“Gli è tutto sbagliato”

 

“Gli è tutto sbagliato”

“Gli è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”, fu un celebre aforisma di quel toscanaccio di “Ginettaccio” Bartali, amarezza per un ciclismo dopato con la catena spinta dagli sponsor, ingaggi lievitati perché si è professionisti sulle pedivelle, lo sport lasciamolo ai tanti compagnoni spinti dalla passione della bici nei week end-salute, alla conquista come podio d’ una buona trattoria.

Questo rito un po’ somiglia, chissà perché, alle bicchierate tra “vecchi” camerati, fatti e non fatti si srotolano dal mozzo della memoria, un filo che non si spezza, forse avvertiamo il suono del corno di Helm prima della battaglia, sempre pronti contro gli orchi, spinti dall’orgoglio di dire “Presente, eccoci”, nonostante l’età sconsigli la bicicletta del regio battaglione ciclisti volontari che fu di Tommaso Marinetti. Tant’è, con un goliardico chi se ne frega, però la conta è simile a quella dei capelli caduti come fanti, diversi ci sono in spirito nei canti, negli aneddoti, sembriamo apparecchiati a Palazzo Gorgonzola, per nostro stile evochiamo rispettosi i nostri eroi ch’ebbero la Patria nel cuore sposata all’anarchia di Lorenzo Viani, senza monumenti, anzi spesso in galera perché ribelli.

C’era un progetto ormai in archivio, non era quello di latrare a difesa del sistema, una delle tante fake coniate da Botteghe Oscure, la base scapigliata contro corrente alzava la bandiera dei pirati, lo testimoniano i morti ammazzati, i prigionieri soffocati dai teoremi, perseguibili per legge perché “sporchi fascisti”, farli fuori era rinverdire lo spirito della resistenza scudo di criminali impuniti, un alibi per la grande ammucchiata del compromesso storico.  La base ci credeva nella rivoluzione, i vertici nella reazione a difesa del castello, la base nella struttura organica e sociale dello Stato, i vertici nel capitalismo americano con gocce di aspirina sindacale.

Certo non i comandanti delle formazioni antisistema, quelle assenti nel Palazzo eppure terribilmente fastidiosi ai quali sventolare nei tribunali la legge Scelba o peggio gettare la rete dei servizi segreti per catturali e gridare: “Lu pisce spada, Accìdulu, accìdulu”, tanto ammazzare un nero non è reato e sbatterlo in galera un dovere repubblicano.

La rivoluzione non c’è stata, solo squilli di tromba, il ’68 breve (per noi), Reggio, sangue porpora di giovani, scontri, manifestazioni  seguiti da infiniti processi e bocche di lupo, così il progetto è rimasto nei cassetti, mentre la Procura di Milano ghigliottinava i vecchi partiti consociati, escludendo le ali P.C.I. e M.S.I. Sulla riva destra si raccoglieva una pioggia di voti in libertà idem sull’altra sponda, peccato che le bottiglie erano entrambe vuote, di idee, programmi, statisti tanto che un Paride del tubo catodico vinse l’armata rossa di Achille Occhetto. Il resto fino ad oggi è solo storia di capitalismo finanziario, Europa cuscinetto tra titani dei mercati, la Nazione, almeno qui da noi, ridotta a inutile orpello, per questo mandiamo un saluto al duro Cesare Romiti manager di potere a difesa della più grande azienda italiana, il made in Italy delle quattro ruote, ora evaporata di nome e di fatto nel nuovo Continente infilando per le tasse gli zoccoli olandesi. Anche quel capitano non aveva percepito, dicono gli analisti, la burrasca, cambiando rotta verso i porti aperti del capitalismo globale, sì quello che ha un volto coperto simile agli Amanti di R. Magritte.

Anche noi sembriamo fuori tempo, soldati del passato, perché? Perché rifiutiamo di arrenderci, ma proprio questo è il 1° punto del nostro programma, emuli di Onoda Hiroo non nelle foreste di Lubang ma nei verdi, odorosi boschi dell’Italia quella che vogliamo regina non Cenerentola della mezzanotte. E’ il nostro Graal nascosto dentro una gricia, la Dulcinea del Toboso cui leviamo un calice di vino, coscienti che siamo nati contro un sistema ove “gli è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”.

Il disincanto verso lo scorrere delle acque putride del presente ci rende discepoli di Nietzsche ma a Dio piacendo.

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