Nelle settimane appena trascorse hanno ottenuto risalto il successo al botteghino del documentario su una nota influencer – presentato perfino alla Mostra del Cinema di Venezia – e l’exploit di vendite del romanzo di una sua “collega” che narra la vicenda personale di un tradimento. Per decenza omettiamo i nomi di entrambe. L’intellighenzia dei critici e dei letterati si è stracciata le vesti – con buona parte di ragione, in verità – tuttavia, senza centrare il problema. All’opposto, si è persino dovuto assistere alle farneticazioni socio-psicologiche di chi sosteneva che, se tali fenomeni avevano ottenuto un così plateale successo, specialmente fra i giovani, era dovuto al fatto che essi intercettavano un loro bisogno e per questo fatto, andavano meglio analizzati per proporre a loro volta una risposta adeguata. Tali figure destano infinitamente più imbarazzo che non le protagoniste del sopracitato successo. Questi fatti, tuttavia, non sono certo gli unici e nemmeno i primi, è bene rimarcarlo, ma noi li prendiamo volentieri come segno per portare lo sguardo un po’ più lontano, là dove la malattia si è insediata nel corpo e medici davvero poco saggi le hanno permesso di proliferare.
L’uomo non è più in grado di rapportarsi al Bello, il che si traduce in assoluta incapacità di riconoscerlo, apprezzarlo, comprenderlo interiormente, difenderlo e coltivarlo con ogni mezzo e sforzo. Gli esempi di audace bruttezza da cui prende le mosse il presente scritto, non solo, non sono gli unici, ma trovano la loro per nulla anomala collocazione in un universo culturale che ha un solo denominatore: la mediocrità; così come mediocre è l’uomo d’oggi. Non servono sociologismi o psicologismi da quattro soldi per sviscerare il problema.
Un corpo che soffre in una parte, genera malattia prima o poi anche in altri organi. L’erosione dell’ordine tradizionale iniziata con la fine del Medioevo e continuata sino ad oggi ha raggiunto il suo apice nell’attuale caos generalizzato. Nelle civiltà tradizionali l’uomo era inserito in un universo ordinato dove anche le attività meno nobili conservavano il loro precipuo carattere di Mistero. Persino l’analfabeta respirava la verità, perché, ne era letteralmente immerso. Il mondo civile e il cosmo che ancora “parlava ai semplici” erano maestri più che validi. Via via che i secoli correvano verso la loro consumazione tragica, l’Uomo è divenuto sempre più scollegato dal macrocosmo di cui egli è piccola analogia, per divenire oggi un semplice individuo, una monade, a cui poco può fare una religione a cui sono rimasti solo il sentimentalismo e il moralismo, buoni solo per imbellettare le “anime belle”.
Mentre si compiva tale smantellamento dell’universo metafisico che dava senso e compimento alla vita di ogni uomo, la missione educativa non riusciva a cogliere la necessità di restare l’ultimo argine prima della dissoluzione-trasformazione finale.
Fin da quando veniamo al mondo siamo immersi nella bruttezza e nella mediocrità: giochi, libri per l’infanzia, canzoni insulse, programmi televisivi e film. E tutto questo secondo la misura moderna: l’eccesso. Il cammino, allora, inizia dal togliere, dal ripulire, fino quasi a svuotare l’anima da immagini, concetti, consuetudini che ci mantengono in questo orrido piattume. Educare significa distinguere per elevare, depurare i sensi dalle squame che li opprimono e raggiungere la visione naturale delle cose. Veri maestri vanno cercati a tale scopo, e ve ne sono pochissimi! Il senso interno (aisthesis noos) è per l’appunto “estetico” perché supera le corrotte forme mondane per riconoscere le vere forme delle cose, all’interno di una visione unitaria. E mano a mano che il senso interiore cresce e agisce in noi, allora le forme di questo nostro mondo contemporaneo si mostreranno in tutta la loro illusione e assurdità, copie deformi, lontane parenti delle loro immagini naturali.
La Bellezza però ha una caratteristica essenziale: ci sovrasta e ci sgomenta allo stesso tempo. Genera crisi per aprire un varco nel nostro profondo. E di crisi in crisi è fatto il cammino dell’uomo interiore, fino al compimento della serenità spirituale. La Bellezza è una forza che ci sopravanza per staccarci dalla piccola zolla in cui abbiamo piantato i nostri piedi esitanti. Non si lascia comprendere e trattenere dalle gabbie erette da noi moderni, perché supera la dimensione del ragionevole, per vestirsi di Mistero. È proprio il Mistero la vera misura della realtà, di ogni piccola realtà. Il Mistero ci domanda però uno sforzo, lo sforzo di penetrare le cose attraverso lo specchio dell’anima. Noi vorremmo capire tutto e proprio così, invece, non comprendiamo più nulla. In fondo allora, la mediocrità che ci siamo cuciti addosso è la più blanda delle punizioni che ci meritiamo.