Fedeli alla linea

 

Fedeli alla linea

Berlino 1981. Durante in suo vagabondare per l’Europa, un giovane operatore psichiatrico, e militante di Lotta Continua, Giovanni Lindo Ferretti, incontra Massimo Zamboni, chitarrista, cantautore e scrittore, insieme daranno vita al più importante gruppo musicale punk rock italiano. I CCCP – Fedeli alla linea, autodefinitosi un gruppo di “musica melodica emiliana” e di “punk filo-sovietico”. Il loro nome, CCCP, pronunciato “ci-ci-ci-pì”, è l’equivalente della sigla russa SSSR, “Sojuz Sovetskich Socialističeskich Respublik”, che designava l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Nel 1990, in contemporanea alla riunificazione tedesca, il gruppo si sciolse con lo slogan “muore il comunismo, muoiono i CCCP”, e con una nuova formazione diedero vita ai CSI, “Consorzio Suonatori Indipendenti”, ma che rievoca il nome del nuovo assetto dell’ex Unione Sovietica, allora Comunità degli Stati Indipendenti. Nel 1990 mentre il muro di Berlino crollava, e con esso l’ultimo argine all’esondazione del liberismo Statunitense, in quelli che una volta si chiamavano C.C.C.P. un giovane direttore di una “sovchoz” (fattoria statale), laureato in economia e con esperienze nell’esercito, fece un primo passo in politica, venendo eletto deputato del Soviet bielorusso.

Aleksandr Lukashenko quattro anni dopo, diverrà il presidente della Bielorussia. Fu il Fondatore del partito “Comunisti per la Democrazia” che avrebbe dovuto guidare l’Unione Sovietica a diventare un paese democratico seguendo principi comunisti. Nel 1994, nella prima elezione democratica della Repubblica bielorussa ottenne oltre l’80% dei voti.  I suoi obiettivi principali furono mantenere i salari e le condizioni economiche in fase di crescita e portare verso una più grande integrazione la Bielorussia e la Russia. Ai tempi della sua elezione a Presidente la Bielorussia attraversava un periodo di grave crisi economica; Lukashenko si impegnò a stabilizzare l’economia, raddoppiò la quota del minimo salariale, reintrodusse il controllo dei prezzi da parte dello Stato e cancellò le riforme economiche che erano state prese nel governo precedente. Furono rafforzati i legami con la Russia,  per cui nel 1995 la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale sospesero i prestiti alla Bielorussia. Il governo di Lukashenko è arrivato ai giorni nostri, le ultime elezioni svoltesi il 9 di agosto lo hanno visto confermarsi per il sesto mandato consecutivo, con il l’79% dei voti contro il 11% della sfidante dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya, sponsorizzata da Stati uniti ed Unione Europea. Seguendo la trama di tante, troppe “Primavere”, gli sconfitti non ci stanno, si grida al broglio, si mobilitano le piazze con fondi statunitensi e giovani provenienti della parte occidentale della repubblica Bielorussa, perlopiù residenti in Polonia.

La stampa atlantista ha diffuso informazioni che le elezioni sarebbero state controllate dal Cremlino. La Polonia ha richiesto un vertice europeo straordinario, per discutere la situazione. Berlino (forte del suo semestre di presidenza Ue) ha definito inaccettabili gli standard democratici in Bielorussia, mentre la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha chiesto che “i voti dell’elezione siano contati e pubblicati accuratamente”. Resta il fatto che i disordini stanno già svanendo, l’occidente ha fallito nel tentativo di colpo di stato in Bielorussia. Lukashenko viene definito da diversi operatori internazionali “l’ultimo dittatore in Europa”, in Bielorussia la storia non è stata cancellata, i servizi segreti vanno ancora sotto il nome di KGB e il panorama della capitale Minsk è punteggiato da statue di Lenin e altre figure di primo piano dell’Unione Sovietica. Il governo Lukashenko viene dipinto come una dittatura immersa in un passatismo sovietico che impedisce alla Bielorussia di avanzare e la costringe a un presente di miseria. E invece le cose sono molto diverse: Il prodotto interno lordo della Bielorussia è il doppio di altre ex repubbliche dell’URSS. La Bielorussia è l’ex repubblica sovietica dove ci sono le migliori condizioni di vita e ottiene risultati in termini disuguaglianza superiore a quelli ogni stato europeo, incluse le nazioni scandinave. Non solo: la percentuale di persone che vivono in povertà è inferiore a quella delle nazioni europee e anche degli Stati Uniti. Salito al potere in una nazione già allora nostalgica dell’Unione Sovietica, Lukashenko ha approfittato di questi sentimenti per invertire la rotta intrapresa da tutte le altre ex repubbliche dell’URSS. Per esempio, ha limitato il diritto a comprare e vendere terreni agricoli, ma ciò che ha reso davvero diversa la Bielorussia dalle sue ex compagne è il rifiuto di privatizzare l’economia, che ha evitato l’emergere dei cosiddetti oligarchi, gli stessi che hanno fatto razzia dei beni di stato in Ucraina. Con due effetti positivi: il primo è che i disastri da ultraliberismo senza regole e in mano ai predatori con meno scrupoli qui non si sono verificati. Il secondo è che gli imprenditori che volevano comunque approfittare delle possibilità emerse in termini di economia di mercato non potevano puntare ai gioielli di famiglia (come la fabbrica di trattori MTZ, rimasta in mani pubbliche), ma dovevano inventarsi qualcosa di nuovo; in particolar modo nei settori informatici e commerciali. Il 51% dell’economia Bielorussia è in mano allo stato; con il risultato che i lavoratori di aziende come la MTZ possono ancora fare affidamento su prestazioni sanitarie (a quanto pare di alta qualità) fornite a titolo gratuito o a prezzi calmierati dai 560 dottori della clinica aziendale, oltre ad avere a disposizione un teatro all’avanguardia e campi estivi che possono ospitare fino a 300 figli dei dipendenti per volta. Lukashenko, fu uno degli unici capi di stato europeo che supportò da sempre la causa della Jamahiriya libica contro l’intervento imperialista del 2011, amico di Muammar Gaddafi, assieme a Chavez (Venezuela) e Mugabe (Zimbabwe) mandò diverse truppe in aiuto del colonnello. Alla morte di Gaddafi criticò la NATO e si rifiutò di riconoscere il governo fantoccio del CNT.

Giovanni Lindo Ferretti nel suo percorso artistico e di vita, lascerà le atmosfere di “1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età,” per trovarsi in posizioni valoriali più vicine al centrodestra, arrivando a dichiarare il suo voto alla coalizione di centrodestra, ed a partecipare alla festa estiva Atreju, organizzata da Giorgia Meloni. Ripensando ai cccp e csi scriverà: «(..) quando decidemmo di usare questo nome ci muoveva la voglia di riportare un po’ di equilibrio in un’Europa sempre più e sempre solo filoamericana. Si badi bene il discorso non è mai politico, se non per conseguenza, è estetico ed etico. Siamo filosovietici non perché siamo di sinistra, (..) ma perché siamo legati all’esperienza umana da interessi che non esistono, non sono contemplati nell’impero americano e quindi piano piano, a volte con disappunto e sempre in maniera imprevedibile come solo le cose vissute realmente possono essere, ci siamo lasciati affascinare dall’impero sovietico.» .

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