Il 15 marzo del ”45 i giornali annunciano che è stato spiccato mandato di cattura nei suoi confronti. Parigi e la Francia tutta è pervasa da liste di proscrizione esecuzioni sommarie regolamento dei conti, frutto amaro di un Paese profondamente diviso tra coloro che avevano accettato la sconfitta del giugno ”40 la collaborazione con il tedesco vincitore l’auspicio di un ‘nuovo ordine europeo’ e tra coloro che, avversari, ostinati o in stretta osservanza a Mosca avevano dato vita alla resistenza e s’erano affidati alla potenza d’oro e d’acciaio degli Alleati. La stessa sera, rifugiatosi in casa della ex moglie dopo un precedente tentativo di suicidio, ormai lontano da lusinghe o inquietudini mondane, Pierre Drieu La Rochelle muore ingerendo un tubetto di Gardenal e aprendo il rubinetto del gas. Sul tavolo una traduzione delle Upanishad, testo sapienziale dell’India Vedica, in quella disperata e fiera ricerca dell’Assoluto a cui aveva affidato l’Io più autentico e profondo e il senso della morte (mi vengono a mente le ultime parole, ‘Cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti’, con cui si conclude il bel libro Memorie di Adriano) che l’aveva accompagnato e pervaso fin da giovanissimo come egli stesso annota in Racconto segreto.
Di recente Passaggio al Bosco, il dinamico e inesausto impegno editoriale di giovani menti ardite e capaci, ha ristampato Drieu La Rochelle Il mito dell’Europa – possiedo la copia nelle introvabili Edizioni del Solstizio, anno 1965 – con l’asciutta e rigorosa prefazione dell’amico Rodolfo Sideri. Uno di quei libri che definisco di formazione. E aggiungo i versi d’una sua poesia – ‘Noi siamo uomini d’oggi – di cui traemmo un volantino a firma della Caravella, così in apparenza anacronistico e nostalgico in quel clima di caleidoscopiche illusioni e feroci inganni dal troppo ideologismo nei primi mesi della contestazione, distribuito all’università di Roma La Sapienza. Mentre era, al contrario, un grido lancinante e fiero scagliato contro ‘l’umano, troppo umano’ della modernità – e anni dopo Woody Allen ‘Dio è morto, Marx è morto ed io non mi sento troppo bene’ -, e per un’Europa che non c’era e che non c’è se non per troppi mercanti avidi banchieri presunte o comode pandemie.
Case editrici d’ampio respiro o d’iniziativa quasi latomica hanno pubblicato in Italia le sue opere; Louis Malle, regista di fama, nel 1963 realizza Fuoco fatuo tratto dal romanzo omonimo ove Drieu racconta gli ultimi giorni prima del suicidio di Jacques Rigaut, scrittore, drogato, suo amico, avvenuto nei primi giorni di novembre del’29 (la maggior parte dei critici lo considera il suo libro più riuscito); anni dopo, un altro suo romanzo, Una donna alla finestra, viene trasformato in film anche se con minore successo. Eppure rimane uno scrittore ‘di nicchia’, una sorta di outsider, pesando – e non solo lui – la condizione di reprobo, di chi s’è schierato dalla parte dei vinti. Non sono un critico letterario, non so darne un giudizio ‘estetico’. C’è in molti suoi scritti qualcosa di sospeso, di incompiuto (è il medesimo sentire che avverto leggendo di Ernst Junger i ‘romanzi’), di troncato o sfumato… Rimane, però, uno dei maestri che ci hanno formato, a cui dobbiamo renderne merito. ‘Quand’ero adolescente, ho giurato di restare fedele alla giovinezza: un giorno, mi sono sforzato di mantenere la parola’… poi vengono le idee i sentimenti gli uomini e le donne con cui abbiamo teso a fare di questo mondo un altro più nobile e giusto. L’Europa.