Il Generale Parkinson

 

Il Generale Parkinson

Forse fu nell’intervista con cui concludeva il suo essere consapevole nel mondo che si esprimeva di condurre l’ultima battaglia contro ‘il generale Parkinson’. Persa, va da sé. Un morbo degenerativo con un nome tanto simile a un qualsiasi generale USA su un qualsiasi fronte per imporre, dietro le maschere di libertà e democrazia, cuore e mente a forma di salvadanaio. Bruno Lauzi. Con le sue canzoni, fra cui Ritornerai che appartiene, insieme a La notte di Adamo e Lontano, lontano di Luigi Tenco, alla stagione in cui m’illudevo si potesse costruire in due la parola ‘Sempre’. Le cose, va da sé, andarono diversamente. Ed, oggi, il medesimo morbo, lo stesso nemico.

Raccontano gli sciamani, custodi del sapere orale e oracolare, del popolo Navajo – relegato a trascinare l’esistenza nelle riserve (solo Tex Willer, l’Aquila della Notte, ne disegna il suo essere fiero e libero) – come la Via Lattea sia il percorso che, a piedi, intraprendono i morti della loro gente per raggiungere il luogo ove ogni sofferenza e sconfitta cessano e dove potranno vivere – e per sempre – come lo furono prima dell’arrivo dell’uomo bianco dell’invasione e dello sterminio. E fin da adolescente mi trovai a fianco degli ‘indiani’ in compagnia dei sudisti dei tedeschi dei giapponesi e di tutti coloro che indossarono la camicia nera. Fiducioso, con le parole di Josè Antonio che ‘la via più breve fra due punti passa per le stelle’.

La mia stanza, ora, il punto d’arrivo del contingente e premessa della nientità che rende se stessa tanto simile alla voce dell’eterno, capace di farsi udire nel soffio lieve a piegare lo stelo d’erba nel prato. Perchè ‘posso essere racchiuso in un guscio di noce e sentirmi un re nello spazio’, credo sia uno dei personaggi di Shakespeare a pronunciarla. Ero solito annotare un tempo su quadernetti e fogli sparsi ogni frase che mi rendeva una immagine un vago sentire una assonanza come, appunto, ogni fruscio di foglie nella mente inquieta. Così, oggi, qui e ora, come incollare frammenti di memoria e farne un dono o corona di spine. Il Niente e l’Essere, suggeriscono le Upanishad, il Brahma e il più piccolo granello di senape coincidono nel raccogliere la vastità dei mondi e renderli nell’infinitamente piccolo. Drieu aveva una copia aperta sulla scrivania quando andò incontro alla morte ad occhi aperti.                                              

Notte e silenzio. Il giorno è trascorso osservando il cielo grigio, piovoso, un vento di settentrione aspro. Le stelle tardano a mostrarsi, nascoste da nuvole e basse e fitte, ma sono paziente e fiducioso. Un mondo nuovo nascerà da tanta desolazione e viltà e vergogna. Forse non sarò testimone, ma ad altri rinnovare la fierezza e la speranza – come alcuni della mia generazione scelsero per non essere scelti, tra ideali idee di bastoni e barricate. Un lascito, comunque e nonostante tutto.

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