I miei viaggi. Le mani levate…
I miei viaggi, l’autostop lo zaino in spalla e Riccardo, la Spagna con le strade ‘brulle e rosse’, come le aveva definite Robert Brasillach, il fratello più caro, portando il loro ricordo oltre il plotone d’esecuzione, la Germania Berlino divisa dal muro e ferrigni poliziotti Monaco e Norimberga imperiale Francoforte ove trascorsi circa un anno a confezionare pacchi al Kaufhof e dove corre la memoria illuso e trasognato e, nei pressi di Lipsia, Roecken là dove nacque e vi è sepolto il padre di Zarathustra.
E di Europa altri luoghi altri volti altre avventure… E le battaglie con le mani levate e le braccia tese, bastoni e barricate, i rossi che non fanno paura, gli sbirri grintosi con le camionette i manganelli i lacrimogeni, le notti ad attaccare manifesti, secchio e il manico di scopa, le notti a ragionare d’utopia e respirare aria di rivoluzione fiumi di parole… Visioni – ‘posso essere racchiuso in un guscio di noce e sentirmi un re nello spazio’ – avanti e indietro, tre metri per sei. Ad un tavolino, una gamba traballante, ricoperto da una tovaglia rossa, Emilio Salgari scrive, pressato dagli editori e dai debiti, senza poter correggere e approfondire e riflettere.
Il suo destino è la sua condanna. E scorge, immagini sempre più vivide, i pirati della Malesia guidati da Sandokan, dal portoghese Yanez de Gomera con accesa l’ennesima sigaretta, uomini tutta azione e indomito il cuore (Margherita Sarfatti, l’ebrea Musa di Mussolini, giunto al potere, non li volle fra i precursori del Fascismo perché gettavano un’ombra sinistra sulla missione colonizzatrice dell’uomo bianco. Anticipando la boria di Israele le pretese esclusive su Gerusalemme i mitra contro donne vecchi e bambini armati di sassi).
E scorge, altre vivide immagini, il Mar delle Antille le coste l’isola della Tortuga i perfidi spagnoli gli intrepidi corsari il nero vessillo e i galeoni da depredare. E scorge, sprazzi di vivide immagini, dal Polo Nord ai deserti africani un mondo d’eroi scolpito dalla penna e l’inchiostro (‘gli eroi son tutti giovani e belli’, canta Guccini), leali tutti e generosi e, infine, vittoriosi.
Dei versi della poetessa americana Emily Dickinson, anno 1890. Eccoli: ‘Per l’anima cresciuta in terra ferma – esaltazione è andare – di là dalle dimore e i promontori – immergendosi nell’eternità! – Più di noi, che crescemmo fra montagne, – può forse il navigatore godere – la divina ebbrezza – del primo miglio lontano da terra?’.
Quella divina esaltazione può, dunque, generarsi anche soltanto tramite l’inchiostro che si offre al vento alla tempesta annunciata o, forse, misurando lo spazio ristretto fra le sbarre e i chiavistelli. Chissa? Il mare è capace di esercitare queste suggestioni. ‘E’ sempre possibile arrivare al limite, toccarlo, cambiare direzione e seguirlo, per poi superarlo nel punto in cui si ferma’, traggo dallo scrittore svedese Bjoern Larsson.
Come Salgari, in mare solo una volta con il traghetto in partenza da Brindisi per la Grecia e ritorno. Aprile ’68. Mi cerco un posto riparato. Il più alto, su una panchina in legno, avvolto nella notte – stelle in cielo, scia a poppa – la mente e il cuore a cercare la linea dell’orizzonte per navigare oltre e sempre.
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