Emergenza di un pensiero forte

 

Emergenza di un pensiero forte

Era il 16 ottobre 2011 quando fu pubblicato il manifesto Emergenza Antropologica, per una nuova alleanza tra credenti e non credenti,  a firma P. Barcellona, P. Sorbi, M. Tronti,  G. Vacca quattro moschettieri dell’intellighenzia PD, ospitato a pag. 11 del quotidiano della CEI l’Avvenire. Leggiamone l’incipit: “La manipolazione della vita, originata dagli sviluppi della tecnica e dalla violenza insita nei processi di globalizzazione (…),ci pone di fronte a una inedita emergenza antropologica. Essa ci appare la manifestazione più grave e al tempo stesso la radice più profonda della crisi della democrazia. Germina sfide che esigono una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non credenti, religioni e politica“. Un macigno nello stagno lib-lab-glob dell’ex P.C.I., un ponte verso la teologia di papa Ratzinger “oppositore di qualsiasi compromesso nel campo della dottrina della fede” quanto attento al dinamismo della storia. Dopo decenni di pensiero debole, figlio malaticcio del nichilismo ontologico, si riaffacciava il pensiero forte, soprattutto, andando al cuore, si tornava ad alzare gli occhi al cielo non solo quello astronomico. Negli anni Ottanta, sui saldi della lotta armata, l’Italia “pensante” cercò di costruire ponti di confronto destra-sinistra seminando in un campo comune con sementi del passato da Nietzsche a Pasolini, da Pound a Gramsci, ma la nuova destra alessandrina e la sinistra intelligente furono inghiottiti dal geco del neoliberismo rampante.

Ricordo un’accesa discussione a tavola tra il sottoscritto con un ex deputato del P.C.I. sul tema caldo, allora, della globalizzazione, io contro, lui a favore, un no o un sì con opposte ragioni. certamente più solide le mie. Il relativismo tecnocratico cavalcava libero il progresso, i 7 grandi si riunivano qua e là per spartirsi fette di mercato, i giovani sentivano l’odore di bruciato, la mercificazione dell’esistenza, ma la pantera non aveva i denti. La libertà soggettiva, assoluta era il nuovo modello dell’esistenzialismo edonista al quale proprio la sinistra ottusa ha concesso culo e camicia. Oggi parliamo di realismo, necessità di costruire evangelicamente case sulla roccia evitando la sabbia danzante delle opinioni. In questa fattoria degli animali, la rivoluzione è un lemma sepolto,  l’avvenire il carcere dell’esserci col cellulare acceso, l’androide che ti ruba il sudore, la pillola per scopare sempre, il vuoto dell’albero del bene e del male nel giardino dell’usura. Il liberismo pare aver vinto sull’una e l’altra sponda, la tratta degli schiavi ha messo nuove maschere fregandosene dello Slave Trade Actinglese del 1807. Ci sono masse d’immigrati deportati  nel vecchio Continente ma altrettante masse di precari, disoccupati, sottoccupati, che languono ai margini del campo, i borders line creati dal sistema. La conflittualità si sta radicalizzando tra gli ultimi mentre la forbice sociale s’ allarga con la ricchezza coagulata nelle casse di pochi epuloni. E’ questo processo guidato che ha rialzato i muri, il confronto ci  appare un’utopia, le nicchie si sono moltiplicate a destra quanto a sinistra su valori riposti in cantina. Il pessimismo storico è un AIDS costruito in laboratorio per generare la rassegnazione degli agnelli, l’imperativo è la resilienza, resistere all’urto del maglio che vuole piegarci, scavare, pur nel trauma del vissuto, il Pomerio della città del sole di Tommaso Campanella..

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