Il nuovo DPCM, l’ultimo di una lunga serie, subdolamente toglie ancora spazi di libertà, tolte le possibilità di assembramento, chiusi i bar alle ore 18, ed i ristoranti alle ore 24, vietate attività culturali, congressuali, e convegni, aumentate le pene economiche (e non solo) per chi non indossi la museruola, il tutto nel quasi totale silenzio delle opposizioni, a parte qualche leggero mugugno della leader di Fratelli d’Italia, tutto tace, i vecchi rivoluzionari sembrano arresi, e i giovani paiono più interessati al nuovo gadget inutile da acquistare su Amazon, che ad una rivolta contro chi li rinchiude in casa, impedendone la socializzazione. Ma è davvero così?
Preso atto della quasi totale mancanza di volontà, di spirito d’iniziativa e perfino di dignità, da parte delle vecchie generazioni di rivoluzionari di destra, e di sinistra ormai incapaci di un qualsiasi progetto, notiamo nonostante la censura dei social, il proliferare di movimenti, piccole organizzazioni, siti web, circoli culturali, e case editrici fondati e gestiti da giovani. Non si tratta di attivisti nel senso classico del termine, e neppure le loro ispirazioni ideali sembrano convergere totalmente. Su un punto, però, paiono tutti d’accordo: la necessità di cambiare alla radice il sistema sociale, economico e politico del nostro paese. Tutti i migliori ingegni, gli uomini più onesti, i ricercatori più creativi, i registi e gli scrittori di talento, oltre che un numero impressionante di giovani, fuggono appena possono da un’Italia che sprofonda. Occorre recuperare un’impostazione ideologica, uno “Stile” una unione militante che sia umana prima che Politica, occorre creare una nuova classe dirigente, per farlo occorre aggregare quei giovani (di destra e di sinistra) di cui sopra, affiancarli da quei pochi con i capelli bianchi, che ancora non si solo arresi, e dare vita ad una “Feder-Azione” di gruppi, ognuno con la propria identità culturale, Politica e territoriale, ma uniti nella volontà di scardinare il sistema di potere oggi vigente.
Qualcuno obbietterà che sono troppo pochi, non collegati tra loro e spesso neppure della medesima opinione. Tutto vero, ma con lo scetticismo e il disfattismo non si va da nessuna parte. Occorre concepire una strategia per riorganizzare una seria opposizione al regime. Tra i passi prioritari, convegni e congressi, (per questo il “Regime” sta tentando di vietarli), ma non organizzati estemporaneamente. Essi richiedono una specifica e accurata preparazione, cioè la formazione di una rete di solidarietà fra tutti coloro che si sentono impegnati nella ricerca di uno sbocco ai drammatici problemi del Paese. Se vogliamo che essa funzioni, e che il nostro appello sia preso sul serio, dobbiamo coinvolgere direttamente i nostri interlocutori andandoli a scovare dove sono e invitandoli ad unirsi a noi nella fase preparatoria dei vari eventi. Non è tuttavia necessario postulare un accordo a priori nel merito dei singoli aspetti programmatici e ideologici. Ben vengano le differenze di idee, purché si condivida un intento comune: liberare l’Italia da questo criminale inciucio fra i maggiori centri di potere politico e finanziario e la malavita economica globale che tutto domina. Lo scopo ultimo dovrà essere la riscrittura delle regole. Ben vengano per arginare i divieti della psicopolizia di regime, corsi on line, utilizzo del web per rilanciare contenuti condivisi anche di altri movimenti, enti o associazioni, in linea con le nostre idee, non bisogna aver paura di vederci soffiare uno o due militanti, facciamo sì che in questa prima fase aggregativa conti più il contenuto che il contenitore, utilizziamo editori a noi vicini per la pubblicazione del maggior numero di testi possibili, aiutandoli magari nella distribuzione, gettiamo le basi di una nuova cultura e di un nuovo pensiero dissidente, il tutto senza manie di protagonismo, senza capi o capetti, quelli dovranno emergere dal basso, dovranno essere riconosciuti tali sui campi di battaglia, e non per i Like, per il portafoglio o per pregresse esperienze partitiche. Così facendo potremo avere una speranza di essere ascoltati, altrimenti l’esilio resta l’unica opzione.