 che determinano il valore del neonato. Se si tratta di affermazioni che, soprattutto in un cattolico, possono sembrare aberranti, ci si può consolare con la netta contrarietà di Gotti Tedeschi all’aborto. Solo che il motivo di questa contrarietà è giustificata dal troppo facile sacrificio di esseri umani nel seno materno «che elimina preziosi produttori di futuro reddito». A tal punto è giunta l’arroganza della visione liberista del mondo.