Finché c’è guerra c’è speranza

 

Finché c’è guerra c’è speranza

1974, Alberto Sordi, che aveva iniziato la propria carriera cinematografica nei film di regime “Scipione L’Africano” di Carmine Gallone del 1937 e Giarabub, di Goffredo Alessandrini del 1942, passa dietro la macchina da presa e dirige un film universalmente riconosciuto come una pietra miliare della commedia (amara) all’italiana, “Finché c’è guerra c’è speranza”. La trama narra le (dis)avventure di Pietro Chiocca, onesto commerciante romano di pompe idrauliche trapiantato a Milano, finito quasi per caso nel ben più lucroso commercio internazionale di armi. Venditore astuto riesce a farsi una posizione internazionale, gira il mondo offrendo i suoi servizi a paesi dilaniati dalle guerre civili. La sua famiglia, può trasferirsi in una lussuosa villa. Tutto pare andare a gonfie vele, finché un giornalista che gli aveva procurato il contatto per la vendita di armi a un movimento di liberazione nazionale africano, ne denuncia l’operato all’opinione pubblica.

Davanti allo sdegno e al disprezzo dei propri familiari sino ad allora all’oscuro della vera professione del congiunto, Chiocca si offre di tornare al suo vecchio e onesto lavoro, ma dopo il superficiale sdegno iniziale, i familiari lo invitano a riprendere l’attività più remunerativa, per non rinunciare al loro altissimo tenore di vita.

Le scene di guerriglia e dei bombardamenti aerei utilizzate nel film sono principalmente filmati di repertorio della guerra in Vietnam. Sordi aveva intenzione di inserire nel film un cameo di Orson Welles, che doveva interpretare il ruolo dell’allora leder del traffico d’armi internazionale, lo statunitense Samuel Cummings fondatore della International Armament Corporation,  una società che era arrivata a dominare il mercato mondiale della vendita di delle armi, il regista lo contattò di persona per chiedergli l’autorizzazione ad usare il suo nome nella pellicola, il controverso imprenditore, chiese in contropartita al fine di un ritorno di immagine, di interpretare egli stesso la parte. (Nel 1958 Cummings vendette 100 fucili ArmaLite AR-10 al dittatore cubano Fulgencio Batista , ma nel 1959 l’intera spedizione fu intercettata nel porto dell’Avana dalle vittoriose forze ribelli di Fidel Castro. Cummings per niente preoccupato scrisse a Castro e gli chiese se avrebbe pagato i fucili o li avrebbe restituiti. Castro pagò i fucili e invitò Cummings a visitare Cuba.) Nel Film di Sordi realtà e finzione si mescolano sino a perdere identità, lo stesso che sta accadendo nel nuovo format televisivo soprannominato “Guerra in Ucraina”.

A pochi giorni dall’inizio delle ostilità i media occidentali hanno diffuse così tante Fake News, che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dovuto prendere la decisione di oscurare tutti i media russi o filorussi che potevano mettere in discussione la narrazione ufficiale. “Russia Today, Sputnik, e le loro filiali, non saranno più in grado di diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Putin”, ha sottolineato von der Leyen.” Intanto Tg1 e Tg2, durante due servizi mandati in onda nelle edizioni del 24 febbraio, mentre l’inviato parla in diretta, compare in schermo quello che dovrebbe essere il filmato di missili russi piovuti sull’Ucraina. Peccato che, come rivelato dal giornalista di “Wired” Simone Fontana, quelle immagini siano tratte dal videogame “War Thunder”. Sempre Fontana smaschera un’altra bufala della stampa italiana, in questo caso il Sole 24 Ore, che nel seguire in live gli scontri in Ucraina aveva mandato in onda le immagini di aerei russi in formazione responsabili di un presunto bombardamento su Kiev,  peccato si trattasse di una immagine di repertorio di una parata militare avvenuta a Mosca nel giugno 2020. La 7 manda in onda un servizio di un’inviata, con giubbetto antiproiettile ed elmetto, mentre dietro vediamo una normale immagine di un cittadina con persone tranquille che si fanno i fatti propri, ed con una anziana signora che va tranquillamente a fare la spesa. Immagini di combattimenti fasulli, un’ esplosione in Cina del 2015 spacciata per attuale (scoperta da striscia la notizia), per non parlare dei servizi sugli eroici combattenti ucraini dell’avamposto sull’isolotto di Zmiiny, o isola dei Serpenti, nel Mar Nero, bombardata da una nave della flotta di Putin, i quali avevano lottato sino alle estreme conseguenze, sacrificato la propria vita per la patria, peccato che secondo il “Guardian”, che cita funzionari ucraini, le 13 guardie di frontiera siano vive e vegete e si siano arresi senza combattere, esattamente come dicevano RussiaToday e Sputnik. Ma del resto non solo la narrazione della guerra è tutta una fiction, (per carità essendo in atto un conflitto è palese che ci siano delle vittime da ambo le parti) ma anche il ”come ci siamo arrivati a questa guerra”,  parte da una finzione.

2015 in una Ucraina divisa dopo i fatti di Odessa e dalla rivendicazione di indipendenza delle Repubbliche Popolari di Doneck (DNR) e  Lugansk (LNR), un giovane comico e produttore (di cartoni animati), rampollo di una ricca famigli di Ebrei aschenaziti, Volodymyr Zelenskyj, produrrà con la sua casa di produzione Kvartal 95,  una fiction tv da titolo “Sluha Narodu”,  (letteralmente, “Servitore del popolo”) in cui lo stesso Zelenskyj interpreta il ruolo di un professore di liceo che viene inaspettatamente eletto presidente dell’Ucraina, in pratica il nostro “Benvenuto Presidente” con Claudio Bisio. La serie sarà distribuita oltre che in Ucraina, in Georgia, Armenia, Moldavia, Kazakistan, Polonia, Lituania, Estonia e Stati Uniti, e risulterà la fiction più popolare dell’Ucraina, con riconoscimenti internazionali, come il primo premio al “World Fest Remi Award” ricevuto negli Stati Uniti nel 2016. “Servitore del popolo” ha debuttato nelle tv ucraine il 16 ottobre 2015, nel marzo 2018 alcuni dipendenti di Kvartal 95 hanno fondato un partito politico con lo stesso nome cavalcando la popolarità che quest’ultimo aveva riscosso.

Il 31 dicembre 2018 Zelenskyj annuncia la propria candidatura per le elezioni presidenziali del marzo successivo, appoggiato dalle frange estreme del movimento Euromaidan che avevano causato il colpo di stato ucraino del 2014, e che aveva portato all’ esautoramento del Presidente filo Russo Viktor Janukovyc. (Secondo la costituzione ucraina quello che è avvenuto nel 2014 sarebbe un vero e proprio colpo di stato in quanto le procedure seguite erano illegali, avendo il parlamento ucraino esautorato il presidente senza seguire la formale procedure di impeachment.).  Durante la Guerra del Donbass ed i relativi massacri da parte Ucraina della popolazione russofona, l’Ebreo Zelenskyj, ha fondato un battaglione di volontari combattenti, non disdegnando di indossare magliette con la svastica, per ingraziarsi le simpatie del gruppo paramilitare pseudonazista Pravyj Sektor, poi integrato nelle forze militari Ucraine.

Nonostante non avesse alcuna esperienza politica, la sua popolarità di comico/Presidente e gli appoggi dell’Occidente, lo porteranno a risultare il candidato più votato, passando dalla fiction alla realtà, e divenendo Presidente dell’Ucraina. Da ricordare nell’analisi degli eventi che dopo la rivoluzione (colpo di stato) di “Euromaidam” finanziata, da Inghilterra e Stati Uniti, Hunter Biden, figlio del futuro presidente degli Stati Uniti Joe, fu assunto dalla Holdings “Burisma”, la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina, come consulente per uno stipendio (iniziale) di 50mila dollari al mese. Tutto trasparente, se non fosse che durante quei mesi Joe Biden allora Vicepresidente di Barack Obama, ha perseguito una politica volta a far riprendere militarmente il possesso da parte dell’Ucraina di quelle zone del Donbass ora divenute Repubbliche, soprattutto la zona di Donetsk, ricca di giacimenti di idrocarburi finiti nel mirino della Burisma Holdings.

Subito dopo l’elezione Zelenskyj ha sciolto il parlamento, indetto nuove elezioni (ampiamente vinte dal suo partito) e fomentato ulteriormente le divisioni etniche all’interno dell’Ucraina. Durante la sua campagna presidenziale, aveva affermato di voler raggiungere l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea e alla NATO entro il 2024, promettendo anche un adeguamento salariale “agli standard Nato” del personale militare e paramilitare.

Aveva proposto un condono fiscale, una flat tax del 5% per favorire investimenti delle grandi imprese internazionali, la liberalizzazione della cannabis, l’aborto gratuito, e la legalizzazione della prostituzione e del gioco d’azzardo. 

L’elezione alla presidenza degli stati uniti d’America di Donald Trump del 2017 costringe Zelensky a rallentare i propri piani, e fingere di accettare Il Protocollo di Minsk, firmato nel 2014 dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR), protocollo peraltro mai rispettato.

Nel dicembre 2020, Joe Biden è il nuovo presidente degli Stati Uniti, in una intervista al New York Times, Zelenskyj accoglie con favore l’esito delle presidenziali: “Joe Biden conosce l’Ucraina meglio del precedente presidente e aiuterà davvero a risolvere la guerra nel Donbass e a porre fine all’occupazione del nostro territorio”. Ricomincia la pulizia etnica con migliaia di morti. Nell’agosto 2021, Zelenskyj si scaglia contro il gasdotto Nord Stream 2. Un gasdotto voluto da Putin ed Angela Merkel ma osteggiato oltre che da Zelenskyj, anche e soprattutto dagli Stati Uniti. Una volta in funzione Nord Stream 2 consentirebbe a Mosca di trasportare verso l’Europa, ulteriori 55 miliardi in metri cubi di gas naturale all’anno, il gasdotto, interamente di proprietà della compagnia energetica russa Gazprom, si estende per 1230 km sotto il Mar Baltico, giungendo direttamente in Germania senza attraversare il territorio Ucraino, togliendo a Zelenskyj (e a Burisma Holdings) la possibilità di intervenire sul percorso per sospendere la fornitura di gas all’Europa e mettere pressione negoziale alla Russia.

Nel settembre 2021, il gasdotto è stato ultimato. Il nuovo governo tedesco succeduto ad Angela Merkel, guidato dal Socialdemocratico Olaf Scholz, è costretto a cedere alle pressioni di Biden, cambiando atteggiamento nei confronti dell’opera, le autorità tedesche sospendono il processo di approvazione. Nel disinteresse generale di tutti i media, le popolazioni del Donbas continuano ad essere massacrate, la casa bianca soffia sul fuoco per costringere la Russia ad intervenire, cosa che come sappiamo farà nella notte del 24 febbraio. Zelenskyj si aspettava in intervento diretto di Stati Uniti ed Europa in sua difesa, ma il “Presidente/Burattino”, costruito nei set cinematografici, ha ormai svolto il proprio compito, favorire l’isolamento diplomatico di Putin, impedire un riavvicinamento Russo-Tedesco e provocare l’attuale escalation militare. Ormai non serve più. L’unico aiuto che l’occidente darà per “fermare la guerra” saranno forniture di armi, quelle convenzionali tanto care a Pietro Chiocca. La manovra statunitense per isolare la Russia pare riuscita, in queste ore sentiamo ripetere dalla narrazione ufficiale, che “la Russia è sempre più isolata”. E’ vero, se si posa lo sguardo solo sugli altri burattini dell’Occidente, ma il mondo per fortuna va oltre l’Occidente. Medio Oriente, America Latina, Africa, Pakistan, India, Corea del Nord e soprattutto Cina, non lasceranno Mosca da sola in questa guerra. Nel 1523 il monaco ortodosso Filofej scriveva della capitale Russa: “Due Rome sono cadute, (Roma e Costantinopoli ) ma la terza resiste e non ve ne sarà una quarta”. 400 anni dopo rispondeva a modo suo Berto Ricci. “L’ anti Roma c’ è, ma non è Mosca. Contro Roma, città dell’anima, sta Chicago, capitale del maiale”.

 

Immagine: https://www.fairplanet.org/

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