L’Occidente declina al tramonto, le masse (tali sono purtroppo) non hanno leader carismatici ma gnomi ovunque stanzino politicamente, manca identificazione popolo-ammiraglio, manca la rotta, le navi hanno al timone mozzi, non leggono le coordinate per l’isola della felicità, procedono a tastoni tra burrasche e timide bonacce, senza una meta che non sia l’immediato, il mare sta cambiando, la notte s’appropinqua e l’alba nuova sorge a est. Affacciati sul ponte sembra di vivere le pagine di “Occidente Estremo, vi racconto il nostro futuro” libro e spettacolo di Federico Rampini, corrispondente dalla Grande Mela, sul suicidio dell’Occidente, un testo premonitore sulla cancellazione della nostra storia, con essa dell’immensa cultura sedimentatasi nei secoli, California dreamin’ del 1965 è solo un vecchio disco graffiato. Il mito americano non affascina più il resto del mondo, certo la Silicon Valley abita le nostre case, promette nuove rivoluzioni virtuali, il metaverso, Wall Street resta il cuore del capitalismo mondiale ma l’ideologia del profitto unico valore autentico, con guerre nel pacchetto, ha prodotto rigetto, risvegliato grandi identità storico-culturali antagoniste in una commedia che avrà ben altri finali da quello scritto a Washington.
La Cina millenaria di Marco Polo, arcana e misteriosa ai nostri occhi, avanza, si espande simile a olio sulla pietra, smarcatasi, da sempre, dal modello politico delle democrazie occidentali, ha conservato un sistema monolitico chiamato con sprezzo autocrazia colla quale abbiamo stretto però remunerativi affari, così pareva, e questa contaminazione ha alimentato l’evoluzione dell’economia gialla, passata dal fallimentare “Grande Balzo in Avanti” di Mao, un genocidio, al modello Singapore esteso da Deng Xiaoping a tutto il Paese col motto: “diventare ricchi è glorioso”. Fu il via alle privatizzazioni rurali, alla libera vendita dei prodotti, alla dismissione dell’industria statale aprendo le porte a investimenti stranieri generando un modello unico: il capitalismo a guida partito comunista. Libertà, democrazia, diritti universali dell’uomo, non si coniugano all’obiettivo unico e primario del presente, fare della Cina la prima potenza mondiale usando con scaltrezza le armi della globalizzazione consegnatele dall’Occidente credendo di far business ma restandone mutilato.
Anche Mad Putin sembrava un orsacchiotto di peluche col quale gigionare nonostante quei rugli inquietanti emessi di quando in quando. Alla vecchia cagna sdentata serviva il gas, realpolitik imponeva la strategia delle tre scimmiette, d’altronde il modello West Coast aveva vinto col crollo del muro berlinese e l’implosione de l’U.R.S.S., il marsupiale era all’angolo, minimalista il suo peso sulla scacchiera del mondo almeno fino al 22 febbraio di quest’anno.
L’Europa, rappresentata, nello spettacolo di Rampini, da musica barocca e melodramma, non ha i Bach, Mozart, Vivaldi, né i nostri Verdi, Rossini, Puccini, ma arrangiatori di spartiti velleitari, composizioni immagine d’un Continente periferico all’occaso. Come sopravviveremo alla metamorfosi storica relata al risveglio e affermazione anche militare di due grandi potenze, alleate, al cui seguito marciano India, Sud America e Oriente non allineati non dimenticando quel Terzo mondo che occupa un intero Continente, l’Africa che ci sta invadendo con esodo biblico.
La partita è persa? Il vanitoso primato d’Occidente è una chimera, l’economia senza radici profonde nella storia dei popoli è puro mercimonio, volatile quanto la moneta, la debolezza nostra è nei valori cristiani recisi, rifiutati come inutili ostacoli a diritti e guadagno. A noi, di qua dalla riva, per scelta o confinamento, spetta il compito/dovere di seminare fermenti nella massa amorfa perché lieviti riacquistando sapori e profumi perduti, un fervorino romantico? Sia mai, occorrono seminatori caparbi a far nascere il grano dalle pietre.