Economia e spiritualità

 

Economia e spiritualità

Dal 17 al 26 settembre scorso si è tenuto il IV Festival “Economia e Spiritualità” ricco di appuntamenti sgranati tra Capannori, Prato e Lucca con spettacoli, interventi, dibattiti, laboratori, finalizzati a insufflare un’anima, possibilmente francescana, a sorella Mammona. A occhio i due soggetti festivalieri paiono incompatibili soprattutto perché il primo, l’economia, è lo squalo del secondo, lo ha già divorato da tempo aggredendone quotidie ogni residuo brandello. E’ pur vero che il termine spiritualità è stato scelto con ricercata vaghezza, non vuole essere sinonimo di fede confessionale, in tempi di sincretismo, sia mai, sarebbe una discriminazione inaccettabile nel libero mercato della trascendenza fai da te, dell’ecumenismo ad angolo giro, è piuttosto una riflessione esistenziale sul modo di coniugare materia e antimateria nella convinzione teorica che entrambe debbano integrarsi elaborando un progetto di vita organico, e ci potrebbe star bene. Domanda: ma come si fa operativamente?

Recita un celebre aforisma di John Maynard Keynes:” Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non produce i beni necessari. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi”. La storia del XX secolo è l’assalto del comunismo al fortino capitalista e viceversa, una guerra calda e fredda, interna ed esterna che ha colmato la Terra di morti ammazzati, il risultato attuale è il mercantilismo sfrenato, onnivoro, di due potenze contrapposte U.S.A. e Cina, dove la seconda ha però il vantaggio di possedere in titoli una discreta fetta del debito yankee.  La guerriglia è sì sulle dogane nell’import-export di beni, come lo sulle terre rare indispensabili all’industria hi-tech, sulle risorse del terzo e quarto mondo e così via, ma la guerra vera è sul denaro-merce, pistola alla tempia delle banche per chi finanzia il proprio debito colossale emettendo titoli, è servitore ricattabile ogni mese. L’usurocrazia, termine coniato da Ezra Pound è la vera arena dei gladiatori finanziari per conquistare l’egemonia economica sul mondo (conflitti locali e aiuti umanitari compresi) e in questa Armageddon la finta Europa col finto euro occupa la posizione dell’hamburger nel succulento panino globalista.

Sempre il poeta dei Cantos ebbe a focalizzare nel dualismo armato usura-lavoro gli autentici attori dello scontro sociale in luogo del binomio marxista capitale-lavoro e c’aveva ragione, idem per la disoccupazione e la povertà endemiche ai sistemi economici attuali (40 milioni di poveri negli USA. 530 milioni (!) in Cina). Certo le cure di Pound, una bella marca da apporre sul denaro a scadenza temporale, lavorare tutti lavorare meno, il credito sociale, la moneta battuta solo dal Governo, ecc. paiono soluzioni ingenue seppure ancorate agli studi di due economisti come il Maggiore Douglas e Silvio Gesell, ripresi dal nostro Giacinto Auriti.  Ma il suo enorme merito è aver strappato la maschera al nemico, l’usura, lanciando un grido lirico-profetico sull’inferno che questa genera sull’uomo e sulle Nazioni, il suo è l’urlo del ribelle accompagnato da una ferrea volontà di trasformare la lugubre scienza in una scienza morale.

Lo spirito irenico dei francescani è la spoletta che tesse la tela di un’economia dorata di spirito, spirito di pace, tolleranza, accoglienza, ascolto, fratellanza, valori questi condivisibili da tutti, credenti e non credenti, una cesta di alimenti buoni (esclusi il pane e il vino simboli eucaristici), profumati che ognuno può cogliere e condividere in solidarietà & armonia con mamma natura e i propri simili senza muri di sorta, una Repubblica dell’Utopia la chiamerebbe Pound, e pure questo ci potrebbe sta bene.

Ri-animare l’economia era la provocazione del Festival toscano dice padre G. Bormolini per costruire il mondo che sogniamo a partire dalle comunità locali, i lavori confluiranno in un documento finale preparatorio del grande evento “Laudato sì” di Assisi del prossimo 2020 tanto caldeggiato da Papa Francesco. Speriamo ne vengano fuori percorsi concreti, praticabili e trasferibili ai potentati della Terra facendogli cambiare nel profondo i sistemi di fare economia per l’uomo e non contro l’uomo con robuste iniezioni di etica, altrimenti torneremo a stringerci attorno al nostro poeta ribelle che certamente per gli organizzatori è e resterà nella gabbia del campo di concentramento di Coltano a Pisa pur nutrendo ammirazione per la dottrina sociale della Chiesa. Già ma quella era la Chiesa di Cristo oggi pietra di inciampo al pensiero ecumenico.

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