Exemplis Vitae: Vladimir Majakovskij

 

Exemplis Vitae: Vladimir Majakovskij

Vladimir Vladimirovič Majakovskij, nato il 7 Luglio 1893 a Bagdadi, Georgia, allora parte dell’impero degli Zar, da un guardaboschi e da una casalinga. Nel 1902 inizia a frequentare il ginnasio di Kutaisi, dove nel 1905, ancora bambino, prende parte ai primi comizi e moti rivoluzionari. Nel febbraio del 1906, dopo la prematura morte del padre, si trasferisce a Mosca con la madre e le sorelle, e continua gli studi nel ginnasio moscovita.

In questi anni le prime difficoltà economiche, la dura realtà sociale della Russia zarista, le lotte operaie, le prima letture di Marx e Lenin, formano quello che sarà il retroterra culturale di Majakovskij; il quale lo porterà ad aderire nel 1908, all’ala bolscevica del Partito socialdemocratico. Inizia in quegli anni una militanza più che attiva, fatta di teoria e soprattutto di prassi, che lo porterà spesso a conoscere le fredde galere degli Zar, e all’espulsione dal ginnasio per attività sovversiva.

Nel 1910 entra nell’Accademia di pittura, scultura e architettura di Mosca, dove entra in contatto con un ambiente artisticamente molto fertile, infatti è in questo “substrato” che nel 1912 inizia la sua attività poetica. Nello stesso anno assieme a Burljuk, A. Kručënych e V. Chlebnikov pubblica l’almanacco “Schiaffo al gusto del pubblico”, considerato il manifesto ufficiale che segna la nascita del Futurismo russo.

Da qui in poi inizia la carriera dell’artista Majakovskij; poeta, pittore, drammatico, rivoluzionario, una carriera fatta di alti e bassi, successi e profonde delusioni, ma sempre caratterizzata da una profonda lucidità e vitalità artistica, che hanno contribuito certamente a fissare l’immagine di Vladimir Majakovskij come inchiostro indelebile sulla pelle della storia.

La sua straordinaria vita, è il risultato di una pretestuosa fusione di due rivoluzioni, quella storica, bolscevica, comunista, alla quale ha preso parte attivamente non solo nel ’17, e dai cui sviluppi è rimasto in parte molto deluso, e quella artistica, poetica, culturale. Il risultato è l’unione tra il Cubofuturismo e il realismo post-rivoluzionario, una produzione letteraria e poetica assolutamente fatta di forza, coraggio e violenza intellettuale.

Majakovskij è poeticamente parlando un’esplosione di vita, la sua missione è diffondere e infondere la letteratura a tutto il popolo, fare dei suoi versi un’arma con cui combattere le strutture e le sovrastrutture del gusto borghese, vecchie, convenzionalmente poco autentiche. Le sue poesie si barcamenano tra sudicie periferie, gente comune, reietti e derelitti, ma anche tra sentimenti, schiette riflessioni e passioni. Egli credeva e usava argutamente la spregiudicatezza, la provocazione, per arrivare al cuore e alla mente del pubblico, quindi del popolo, e renderlo entusiasta e partecipe delle sue rappresentazioni. Majakovskij era un profanatore vero e proprio della sacralità e della delicatezza dei versi di stampo ottocentesco, amava scrivere grottescamente, distruggendo la forma e la metodologia della poesia convenzionale. La sua poesia in questo senso è il cannone che ha abbattuto il muro del dogmatico gusto conformista.

Egli ha contribuito alla formazione di una retorica rivoluzionaria in senso letterario, coniugando la forza dei suoi versi, con quella degli ideali che hanno animato la Rivoluzione d’Ottobre, concependo la sua attività poetica non come un diletto romantico da salotto, bensì un’attività propriamente pedagogica e formativa nei confronti del popolo tutto. Un mezzo insomma con il quale fare emergere le proprie idee, con tutta la forza e l’intensità dei suoi versi, paragonabili ad un fiume in piena.

Per lui l’arte rappresentava autenticamente la vita, questo voleva dunque dire vivere il mondo, la sua epoca, le sue passioni, i suoi dolori, e direzionarlo verso i suoi ideali. Del resto «l’arte non è uno specchio cui riflettere il mondo, ma un martello con cui scolpirlo». 

Majakovskij esce fragorosamente dalla scena terrena il 14 aprile del 1930, tra le delusioni post-rivoluzionarie e quelle sentimentali, tra creazione poetica e Zeitgeist culturale, egli si arrende agli eventi, o meglio fa di sé inconsciamente forse un simbolo, un’immagine duratura, alle 10:30 del mattino, nel suo piccolo studio del vicolo di Lubjanskij, un colpo di pistola, e poi il silenzio. Ci resta il fragore della sua poesia, che è forza, coraggio, violenza, volontà di potenza.

«In questa vita non è difficile morire. Vivere è di gran lunga più difficile.» – A Sergej Esènin 1926

 

 

 

 

Torna in alto