Il murale di Belgrado

 

Il murale di Belgrado

In questi giorni mi è capitato di leggere le alterne fortune di un murale affisso nel quartiere residenziale di Vracar a Belgrado. Murale contestato da una parte degli abitanti, fatto oggetto di lancio di uova o di vernice bianca e controllato da agenti in borghese a sua salvaguardia. È un omaggio al generale Ratko Mladic, già a capo delle milizie serbo-bosniache durante il conflitto nella ex Jugoslavia (1992-1995), e più noto come il boia di Srebrenica, località ove fu applicata la pulizia etnica sugli abitanti di religione mussulmana.

Spiccatogli un mandato di cattura dall’ONU per il genocidio, per sedici anni visse da latitante e, infine, consegnato al Tribunale dell’Aia che nel 2017 lo condannò all’ergastolo. In Serbia, dunque, secondo l’articolista vi sono ancora suoi estimatori protetti ad alto livello che ne curano la memoria mentre una parte della popolazione ne vorrebbe la rimozione.

L’articolo, del politicamente corretto suo autore, trancia aggettivi per stabilire ragioni e torti, chi sono i buoni e chi i cattivi. Ricordo l’inizio di quel conflitto – ero a Gorizia in commissione esami di maturità – e ho assistito in diretta allo scontro a ridosso del confine quando uomini della milizia slovena, con i bazooka, liquidarono un paio di carri armati dell’ancora esercito jugoslavo (credo di averlo raccontato in Strade d’Europa). Salvo il lettore da una narrazione ripetitiva o, oramai, consegnata al tempo che scorre…                               

Nell’articolo, citando le due giovani attiviste che hanno lanciato le uova e sono state fermate dalla polizia, l’autore ricordava come l’episodio fosse avvenuto il giorno 9 di novembre, giornata mondiale contro il fascismo (confesso la mia ignoranza in merito e non me ne dolgo). Così, ancora una volta, il fascismo torna prepotente a indicare, senza appello, il cattivo di turno. E fa la fortuna di chi ne scrive in lettori e in vendite.

Basta entrare in libreria o andare sui siti di acquisto libri on-line per rendersi conto di quanto appunto convenga volgersi al mondo della ‘camicia nera’ e dintorni (lo sa bene, ad esempio, una delle ultime iniziate. Sgradevole d’aspetto e di voce). Oserei dire – e lo dico – che senza il fascismo troppi orfani e disoccupati. Ciò che, però, si possa aggiungere è che non vi sarebbero tanti lettori, che sono in calo nel complesso e, di conseguenza, ulteriore titolo di merito.

Non so se è stata tentata una indagine – sociologhi, psicologi e perditempo abituali, modello cartomanti e fattucchiere… – che dimostrino la presenza di un esercito in camicia nera (Italia) o bruna (Germania) o verde (Romania) o azzurra (Spagna) a secondo la tipologia storica i referenti estetici e culturali le simpatie verso figure carismatiche.

Come i tentacoli di una piovra, si dirà dalla genia di storici d’accatto. Proposta (in)decente: sarebbe opportuno fare revisione della giornata mondiale contro il fascismo del 9 novembre e stabilirne una nuova e a favore, magari il 28 ottobre ché prossimo è il centenario…                                

Da parte nostra abbiamo risolto e da lunga data: ‘immenso e rosso’, ‘poesia del XX secolo’, per usare le felici espressioni del nostro fratello più caro o, referenti della nostra inveterata vanità, come abbiamo scritto nelle prime righe di Spirito ribelle: il Fascismo è stile di vita.

 

 

Immagine: //it.euronews.com/

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