Da lungo tempo/Usi a soffrir, più il peso non sentite/Delle vostre sciagure?[…]
(dal libretto del Guillaume Tell musica di Gioacchino Rossini)
Accadde in questi giorni, 18-19 novembre, l’atto leggendario del ribelle Guglielmo Tell, passava per la piazza della cittadina di Altdorf durante la festa dei pastori, senza far inchino riverente al cappello imperiale issato su un pennone dal balivo Albrecht Gesserl, fu voluta irriverenza all’ordine costituito degli Asburgo. Visto il palese affronto fu arrestato, la pena capitale dal perfido ufficiale fu commutata nell’ordine di scagliare una freccia all’indirizzo d’ una mela posta sul capo del figliolo, destrezza d’eccelso cacciatore, fiero coraggio, scoccò il dardo dalla balestra, il pomo schizzò via in frantumi,”Oh cielo! il sol mio ben salvai”, la vita di Gualtierino aveva sgusciato la morte. Ma la seconda freccia serbata al tiranno, restò senza bersaglio, gli sgherri lo bloccarono, polsi in manette e viaggio verso il carcere di Küssnacht sul lago di Zurigo. Un’evangelica tempesta colse la barca, le impaurite guardie invocarono aiuto a Guglielmo, abile al timone, liberato dai ceppi portò a riva la navicella, ma poi saltato sulla sponda la sospinge con forza nuovamente verso la procella, fu libero così di vendicarsi di Gesserl, lo uccise con un dardo sulla “Via cava”al Gottardo.
Fu quella la scintilla della rivolta popolare contro gli Asburgo, l’inizio della vittoriosa lotta di liberazione della Svizzera dall’occupazione straniera, dicono fosse il 1308.
Gli svizzeri al mondo hanno dato orologi, banche del silenzio e Charles-Édouard Jeanneret-Gris (Le Corbusier, anch’egli smaltatore di orologi) e s’ aggrapparono a una leggenda del XIV secolo perché, che che ne dica Bertolt Brecht, ogni Patria ha un bisogno fottuto d’eroi per cementarsi d’orgoglio nazionale.
Argomentava il mio docente d’Italiano al liceo che nonostante tutto il romanticismo non era affatto sepolto, erano cambiate le sue manifestazioni ma quella calda fiammella ardeva nel cuore di generazioni, testimone di valori eterni trasmessi di padri in figli, staffetta della memoria condivisa.
Guglielmo Tell realmente è esistito? Poco importa, il mito vive in una dimensione altra, archetipo di una coscienza collettiva, inizio e fine dell’esserci stato e del sarà, causa ed effetto di affiliazione a una comunità, medicina del risveglio se essa è caduta in lungo letargo.
Del leggendario Tell scrisse il medico militare Johann Christoph Friedrich von Schiller, icona del Romanticismo tedesco, sua l’opera drammatica Wilhelm Tell del 1804 cui s’ispirò Gioacchino Rossini musicando il Guillaume Tell del 1829, ultima opera del trentasettenne “Mozart italiano”, poi vita privata passando però quel testimone ai nostri primi vagiti di Risorgimento.
I giorni dell’oggi scorrono scanditi dal terrore biologico, istinto primordiale di sopravvivenza, chiusi nei bunker dell’io stretto, stretto, bombardato da un nemico invisibile, mutante, protetti o meno da immunoglobuline, recettori, proteine, vaccinati con tagliando in scadenza da rinnovare con il booster. L’immunità di gregge non esiste, una fake new, una delle tante perché il virus cinese cambia le armi, a questo si aggiungano, permettetemelo, l’imbecillità liberal dei no-tutto, il pollaio dei media coi suoi covid-stars, medici, politici, opinionisti, filosofi e tutto un caravanserraglio di cavalieri dell’Apocalisse, figuri inquietanti sbucati da un vecchio film di I. Bergman, l’insieme è tragicomico ma pressing ai topi a starsene ben chiusi nel buco del muro, pensando bio, non occupandosi d’altro.
Dietro il bellum pandemico è però vero che i tanti Gessler strappano alla democrazia i vestiti, godono nello spogliarla capo dopo capo finché non resti ignuda a voyerismi e sollazzo di tecnocrati lenoni di Patrie puttane. Abbiamo bisogno di eroi mentre in teatro c’è una folla di marionette o peggio di demoni usciti dal romanzo di F. Dostoevskij, di cui abbiamo celebrato il centenario dalla nascita.
“Udite l’empio!ei grida/Che non abbiam più patria,/Che per sempre la fonte è disseccata/Del sangue de’ gagliardi/E pur troppo noi siam vili codardi!/Un popol senza forza/Non produce più eroi/E ai figli son serbate/Le catene che voi pur trascinate […]ai tiranni non mancano schiavi”. Com’è attuale quel rossiniano Guillaume Tell.
Immagine: http://www.sellarepartire.it/