Spesso mi perdo in elucubrazioni. Chi potrebbero essere gli uomini di riferimento per i giovani di oggi? Quali nomi potremmo fare del recente passato cui ispirarci per stile di vita, per idee, perché ci hanno lasciato qualcosa che valga la pena ricordare? Riusciamo a liberarci anche noi dello schematismo ideologico che troppe volte ci ha impedito di vedere con lucida obbiettività?
Certo, per me, che sono convinto che la guerra del 1945 non è ancora finita e che avrà termine solo quando l’ultimo soldato di occupazione avrà lasciato la terra mia e dei miei padri, è molto difficile perdonare. Ritengo impossibile convincermi che altri debbano detenere in casa mia armi nucleari senza che io abbia alcun potere decisionale o di intervento e sono convinto che chi consente questo abuso sia un traditore e vada processato.
Mi sembra che le cose che vado dicendo siano dei banalissimi luoghi comuni ed invece sono ritenuti concetti esecrati o esecrabili.
Per esempio, prendiamo un personaggio della storia politica recente, Alcide De Gasperi, per i più, è un padre della Patria che ha pilotato la ripresa dell’Italia dopo la guerra “VINTA” ed ha impedito che finissimo sotto il bieco tallone del comunismo.
Basti ricordare che, l’eroe irredentista, Cesare Battisti e Alcide De Gasperi erano quasi coetanei, entrambe parlamentari austroungarici per il Trentino, con la differenza che il primo, nel 1915, si arruolò volontario nell’esercito italiano e combatté fino alla sua cattura da parte degli austriaci, il 10 luglio 1916, e la sua successiva impiccagione il giorno 12; l’altro invece rimase deputato austriaco fino all’annessione del Trentino all’Italia dopo la fine della guerra nel 1918.
Ecco io non posso onorare De Gasperi perché questo per me è e resta opportunismo.
Invece nessuno si ricorda di quella che per me è e resterà una vera Italiana, una vera eroina da additare ad esempio: Maria Pasquinelli. Chi è costei? Si chiederanno i più.
Maria Pasquinelli è un’insegnante italiana che, il 10 febbraio 1947, mentre a Parigi veniva firmato il trattato di pace in base al quale Pola e l’Istria italiane venivano consegnate alla Jugoslavia, si recava davanti al Comando militare britannico di Pola, dove il generale inglese De Winton, massima autorità alleata, si apprestava, davanti a tutte le truppe schierate, a consegnare la città ai titini, e lo uccideva con tre colpi di pistola.
Scrive anche un biglietto di rivendicazione in cui si legge tra l’altro :”Mi ribello, col fermo proposito di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentarli, ai Quattro Grandi i quali, alla Conferenza di Parigi, in oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, hanno deciso di strappare ancora una volta dal grembo materno le terre più sacre d’Italia, condannandole … con la più fredda consapevolezza, che è correità, al giogo jugoslavo, sinonimo per la nostra gente indomabilmente italiana, di morte in foiba, di deportazioni, di esilio.”
Siamo in grado, in questa Italia dove regna l’ipocrisia del buonismo e del femminicidio, del femminismo 2.0 e della sedicente cultura gender, di capire il grande gesto d’amore verso l’Italia di questa donna? Riusciamo a coglierne il significato profondo non dettato dall’odio verso una persona ma dall’amore verso la Patria?
Sono forse questi gli esempi freschi, adamantini su cui ricostruire il senso di appartenenza di un’Italia che si sta perdendo? Proviamoci, dalle piccole provocazioni possono nascere grandi cose.
L’importante è far capire che oltre l’Italia che appare, per fortuna, c’è anche un’Italia vera.