Il buonismo della ragione genera mostri

    

Il buonismo della ragione genera mostri

Nonostante le tante chiacchiere in merito al coinvolgimento delle famiglie nell’opera educativa – perenne eco di quei residuati bellici che sono i Decreti Delegati del 1974 – occorre chiarire e rimarcare con forza le differenze tra le due agenzie formative, per dirla in “pedagogese”. Differenze che sono semplici, come in genere le cose di buon senso. La famiglia è il luogo eletto dell’affettività; certo, anche la famiglia conosce le regole della convivenza civile e cerca di insegnare a rispettarle, ma questo rispetto è comunque subordinato all’affettività. Un padre e una madre, infatti, ameranno sempre il figlio anche se questi non dovesse rispettare le regole. Anche la scuola conosce e comprende la sfera dell’affettività, ma la subordina al rispetto delle regole. Il sano distacco che deve esistere tra l’educatore e l’educando – necessario per guardare il processo educativo nella sua globalità e con sguardo intellettivamente critico – serve proprio a subordinare interamente le gratificazioni allo svolgimento del proprio dovere e al rispetto delle regole. Almeno così dovrebbe essere e lo è stato finché famiglia e scuola interagivano integrandosi senza sovrapporsi. Ai nostri tempi, invece, il condizionale è d’obbligo, per il fatto che la stessa istituzione scolastica sta introiettando l’aspetto degenerativo della sfera dell’affettività, potremmo dire una sorta di affettività amorale priva sempre più del contrappeso di una efficace razionalizzazione; con la conseguente, inevitabile, demolizione dell’autorità. Aspetti, del resto, fatti ormai propri e anzi rivendicati con vanto dalla società. In molti docenti si assiste a una vera e propria attiva collaborazione all’opera corrosiva. È il frutto avvelenato del puerocentrismo contemporaneo: il buonismo.

Il tema è molto ampio ed è necessario attraversare tutte le fasi del processo degenerativo per coglierne la genesi. La vulgata puerocentrica ha finito, a lungo andare – perché un suo senso e una sua ragione inizialmente l’aveva anche – per disorientare il processo educativo, scardinandone il movimento. Poiché lo scopo di ogni educazione consiste nello sviluppo e nella crescita, ovvero nel caso del bambino il diventare adulto, il puerocentrismo, come si è detto, non sa più in quale direzione rivolgere la navicella del processo educativo, poiché il suo stesso presupposto non consente di utilizzare la bussola adulta che aveva sempre, nel passato, consentito di navigare con buona sicurezza.  

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