Der Morgen ist mein…

 

Der Morgen ist mein…

Affermava José Antonio che la via più breve fra due punti è quella che passa per le stelle. In questo anno a venire si celebrano i settecento anni dalla morte di Dante (nella notte del 13-14 settembre 1321, esule a Ravenna) e, dunque, ci è consentito rinnovare il verso a chiusura del XXXIV canto dell’Inferno ove ‘e quindi uscimmo a riveder le stelle’… (Il 25 novembre del 2020 era l’anniversario della morte tragica e spettacolare dello scrittore giapponese Mishima Yukio, di cui mi sono interessato in passato con convegni e trasposizione teatrale, in ultimo una breve introduzione al libro di Riccardo Rosati Acciaio sole ed estetica, pubblicato dal Cinabro, autore fra l’altro del racconto Stella meravigliosa. Lo cito in quanto segno tangibile, sotto la forma e l’espediente di narrativa fantascientifica, qualcuno l’ha definito una satira sociale, disprezzo per l’umanità, dell’esigenza altra ed alta in opposizione al proprio presente grigio e infimo. E noi apparteniamo alla ‘razza’ dei dispregiatori).

José Antonio Dante Mishima – nella successione del mio scrivere, va da sé. E le stelle a misurare l’esilio la distanza il disprezzo. E’ per questo e per altro ancora che ho evitato – la mia stanza mi preserva da eccessi di vita sociale e le prigioni pandemiche tendono a renderci tutti e beoti e belanti – di fare auguri o riceverne per la fine e il principio di queste sere senza brindisi zampone e lenticchie… Spentasi l’eco bastoni e barricate – la riproduzione del poster La battaglia di Valle Giulia rimane alla parete, ostinata e guascona, ma a volte mi sembra simile a vuoto a rendere. E i nostri sogni e gli ideali appartengono alla mente e al cuore. Eppure varrà la pena riaffermare a noi stessi che questa forma di ‘resistenza’, inane e fragile, forse è la premessa di un tempo a venire ove la promessa di non cedere alla tentazione dell’abbandono della rinuncia e del disincanto diverrà la parola d’ordine, squilli di tromba, di riscossa e di rivolta. Ad un tempo che muore altro ne nasce e ad una generazione altra se ne sostituisce. La nostra testimonianza, la consegna. 

I frutti e il loro seme. Abbiamo ben seminato? D’Annunzio, facendosi artefice della esperienza di Fiume (altro centenario appena trascorso, la Carta del Carnaro), parla della semenza – che, poi, si racchiude nel binomio di sangue e suolo. Abbiamo una storia tante le comunità che sparse in tanta parte del nostro paese, ognuna con la sua specificità, sono simili a virgulti di buona radice e capaci di non cedere essere contro essere in cammino. Eredità della mente, eredità del cuore. E, se ‘uccidono il padre’ (a volte corriamo il rischio d’essere ombra del dinosauro), nulla o poco conta perché l’onore é sì da salvaguardare, della gloria possiamo farne a meno. Abbiamo, lungo la strada, incontrato volti e gesti che ci confortano, degli ‘indecenti e servili’ di guitti e saltimbanchi non abbiamo certo rimpianto. E di quei volti e di quei gesti zolle feconde nella memoria facciamo dono a nuovi volti e gesti nuovi a disegnare con i colori della fierezza e della speranza i grigi muri della vergogna un domani perchè… Der Morgen ist mein’, comunque e nonostante tutto.

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