Draghi e le armi

 

Draghi e le armi

Non avremmo mai immaginato, per convinzione, di indignarci per l’aumento delle spese militari italiane. Sempre, abbiamo sognato un’Italia con un esercito forte, indipendente e bene armato, capace di difendere i confini e di accompagnare cortesemente alla porta gli occupanti da tre quarti di secolo. La pensiamo ancora così e non ci appartengono il pacifismo a gettone e le bandiere arcobaleno.

In tempi normali, avremmo accolto con sollievo l’iniziativa governativa di investire più denaro nella difesa nazionale, per dignità e spirito patriottico. Oggi, siamo al colmo dell’ira. Leggiamo le notizie sulle decisioni governative mentre dalla cassetta della posta ritiriamo la bolletta del gas e quella dell’elettricità. Come tutti, abbiamo subito un pesante salasso e la lettura del dettaglio mostra l’enorme aumento di tasse e balzelli sull’energia. Siamo in attesa della mazzata relativa alle auto-sanzioni della neo Italia bellicosa.

Poiché al male non c’è fine, la lettura dei quotidiani sparge sale sulle ferite: da inizio pandemia, persi duecentomila posti di lavoro nel solo settore dei bar e della ristorazione, con 57 mila imprese chiuse. Da Bruxelles, intanto, ci impongono nuove fregature: abbatteremo di molti miliardi le provvidenze fiscali chiamate ora Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD). Il lato grottesco è che neppure si sa a quanto ammontino. La certezza è che salterà l’IVA agevolata sui consumi elettrici per famiglie e piccole imprese: un conto da due miliardi.

L’ IVA sulla prima casa cesserà di essere agevolata (4 per cento) e saranno altri due miliardi, con la conseguenza della contrazione del settore. Il sospetto di chi legge il piano dei soloni europoidi è che ogni attività economica sia dannosa per il solo fatto di essere svolta.

Non avremo nulla e non saremo affatto felici. Ci correggiamo: non è vero che non avremo nulla, perché Mario Draghi, il plenipotenziario dell’impero del denaro comprerà più armi. Nel prossimo biennio le spese militari aumenteranno di cinque miliardi e mezzo.

Anche questa decisione è stata presa a porte chiuse, senza dibattito tra le forze governative, tanto meno in parlamento, luogo del tutto inutile.

Ci si attenderebbe qualche segnale dall’opposizione. Al contrario, l’oppo-finzione è più giuliva che mai. Inutile usare perifrasi: il nostro è un parlamento di servi, la classe politica è di un livello penoso e il governo non lavora per gli interessi del popolo italiano. In fin dei conti, fa benissimo: tutto tace.

Tutti i tempi vengono, anche quello del pentimento per aver sostenuto a suo tempo la fine della leva militare e l’istituzione di un esercito di professionisti. I danni sociologici dell’abolizione della leva sono nell’insostenibile fragilità dei giovani maschi, nella fine di ogni disciplina – interiore prima che esteriore- nell’indifferenza per ogni progetto comune, che in qualche modo l’esercito coltivava. Dal punto di vista operativo, siamo nelle mani di militari carrieristi, poco motivati, pronti a farsi raccomandare per partecipare alle lucrose missioni umanitarie (si deve dire così, guerra è parola sdoganata dal perfido Putin un mese fa).

Il Drago ha parlato, però: bisogna aumentare il budget militare, e subito. Applausi a scena aperta dalle opposte (opposte?) tifoserie politiche, unite nel mussoliniano “è l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende” e pazienza se il solco è nell’interesse altrui, quelli con cento basi sul “nostro” territorio.

Dove sono la sinistra sociale, la destra popolare, il mondo cattolico, i sindacati? Il debito sale, ma per la gioia di chi fabbrica armi.

Più poveri, più tassati, più impauriti, ma perbacco, più armati. Chi dissente è nemico della patria, pur se non è chiaro quale, si vedono in giro tante bandiere, non la nostra. Eppure non dovrebbe essere difficile rimanere esterrefatti dinanzi all’aumento di tasse e balzelli per finanziare l’aumento del bilancio militare – di un esercito scalcinato e servile- nel pieno di una drammatica crisi che minaccia vita e benessere del nostro popolo.

Ma che importa, lo chiede la Nato, un potere forte, più ancora dell’Unione Europea che smantella il sistema degli aiuti fiscali che dava fiato a interi comparti economici e rendeva un po’ meno gravoso il carico tributario. Per la strada, l’opposizione, il malcontento, la rabbia si sentono, si toccano, ma non riescono a diventare azione. Nei palazzi del potere e della rappresentanza, dietro le liti di facciata, l’unanimità, il tradimento l’indifferenza….

Torna in alto