Il nuovo latinorum di usurai e banchieri

 

Il nuovo latinorum di usurai e banchieri

“Sapete voi quanti siano gl’impedimenti dirimenti?”

“Che vuol ch’io sappia d’impedimenti?”

Error, conditio, votum, cognatio, crimen,

Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,

Si sis affinis …”

cominciava don Abbondio, contando sulla punta delle dita.

“Si piglia gioco di me?” interruppe il giovine. “Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?

“Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa.”

 È senza dubbio uno dei passi più famosi de “I promessi sposi” e, nonostante sia stato scritto nella prima metà dell’‘800 e si riferisca a un periodo storico anteriore di ben due secoli rispetto alla stesura, non smette mai di essere attuale.

Sì, perché purtroppo è cambiato ben poco: sono rimasti i padroni e i servi, gli sfruttatori e gli sfruttati, il ceto dominante che si prende gioco del popolo che non sa o a cui si fa credere di non sapere o, peggio ancora, di non essere in grado, di non aver le capacità di sapere, di apprendere, di conoscere.

È la sensazione che prova ogni comune cittadino quando legge un giornale di regime o si siede a guardare alla televisione uno dei tanti programmi “politicamente corretti” organici al sistema: sì, perché dall’inizio di questa interminabile crisi economica, che attanaglia le nostre vite di cittadini “laici” dal 2008, abbiamo dovuto cominciare a fare i conti con una nuova “religione”, amministrata da tanti nuovi Don Abbondio, sacerdoti del latinorum del XXI secolo.

Se non si fosse ancora capito, stiamo parlando del nuovo Verbum, quello dell’economia finanziaria, che, invece di essersi fatto carne, come quello delle Scritture, si nutre delle nostre carni, del nostro sangue, delle nostre vite. Quante volte abbiamo letto o abbiamo sentito ripetere come un mantra dai vari Don Abbondio, amici di speculatori e usurai dell’alta finanza, che sarebbero i nuovi Don Rodrigo, le parole spread, bund e BTP, rating, competitività, flessibilità, deficit, PIL, bail-in, tassi d’interesse, credibilità, mobilità, “rassicurare i mercati”, ecc.? Quante volte ci siamo sentiti come Renzo di fronte all’utilizzo di questo lessico? Per non parlare poi della formula, ormai divenuta rituale, “Fino a oggi abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”, in riferimento alla situazione economica della nostra Italia, al fine di giustificare e dare legittimità alle politiche “lacrime e sangue” portate avanti dai vari bravi di Don Rodrigo che ci hanno governato in questi anni. Parole, espressioni, che, da un campo tecnico-specialistico, sono state introdotte prepotentemente nelle nostre vite, per raggirarci, come fa Don Abbondio con Renzo, per non farci intromettere in affari che apparentemente non ci riguardano perché non ne abbiamo le competenze, ma in nome delle quali si stanno mandando a morte interi popoli, perché i profitti e gli interessi di pochi, usurai in giacca e cravatta e lupi di borsa, valgono più delle nostre vite.

Abbiamo tutto insomma: pochi Don Rodrigo che comandano, i bravi che eseguono gli ordini, i Don Abbondio che ci affabulano con il loro latinorum e una quantità smisurata di Renzo che cercano di difendersi come possono dalle soperchierie dei potenti.

A tutti questi Renzo bisogna dar voce prima che sia troppo tardi, prima che usurai e banchieri, per citare Le Goff, si prendano la borsa, ormai praticamente vuota, e la vita.

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