Devolved Parliament

 

Devolved Parliament

[In foto: Bansky, Devolved Parliament, olio su tela, 2009]

Il tre ottobre il dipinto Devolved Parliament del Voltaire street artist Banksy è stato battuto all’asta alla cifra boom di 11,1 milioni di € logicamente da Sotheby’s a Londra, proprio nel mese bollente per la Brexit dalla UE. E’ un olio gigante (4,46 x 2,67 m) del 2009, dove nella Camera Bassa di Westminster siedono sui seggi gli scimpanzé al posto degli umani deputati, fu esposta nella città natia del furbissimo uomo misterioso, precisamente al Bristol Museum. Prevista la caotica conflittualità del Parlamento di Albione, open, closed, no dealanti no deal, elezioni si elezioni no, sembrava profeticamente disegnare l’involuzione dell’antico ramo istituzionale, tanto vale lasciarlo al governo dei  primati, processo inverso all’evoluzione darwiniana a meno che gli scimpanzé, nella selezione naturale, non risultino più affidabili e meno inquinati dal nihilismo hi tech perciò più politicamente scorretti dei nostri grigi e collerici rappresentanti della specie, nessuna delle scimmie presenti gigioneggia con un cellulare di 4G o prossima 5G, al massimo si gratta il naso.  

Facile, tautologica, l’associazione dell’ironico dipinto ai due rami anche del nostro Parlamento, ma stante l’attenzione composta degli scimpanzé all’intervento del premier si comprende che l’immagine è surreale se confrontata agli scranni vuoti, le pennichelle, i bla bla magniloquenti seguiti dagli inciuci di corridoio del transatlantico Italia.

Osservando bene il quadro si respira il silenzio dell’ascolto, una calma attenta cuce i Members of Parliament, tutti con l’identico colore del vello, salvo eccezioni, un dress di rappresentanza ormai desueto, firmato dalla Natura senza sfoggio di fashion griffes.

I devoluti sono inquadrati in prospettiva rinascimentale nell’ House of ‘Commons, con le sue lunghe poltroncine verdi, e al centro, in alto, punto di fuga è la sua testa, c’è uno speaker sussiegoso non lo stizzito John Bercow. Il Primo Ministro sta esponendo a braccio il suo intervento, regge un fascio di carte con la destra distesa, ha una postura chiasmica come l’Arringatore etrusco, più pacato però nel proferir parola e con ben altro aplomb dello scapigliato Boris Johnson. L’insieme è un ciak preso da una foto, rivisitato con quella satira straniante che è il brand del genietto di Bristol. La sostituzione di specie dei Members ridà ai primati il proverbiale stile inglese, educazione, ascolto, compostezza magari velata da un tantino di polvere di noia; recuperano quel British Style della democrazia anglosassone, veterana nel mondo dopo Atene, che i sudditi di sua Maestà hanno smarrito.

Ma l’ironia irriverente di Banksy, mai banale, ci origina una riflessione altra sulla progressiva dissolvenza delle democrazie occidentali aggredite dal cancro interconnesso d’ Economia e Tecnica le quali non prevedono anticorpi resistenti nell’organismo mondiale, li combattono con lobby, mass-media, sistema bancario, agenzie di rating, Parlamenti di giullari, ma se incontrano testardi ribelli usano le armi che sono pur sempre un grandissimo affare, voce al top dei bilanci liberisti.

Gli eletti a suffragio pop, lo sappiamo, sono tribuni a corte di gruppi di pressione interni o esterni, non hanno mani libere quando cinguettano dai rostri (anzi spesso sono sporche), i Parlamenti somigliano a supermercati di interessi-merce, impiantati nelle ossa dei Paesi, virali nel guidare la mano dei legislatori come l’angelo il braccio di S. Matteo nel quadro di Caravaggio prima edizione.

Il voto è inutile se il partito di maggioranza è l’astensione, ha esaurito la sua spinta storica saldata ai furori della fede politica, questa, una volta filtrata dalle ideologie, muore, fine della Storia, tanto più che apporre una crocetta in cabina si rivela dardo senz’ arco, non centrerà l’obiettivo di scegliere la governance d’una Nazione.

I bilanci, ad esempio nell’UE, li scrive la Commissione europea dove siedono non eletti, lei fissa i paletti dei DEF, lei approva o rigetta imponendo modifiche o ricorrendo a procedure d’infrazione, è lei a succhiare fette di sovranità nazionale salassando i disobbedienti, votare alle europee a che serve?

In più c’è che l’innovazione che galoppa sfrenata, lievita in efficacia-efficienza meno che nelle istituzioni, trasformatesi, nell’immaginario collettivo, in bradipi anchilosanti la corsa d’ un Paese, sono organismi lenti, stantii, avulsi dalla velocità quotidiana, api gelose della propria cella, governano ciò per cui sono state scelte dalla regina: gli interessi del piraña bancario.

Così l’assurdo immaginario del prossimo futuro è che i Parlamenti non saranno devoluti agli scimpanzé, nostri progenitori, lentucci e pigri anzi che no, ma perché no agli algoritmi delle intelligenze artificiali. Eh sì, tant’ è vero che quest’idea di farsi governare da loro è stata già oggetto di indagini inquietanti e frustranti (ad es. quella condotta dall’Università privata IE di Madrid) se è vero che un cittadino europeo su quattro, disilluso dal nullismo dei politicanti, già si dichiara favorevole ad una Governance politica (!?) di androidi. Non è un racconto visionario del profetico Isaac Asimov, ci stiamo già dentro fino al collo se gli umani dei Paesi più industrializzati si tuffano nel mondo di Blade Runner , fingendo, per ipocrisia, di costruire dighette di castoro del tipo sì, sì avanti tutta però…mentre l’Oriente su questo business ha puntato tutto disarcionando la narcisa Silicon Valley, basta pesare al ruolo strategico dei robot nella preparazione-gestione delle prossime Olimpiadi di Tokio che saranno quelle dell’intelligenza artificiale.

Questa è la rivoluzione epocale in atto, silente conquista postazioni e l’uomo viaggia verso la propria irrilevanza esistenziale, una marginalizzazione che lo renderà superfluo quando l’Algoritmo definitivo darà all’androide la capacità di apprendere da solo, autogovernarsi senza la scocciatura di Adamo. Al posto dei Macron, Merkel, Conte 2.0, 3.0, 4.0, ecc. avremo tanti Asimo e porteremo a spasso un cane che piscia elettroni.

Bene-Male, la dicotomia anima-corpo, trascendenza e coscienza, Tradizione già non esistono più nel regno della quantità già descritto da Guénon; scorrono, vieppiù veloci sugli i-phone, vetrine d’ogni appetito, il 5G farà miracoli di connessione, non ci scocciate coi problemi, lasciateci giocare nell’Eden virtuale, devolviamo agli androidi di governarci col rigore degli algoritmi sedendo sugli scranni dei Parlamenti con interconnessa obbedienza all’Algoritmo Assoluto.

“Ormai Solo un Dio ci può salvare” rispondeva Martin Heidegger nel ’66 in un’intervista a Der Spiegel, un grido d’aiuto disperato davanti alla dissoluzione del pensiero umanistico occidentale triturato da tecnica ed economia onnivore d’ogni pezzettino dell’essere. Che gli Amish abbiano ragione?

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