Francesco Forgione

 

Francesco Forgione

Il taglio del traguardo avvenne alle 2.30 del 23 settembre 1968, anno nel mito, dopo 81 anni e 120 giorni di corsa, Francesco Forgione (classe 1887) fendeva il nastro d’arrivo nel giardino del Padre, un Dordoni dello spirito consegnava la sua marcia alla leggenda.

Mini autobiografia d’ un episodio rimasto inquietante per alcuni anni, mia madre pellegrina a S. Giovanni Rotondo a incontrare Padre Pio,  lo vide passarle accanto, gettarle uno sguardo lancinante, ne rimase turbata, morì di cancro, quasi alla stessa ora del santo, il 23 settembre di qualche anno dopo.

Che c’entra il Santo di Pietrelcina, si chiederanno redattori e lettori, col pensiero forte, qui politica, economia, finanza, cultura, sono le scatole laiche di  un settimanale contro corrente, ma proprio in questa locuzione divergente da “ ciò che è storto che sembra non si possa raddrizzare” sta il granello di senape di quella rivoluzione conservatrice, Konservative Revolution, coniata da Hugo von Hofmannsthal nel ’27 e rielaborata da Ernest Jünger,  Oswal Spengler, Thomas Mann, Martin Heidegger  (solo per citarne alcuni) fino alla nostra ape di versi Cristina Campo.

Certo non pensiamo minimamente alla purezza discriminante di una razza, chiodo fisso sull’elmo guglielmino, ma al dominium dello spirito sulla carne, questo sì, regalità del sacro sul profano, del tempio sull’agorà chiassosa e ormai virtuale, una blasfemia nell’evo della riduzione, della mancanza di religione, “questo è il grande peccato dell’epoca dell’odio…Le masse…hanno eletto a religione il non voler averne – senza saperlo. “ fu un aforisma acuto di P. P. Pasolini.

I santi dopo lunghi esami (non finiscono mai scriveva E. De Filippo) salgono agli altari, entrano nel calendario, si fanno intercessori  di suppliche, una candela arde con l’offerta, un cuoricino d’argento è appeso per grazia ricevuta, devozione popolare per l’ultima spes quando i medici scuotevano il capo e pronunciavano un tempo la frase “solo un miracolo” lasciandoci sul ciglio dell’abisso.

Sempre un tempo venerare i santi non era petular zelanti delle grazie ma mettersi in cammino con loro, studiandone i passi, spiandone le virtù forti di quel coraggio indomito di proseguire, tra mille croci, per il sentiero stretto fin sull’altura, là dove il cielo finalmente bacia la terra.

Nella bisaccia del pellegrino poche cose, nella sua mente l’obiettivo della cima, nel cuore quell’amore libero da confini, dalla pagliuzza di fieno nella bocca, all’infinito leopardiano, stupore del bambino d’essere umile goccia limpida a schiarire l’oceano.

Quel frate cappuccino è divenuto per i tanti progressisti pietra d’inciampo sul binario della freccia rossa lanciata dritta verso un luminoso futuro, uomo del Medioevo franato d’improvviso  sulla condotta, con passeggeri ai finestrini infastiditi dall’imprevista manifestazione di Dio, ma non era morto?, No. Guarda, è dentro un povero saio stretto da un cordone.

Eh già il positivismo scientifico (vero p. Gemelli?), la marcia trionfale della tecnica, baccanale della religione unica nell’evoluzione razionale, illimitata dello status umano debbono fare i conti ancora con l’epifania di un bimbo nato nella città di David, i beati del suo Regno nuotano forte contro corrente, non si distolgono al canto delle sirene, sono folli come bambini, testardi, impertinenti contro l’omologazione.

Gli dei sono tornati in mezzo a noi, eccome, hanno nomi diversi, virtù ecocompatibili e digitali, vizi tutti umani trasformati in diritti e certo un frate contadino ancorato stretto al catechismo di Pio X faceva e fa  scandalo nel ribollir del vino nuovo nel tino della Chiesa aperta al mondo, in soluzione zuccherina con esso.

Papa Ratzingher, assai devoto alla figura di Padre Pio, ebbe a scrivere, era il 2000, nella prefazione al libro Padre Pio, l’Uomo e il Santo:”di fronte ad una cultura, quale quella odierna, che esalta il superfluo e l’effimero, e che trova difficoltà ad avere il senso del bene e del male, Padre Pio aveva un acuto senso del peccato e, in qualche modo, nella pura sequela di Cristo, prendeva su di sé le colpe dei figli di Dio”

Ancora il peccato, ma cos’è? Al massimo un dovere civico mancato, farsi Robin Hood contro l’Agenzia delle Entrate, disobbedire alla differenziata, non avere bancomat, cellulare, App, Spid, non abbracciare la teoria gender, certo nulla a che vedere col vecchio decalogo del Sinai né con quell’amore capace di raddrizzare ciò che è storto con durezza e rigore, potare i rami malati, strappare la gramigna parassita, piegarsi umili alla verità divina ch’è dentro noi e non chissà dove, tutti aiuti severi di S. Pio da Pietrelcina che ci mancano per germogliare buoni frutti ma desideriamo comunque respirare le sue “paradisiache fragranze”, profumi di perenne primavera, segnali di un amico di viaggio.

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