Primo dopoguerra, durante una lezione, all’ “l’Institute of General Semantics,” il suo fondatore il, filosofo e matematico polacco Alfred Korzybski si interruppe prese dalla sua borsa un pacchetto di biscotti avvolto in un foglio bianco e ne offrì agli studenti, dopo che molti avevano mangiato e gradito, Korzybski tolse il foglio bianco mostrando l’etichetta, sulla quale c’era scritto “biscotti per cani”. Gli studenti vedendo il pacchetto rimasero scioccati, alcuni si precipitarono verso i bagni tenendo le mani davanti alle bocca. L’inventore della “Semantica Generale” (GS) voleva dare dimostrazione pratica del fatto che gli esseri umani non si nutrono solo di cibo, ma anche di parole, in pratica è la lingua che determina la nostra visione del mondo. Ciò va a vantaggio di chi voglia operare una ridefinizione del mondo percepito tramite il linguaggio, come superbamente descritto da Orwell nel suo “1984”:
«Fine della Neolingua non era soltanto quello di fornire un mezzo di espressione per la concezione del mondo e per le abitudini mentali (..) ma soprattutto quello di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. (..) Ciò era stato ottenuto in parte mediante l’invenzione di nuove parole, ma soprattutto mediante la soppressione di parole indesiderabili, e l’eliminazione di quei significati eterodossi che potevano essere rimasti (..) Daremo un unico esempio. La parola libero esisteva ancora in Neolingua, ma poteva essere usata solo in frasi come “Questo cane è libero da pulci” ovvero “Questo campo è libero da erbacce”. Ma non poteva essere usata nell’antico significato di “politicamente libero” o “intellettualmente libero” dal momento che la libertà politica e intellettuale non esisteva più”.
Così, chi oggi offre, non biscotti, ma concetti, come “globalizzazione”, “uguaglianza”, “diritti”, “salute pubblica”, “laicità”, o “fake news”, è sicuro che molti apprezzeranno. Se però facessimo cadere il foglio bianco dal metaforico pacchetto che contiene le idee, essi vi leggerebbero altre etichette, distruzione di ogni identità culturale, massificazione, assoggettamento al pensiero unico liberista, imposizioni vaccinali, abolizione dei diritti Sociali, abolizione del concetto di sacro, censura. Il “nuovo ordine mondiale” teorizzato nel nostro continente (e poi allargato a tutto il globo), all’inizio del XX° secolo dall’uomo d’affari Cecil Rhodes attraverso la confraternita “Rhodes Scholarship”, proseguito nel 1922 dall’ “Unione Paneuropea” del filosofo austriaco Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, e consolidato con la nascita, della “Comunità economica europea” nel 1957, con i successivi adeguamenti ed integrazioni fra cui: il trattato di Maastricht del 1992, il trattato di Lisbona del 2007, etc. è uso utilizzare una neolingua, per minare l’identità dei popoli, e quindi andarne a modificare la visione del mondo. Per favorire questo procedimento, abbandonata l’idea di un’unica lingua mondiale, artificiale, ipotizzata dall’ebreo glottoteta polacco Ludwik L. Zamenhof nel 1872 con la creazione dell’ “esperanto”, si è puntato sull’anglicizzazione dei vocaboli e sulla scelta della lingua Inglese come lingua predefinita per divulgazioni tecniche, scientifiche e finanziarie. Di pari passo si sono introdotti nuovi vocaboli, modificati altri e dato nuovi significati a parole di uso comune. In questi giorni “Il Giornale” è entrato in possesso, e prontamente diffuso di un documento interno della commissione Europea intitolato:
“Union Of Equality. European Commission Guidelines for Inclusive Communication.” dove vengono indicati i criteri da adottare per giungere ad un “comunicazione inclusiva”. La prefazione scritta dall’alto Commissario europeo per l’uguaglianza, Helena Dalli del Partito laburista Maltese, cita: «dobbiamo sempre offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti in tutto il nostro materiale indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale». Per farlo la Commissione indica una serie di regole che non solo cancellano convenzioni e parole usate da sempre ma arrivano a riscrivere concetti basilari del linguaggio. Da ora in poi in tutti i documenti ufficiali dell’unione Europea, sarà vietato utilizzare nomi di genere come «operaio/a o poliziotto/a», o usare il pronome maschile come pronome predefinito. Vietato organizzare discussioni con un solo genere rappresentato (solo maschi, o solo femmine), o ancora, vietato utilizzare «Miss o Mrs» (signora o signorina) nelle corrispondenze a meno di previa autorizzazione scritta all’uso da parte del destinatario. Vietato iniziare una conferenza o una qualsiasi arringa con l’espressione «Signori e signore». Il documento si sofferma su ambiti specifici come il mondo gender- Lgbtiq, su temi etnici e razziali e su culture, stili di vita e credenze, con una tabella che indica cosa si può dire e cosa no, basata su una pretesa di regolamentazione totale, creando di fatto una neolingua che non ammetta spontaneità. Una volontà di cancellazione di genere che raggiunge livelli paradossali quando la commissione scrive che bisogna evitare di usare espressioni tipo «il fuoco è la più grande invenzione dell’uomo», in quanto ritenuta discriminante. Sarà vietato usare la parola “colonialismo”, ad esempio usare frasi tipo “colonizzazione di Marte” o simili.
Da oggi nei documenti interni all’unione sarà vietato l’uso della parola “Natale”, ed il riferimento a qualsiasi concetto religioso riferibile al Cristianesimo, vietato anche l’uso di nomi “Cristiani”, viene posto come esempio: “invece di «Maria e Giovanni sono una coppia internazionale», bisognerà dire «Malika e Giulio sono una coppia internazionale». (Ovviamente, nel documento non c’è il minimo riferimento alle ricorrenze e alle festività ebraiche, come lo Yom Ha Shoah o l’Hanukkah, celebrate e venerate dai capi di stato “laici” dell’UE. A Torino il Consiglio d’Istituto del Liceo Cavour, primo in Italia, ha deliberato il divieto nelle comunicazioni ufficiali dell’uso di “aggettivi e sostantivi connotanti”. Al posto di studente o studentessa sarà consentito esclusivamente l’utilizzo di “Student*” con l’asterisco o in alternativa con lo “schwa”, termine grammaticale ebraico (sheva /??’wa/), traducibile con zero o nullo, il cui simbolo è una piccola e rovesciata. Dal vocabolario italiano oltre alla scomparsa di migliaia di vocaboli dovuta all’analfabetismo digitale di ritorno, sono state “bannate” parole di uso comune, a cui è stata data connotazione razzista, omofoba, o dispregiativa, non si può più scrivere nero, o negro, zingaro, omosessuale con le varie varianti dialettali, handicappato etc. presto sarà vietato l’uso delle parole mamma e papà, (o babbo, alla toscana con buona pace di Pinocchio). Da censurare “Natale”, e tutte quelle parole con connotazione religiosa. Nomi propri come Maria o Giovanni, devono essere sostituiti. Anche l’appartenenza politica o religiosa è utilizzata solo come accezione negativa, “Sovranista”, “Populista”, “Fascista”, “Comunista”, sono utilizzate non come identificativi, ma esclusivamente come offese, al pari di Cristiano, o Musulmano, Buddista, etc. sinonimi di “Drogato”, in quanto Marxianamente le religioni sono considerate “l’oppio dei popoli”. Il biscotto di Korzybski, l’abbiamo assaggiato tutti, resta da capire quanti di noi raggiungeranno in tempo un bagno, e quanti tutto sommato lo considerino una sana forma di nutrimento. La “Semantica Generale”, ha influenzato diverse scuole ed organizzazioni, come la Gestalt e la programmazione neuro linguistica. Korzybski ha ispirato scienziati come il premio Nobel per la fisica Percy Williams Bridgman, e lo psichiatra William A.White, oltre a diversi pensatori, artisti e scrittori tra cui Steve Allen, riconosciuto come l’inventore del Talk show, William S. Burroughs, Douglas C. Engelbart pioniere dell’interazione uomo-computer e inventore, del primo mouse e l’ esoterista Ron Hubbard, futuro fondatore di Scientology.
In preparazione alla celebrazione dell’Epifania nella chiesa cattolica ancora si legge uno dei brani più belli e profondi dell’intera letteratura evangelica, l’incipit del vangelo secondo Giovanni, il cosiddetto “prologo giovanneo”. “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Questa pericope, andrebbe letta come fosse un testo poetico, un inno. Il richiamo all’inizio del libro della Genesi è chiaro: «In principio Dio creò i cieli e la terra» ma il “principio” qui è da intendersi in modo radicalmente differente: se, infatti, nel libro della Genesi possiamo leggere l’inizio della creazione, in questo siamo in un tempo anteriore alla creazione. Giovanni afferma che in principio era il “Logos” affermatore della verità, che significa scegliere, raccontare, pensare, “parlare”. La parola resta elemento sacro per ogni cultura. Per l’eliminazione del concetto stesso di sacralità, anche il “verbo” deve cadere, usare parole politicamente scorrette oggi diviene di per se un atto rivoluzionario.