Il mal borghese

 

Il mal borghese

Prima Repubblica, prima che Mario Draghi, ed i suoi compagni di merende si facessero sicari dell’industria italiana, nell’immaginario collettivo, e nelle tv di stato, emergeva la figura del “self made man”, ci mostravano una borghesia, stereotipata, contrapposta ad una classe operaia ancora memore delle battaglie sindacali, degli scontri di piazza, piazza, che si legittimava con i festeggiamenti del primo maggio, che vedeva il metalmeccanico della Fiat, fieramente opposto al “Cummenda” della commedia all’italiana, fiero di indossare la “Tuta Blu” come giusta divisa da contrapporre allo stile borghese. Da sinistra il lavoratore rivendicava la lotta di classe, da destra, la socializzazione, il “ricco” anche quello che si era fatto da solo, veniva visto come diverso, e lungi dall’essere invidiato, veniva studiato per capirne e carpirne, le debolezze umane. Fra i mali criticati, l’ostentazione della ricchezza, la mancanza di empatia, la promiscuità sessuale, sino ad arrivare all’omosessualità, definita “Il Mal Borghese”.

La persecuzione degli omosessuali, completamente assente ad esempio nel Fascismo, nasce soprattutto nei regimi che si rifanno alla lecita lotta di classe. Basta guardare alla Cuba di Castro e Guevara. Nei campi di lavoro forzato (Umap) il Che, tentò la rieducazione di centinaia di internati. Eppure nell’immaginario collettivo è la destra retriva, conservatrice e radicale la protagonista delle crociate contro le minoranze sessuali. Nel 1949, Palmiro Togliatti, espellerà il grande poeta e filosofo Pier Paolo Pasolini dal PCI di cui era segretario di sezione per “manifesta omosessualità”. 

Primo maggio 2021 festa dei lavoratori, i “Cummenda” non ci sono più, non ci sono più le tute blu, solo piazze semideserte per paura di un virus il ritirata.  Federico Leonardo Lucia in arte Fedez, si ritaglia l’ennesimo momento di notorietà. Dal palco dell’Auditorium Parco della Musica, arringherà alla folla su temi a lui cari, censura, “fascismo” e omosessualità. Fedez sale sul palco alle 21, ci parla del tentativo (fallito) di censura da parte dei vertici Rai, e imbastisce un monologo sul tanto discusso Ddl Zan, disegno di legge, che porta il cognome di Alessandro Zan 48 anni, attivista per i diritti lgbt, presidente della sezione Veneto dell’associazione Arcigay e attualmente parlamentare eletto alla Camera tra le file del Partito democratico. Il documento avrebbe l’obiettivo di combattere ogni tipo di discriminazione, per farlo si proporrebbero: “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere etc “. Nello specifico si prevedono aggravanti per i crimini d’odio e le discriminazioni contro donne, omosessuali e transessuali, teoricamente niente da eccepire, ma nella sua attuale formulazione il testo se approvato, aprirebbe la strada a interpretazioni difformi, fuorvianti, e liberticide. Tra i punti più problematici vi è il comma d dell’articolo 1, secondo cui “per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Questa norma cancellerebbe il dualismo uomo-donna a vantaggio di un’autopercezione individuale. C’è poi il problema della sovrapposizione terminologica tra sesso e genere: è solo il primo, secondo la nostra costituzione, a essere parametro per l’assegnazione dei diritti. Altro nodo da sciogliere, quello dell’articolo 1, comma a, cioè la proposta di reclusione fino a un anno e mezzo, per   chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione, senza però chiarire in che cosa debbano consistere queste condotte.

Un esempio, gran parte del mondo Lgbt si batte per il matrimonio omosessuale, ritenendo discriminatori gli ordinamenti giuridici, come il nostro, che non lo prevedono, il solo dirsi contrari o dubbiosi, su questi temi porterebbe dritti al carcere, instaurando un vero e proprio reato di opinione. Fedez, prima di diventare paladino di questa battaglia, sulla tematica omosessualità, ci aveva giocato, con testi di brani come “Tutto il Contrario”, del 2011  e Faccio Brutto, del 2013, testi che all’indomani dell’attuazione del DDL potrebbero portare il tatuato direttamente a San Vittore.

Federico Leonardo Lucia, nasce a Milano il 15 ottobre 1989, in una famiglia originaria di Castel Lagopesole, in provincia di Potenza, che vanta tra i suoi avi la figura del brigante Ninco Nanco Arrivato al successo grazie alla musica, (o meglio, utilizzando l’espediente musica per arrivare al successo),  insieme alla moglie Chiara Ferragni regge una fiorente attività imprenditoriale, nel campo pubblicitario legato alle multinazionali statunitensi che hanno perimetrato il web all’interno dei grandi recinti dei social network. È di fatto un capitano d’industria, incarna il grande borghese di oggi, l’uomo di potere neocapitalista, con il cuore nella Silicon Valley e il portafogli a Wall Street. Fedez ha avuto partita facile contro i mediocri funzionari della tv di stato, perchè non ha bisogno di una tv, né tantomeno di uno stato, ha un suo pubblico, coltivato bypassando l’Italia, Usa Instagram e Youtube per veicolare il suo messaggio, se vuole fare qualcosa di televisivo può farlo su Amazon Prime, tutte aziende americane che non subiscono ricatti dalla politica italiana, ma che la ricattano. In un paese dove ormai viene censurata qualsiasi opinione non organica al politicamente corretto, si parla di censura, per sponsorizzare una legge censoria. Il testimonial pubblicitario di Amazon, il profeta che dà smalto al neocapitalismo iper-consumista, prende a bersaglio la TV generalista e la politica. perchè entrambe retaggio di un passato da far dimenticare, lo fa nel giorno dei lavoratori, ma non si rivolge ai dipendenti malpagati, schiavizzati, senza neppure il diritto di espletare le funzioni corporali del gigante di Seattle, quelli chiedono diritti “Sociali”, brutta parola, meglio quelli “Civili”, i poveri, sono ingrati, pure “Fascisti”.

Nel 2019 sulla pagina Deliverance Milano, fattorini e riders di UberEats, Deliveroo, Just Eat, Glovo e Social Food, pubblicarono i nomi dei Vip più tirchi della città della Madonnina, fra questi Fedez e Chiara Ferragni, colpevoli di non aver mai elargito nemmeno un centesimo di mancia, sulla pubblicazione dei nomi il nostro dichiarò: “Una lista di proscrizione pubblica (..) puzza di fascio.” Citare nomi e cognomi di pericolosi “Omofobi” da un microfono avrà sicuramente un altro odore. Pier Paolo Pasolini, cacciato dal Pc per le proprie preferenze sessuali, capi prima di tutti, che consumismo ed edonismo, avrebbero disintegrato il concetto di lotta di classe,  la sua ultima poesia prima del triste epilogo, “Saluto e Augurio” la dedicò ad un giovane Fascista, chiedendogli di preservare i valori della terra, della fede e della famiglia tradizionale contro il “Progresso”, quello decantato da Fedez,  non ho dubbi su quale fronte della barricata si posizionerebbe oggi.

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