Eclissi referendum


 

Eclissi referendum

La voce del padrone, quella del popolo, potrebbe finalmente farsi sentire dall’orecchio di un potere intoccabile dello Stato: la Giustizia, coi suoi sacerdoti, le liturgie e i tempi biblici, si vota per compiere un passo in direzione, per assurdo, di una Giustizia più giusta graffitando una crocetta sui cinque quesiti referendari ammessi a consultazione dalla Corte Costituzionale presieduta dal “sottile” Amato. Eccoli qui di seguito in un flash a uso del lettore:

Quesito 1: abrogazione legge Severino (scheda rossa)

Quesito 2: limiti alla custodia cautelare (scheda arancione)

Quesito 3: separazione delle carriere dei magistrati (scheda gialla)

Quesito 4: equa valutazione dei magistrati (scheda grigia)

Quesito 5: riforma del CSM (scheda verde)

Respinto invece il referendum sulla responsabilità diretta civile dei magistrati, il più intrigante per la nostra pancia con slogan pop tipo: “Chi sbaglia paga” ma assai pericoloso per le teste col tocco, la motivazione sta in quell’essere “innovativo”, non abrogativo, perciò la partita passerà al potere legislativo, il che equivale a dire: non si giocherà mai.

Ai potenziali elettori (oltre 51 milioni) verranno consegnate cinque schede colorate, con su stampato il testo della norma oggetto d’ un SI abrogativo o d’un NO, lasciamo le cose come stanno, ma fuori dalle cabine resterà l’assai probabile maggioranza del non expedit, quella che fa spallucce e recita stucchevole “chi se ne frega tanto non cambia niente”.

E’ proprio quest’ultima, il non voto, la puntata vincente sul tappeto verde del Palazzo sempre fedele a quella frase tutta italica pronunciata da Tancredi nipote del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”; la freccia rossa della consultazione popolare infatti passerà ma alla stazione del 12 giugno sperano salgano in pochi, il cambiamento era possibile ma è caduto nel vuoto, allora che volete? Tanto più che il Governo dell’ammucchio s’è autodelegato alla riforma dei processi civile e penale, approvando in materia le leggi 206/2021 (civile) e 134/2021 (penale), acceleratori su efficienza e ragionevole durata dei procedimenti, riforme insufflate dall’UE, da fare con uno storico Obbedisco! soprattutto per rompere il salvadanaio PNRR.

Non entro nel merito delle riforme Cartabia, non è mia competenza, sono architetto, anche perché  mancano i decreti attuativi indispensabili a rendere le due norme operative, con passaggi nelle Commissioni parlamentari prima di approdare alle Camere in agguato coi kalashnikov degli emendamenti, del tempo prescritto, col fiatone sul collo dell’ANM (già uno sciopero), del CSM, degli scheletri negli armadi dei partiti e soprattutto con quelle elezioni politiche alle quali si presentano in mutande, privi di identità, liquidi e subalterni agli interessi extra nazionali.

Questo referendum sulla giustizia, promosso da un habitué alla consultazione referendaria, quale storicamente è stato ed è il Partito Radicale, e dalla Lega di Matteo Salvini ripresenta quesiti già  in essere in altri referendum, a memoria quello del 8-9 novembre1987 sulla “responsabilità civile dei magistrati” (80,02% i SI) e del 15 giugno 1997: “Carriere dei magistrati” e “Incarichi extragiudiziari dei magistrati, referendum flop votò solo il 30,2% degli aventi diritto,  idem per la sua sostanziale riproposizione del 21 maggio 2000 con in aggiunta  l’ “abrogazione dell’attuale sistema elettorale del CSM con metodo proporzionale per liste contrapposte” (altro flop il quorum si fermò al 32%). Ha quasi sempre vinto il non voto (sic!).

Tg muti, talk-show volutamente digiuni sui temi referendari, zero manifestazioni e propaganda, si gira a sinistra o destra sui temi bollenti della guerra, del gas, delle concessioni balneari, e poi bollette on fire, rischio stagnazione/recessione, ecc. ma sul referendum bavaglio stretto, stretto, al massimo un timido pigolio di facciata.

A parte quello istituzionale del ‘46, con troppi lati oscuri, che ha scelto la forma repubblicana che festeggiano oggi, per il resto i quasi 70 referendum sono stati solo abrogativi, se si buca il pallone, quello nuovo deve produrlo il Parlamento con quel che segue in termini di proposte, commissioni, dibattiti e quant’altro, per di più divenuto oramai oggetto d’arredamento perché da tempo bypassato dall’esecutivo col ricatto dei decreti legge.

Conclusioni: se però i referendum non raggiungeranno il quorum sarà giubilo dell’ammucchiata e la magistratura si toglierà un sassolino dalle scarpe sperando che gira e ti rigira, tutto resti davvero come sempre, ma in questo caso al popolo delle genetiche lamentazioni resterà il cerino spento in mano, l’uso della democrazia diretta. Perciò andiamo a votare fedeli alla lingua del…Sì.

 

 

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