I colori ci parlano: uno sguardo oltre le maglie della nostra coscienza

 

I colori ci parlano: uno sguardo oltre le maglie della nostra coscienza

Le tinte delle nostre schiavitù sono calde, vanno dal giallo, passando per l’arancio, fino al rosso, mentre il bianco rimane solo un seducente miraggio che pur non coincide con la recuperata libertà. Se le menti e le bocche di tutti sono occupate a decifrare i cambiamenti di tali colori con ansia o scoramento, noi qui vorremmo allora cogliere l’occasione per evidenziare come i colori ci parlano in maniera sottile, ma proprio per questo ancor più penetrante, nella vita e soprattutto nell’arte. Sulla loro presenza si sorvola con “istruita facilità”, ma essi sanno attraversare le nostre barriere conscie, rivestono le pareti della psiche, calibrando il tono dei pensieri. Prima della parola fu la visione e prima della forma fu il colore. L’uso simbolico dei colori ha generato il linguaggio dei simboli, la più antica lingua dell’umanità atta a legare assieme l’esprimibile con l’inesprimibile, questo mondo con l’altro mondo.

Oltre trentamila anni prima della nostra era gli uomini seppellivano i corpi in fosse spalmate di ocra rossa, e di rosso erano colorati gli scheletri. Nell’inumazione si utilizzavano anche conchiglie o perle. Il rosso è il sangue, la conchiglia l’acqua. Associati fra loro esprimono il principio vitale, ma anche la rinascita e quindi l’immortalità. Il rosso è inoltre collegato all’elemento femminile – il sangue del mestruo e della deflorazione – ma è anche simbolo della passione e del martirio. Il cuore poi unisce il sangue al fuoco, pertanto manifesta da un lato l’eros, dall’altra lo spirito o, con segno rovesciato, le fiamme della dannazione eterna. Con il bianco e il nero il rosso forma la triade originaria dei colori: le lingue primitive avevano infatti solo questi tre termini per indicare i colori. Se il bianco è facilmente associato alla luce, alla purezza, alla castità, alla dimensione spirituale ma anche a quella intermedia (si vedano ad esempio i bianchi fantasmi), il nero esprime la tenebra, l’oltretomba, il lutto. Entrambi i colori sono testimoni della “discesa agli inferi” che prelude alla rigenerazione dell’anima. Si veda ad esempio il parallelismo con il primo grado di lavorazione alchemico – la Nigredo appunto – a cui fanno seguito l’Albedo e infine la Rubedo. Il carbone e il diamante (la tenebra e la luce più splendente) sono entrambi varianti del Carbonio e differiscono solo per la struttura, per cui il bianco e il nero, al di là della loro contrapposizione, frutto anche di una morale protestante che è si è insinuata ovunque, si fondono in un unico simbolo di totalità.

Si potrebbe qui proseguire la breve analisi simbolica per l’intero spettro cromatico, il cui utilizzo è facilmente riscontrabile nella pittura fin dai suoi albori, come espressione a sé stante di principi superiori. Tuttavia l’era moderna ha visto nascere il cinema, ovvero la combinazione di immagini e suoni in movimento. In verità già agli inizi del 1900, musicisti e pittori, tra cui in special modo Kandinskij, si sforzarono di eliminare la separazione esistente fra la pittura (arte istantanea e statica) e la musica (arte consecutiva che abita il tempo), dando vita a delle cosiddette “orchestrazioni di colore”. Le immagini cinematografiche spostano la valenza cromatica sul piano psichico-cosmico, ma per la loro ineguagliabile potenza espressiva si insinuano nel fondo dell’anima finanche manipolandola e corrompendola: si vedano, fra i tanti esempi, le subdole forme della pubblicità.

I colori caldi sono centrifughi e si muovono in direzione dello spettatore, al contrario quelli freddi e scuri hanno un movimento centripeto, richiamando calma e profondità. Il loro accostamento produce tensione emotiva e spirituale, ma consegna anche equilibrio all’immagine.

Il giallo è il colore del sole e quindi della luce. La sua forza radiante eccita l’occhio. Può esprimere azione, vitalità, la determinazione sessuale della pubertà, frenesia, stravaganza. Ma in chiave negativa può essere associato a gelosia, ossessione, o anche ad un senso di malattia. L’arancione è generalmente associato ad emozioni e toni positivi. È un colore che esprime forza, sicurezza, ma anche amicizia, il tepore familiare. Può però venire usato per veicolare un senso di pericolo, specialmente in paesaggi desolati o claustrofobici. In Apocalypse now, ad esempio, il fumo e le fiamme riempiono spesso l’aria di una nebbia colore arancio, trasmettendo un senso di tossicità, simbolo della sovrapposizione di una cultura (quella americana) su un’altra.

Fra i colori freddi, il verde è un colore piuttosto statico e quindi esprime assenza di movimento, quiete fino a scivolare nella monotonia e nella prigionia. Sempre in negativo si associa anche al pericolo e alla paura. Matrix, ad esempio, ha uno schema colore monocromatico che sfrutta le diverse sfumature di verde. Il mondo di Matrix evidenzia così il senso di noia, l’assenza di vita, una realtà in decomposizione, che comunica allo spettatore una sensazione di malessere. Il verde può però anche segnalare un nuovo inizio per un personaggio, specialmente quando combinato alla natura lussureggiante.

I colori possono venire utilizzati in modo espressivo dando una tonalità al film, o a singole sequenze; possono venire associati a dei luoghi, a dei periodi all’interno della storia, a dei personaggi o ai loro cambiamenti nell’arco narrativo. Possono venire affiancati per analogia o per contrasto. Le combinazioni sono infinite e sono tanto più capaci di elevare l’espressività di un’opera, quanto più sono al servizio di essa e quanto più sono utilizzate con invisibile maestria. L’occhio deve vedere, ma la mente non deve afferrare. Troppi, ahimé, si fermano al contenuto veicolato da un film, mentre questo parla loro su più livelli, tra cui quello cromatico. La loro mente agisce come un setaccio che arresta i grani più spessi, ma lascia filtrare quelli più fini. Ciò che noi pensiamo di controllare è soltanto la forma più grossolana, l’involucro, ma sono proprio le polveri cromatiche e sonore a depositarsi sul fondo della psiche penetrando facilmente le larghe maglie del setaccio della nostra coscienza. Dobbiamo allora divenire più attenti e consapevoli, dobbiamo umiliare la nostra grossolanità, perché la vita non si costruisce solo di chiari concetti e onesti principi, ma essa si sostanzia anche delle mille vibrazioni dei colori, degli odori e dei suoni, i cui simboli danno il passo e il ritmo alle nostre membra, ai nostri pensieri, alle nostre azioni, plasmando le forme del nostro paesaggio interiore, molto più di quanto non crediamo. Dobbiamo posare l’inutile setaccio che illude di proteggerci, e conquistare il coraggio per fare nostre quelle polveri, per inserirci sulla via della Vita piena e divenire finalmente uomini.

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