Il ponte di Tiberio

 

Il ponte di Tiberio

Con il trascorrere degli anni ho perso nella memoria il suo nome. Poco conta, del resto. Adolescente io, in cerca di quel ‘camerata Richard’ con cui riprendere, fianco a fianco il cammino di un’altra Europa; lui alto e robusto, gli occhi chiari e sinceri, i capelli cortissimi e grigi, cortese nei modi, attento nei gesti, con un italiano ricco di citazioni classiche. Vicino di sdraia, avanti a noi l’Adriatico, l’altoparlante notizie e la voce di Gino Paoli in Sapore di sale. Ed io, curioso e forse indiscreto gli chiesi come avesse perduto la mano sinistra e parte dell’avambraccio.

‘Im Krieg…’. Sul fronte russo, lungo la riva del Don. Una mina. Esplosa, pur se attutita dalla spessa coltre di neve, mentre tentava di disinnescarla. Ufficiale del genio. Una vampata, un bruciore intenso, la carne lacerata, il sangue. Un ospedaletto da campo, le prime medicazioni, il rientro in Germania, la protesi e, nella fame disperata di uomini da inviare a combattere, spedito nell’autunno del ’43 in Italia, a comandare un plotone di guastatori – ‘della tua età’ – prima nei pressi di Firenze – ‘a rendere omaggio al divino Dante’ – poi in Romagna. A Rimini. Ora tornato in vacanza. La città più bombardata con 396 incursioni aeree e navali. Danneggiato lo stesso Tempio Malatestiano (Pound vi dedicò uno dei due Cantos direttamente scritti in italiano e dove si narra di una giovanetta che porta dei soldati canadesi fra le macerie su un campo minato per saltare in aria con loro – ‘Ma che ragazza! – che ragazze, – portan’ il nero!). Secondo le stime oltre l’80% degli edifici furono distrutti o danneggiati. Fra il 25 agosto e la fine di settembre del ’44 furiosi combattimenti ebbero luogo sulle colline dell’entroterra, in particolare presso il paesino di Coriano. Un cimitero nei pressi di Riccione ricorda i soldati greci (114 le salme inumate) lì caduti tra l’8 e il 9 settembre; sulla strada di San Marino uno dedicato ai soldati nepalesi, resi famosi per l’uso del coltello ricurvo, della brigata Gurkha (790 le tombe).                                       

Suo compito far saltare tutti i ponti per rallentare l’entrata degli alleati in una città resa spettrale con le truppe germaniche in ritirata. E l’impressione provata di girare con una camionetta, ultima e unica presenza, lungo i cumuli di macerie. Furono collocate cariche esplosive anche sotto l’antico ponte romano, noto con il nome dell’imperatore Tiberio, ma l’esplosione lo sollevò senza farlo crollare – ‘Roma aeterna’ -, sorrise citando Tibullo (io rimango convinto che non fu tanto la dea Fortuna ad intervenire ma la sua sola mano a compiere il miracolo). Gli alleati vi passarono sopra con i loro pesanti cingolati. Annotazione storica: gli uomini della resistenza avevano avvertito i comandi alleati dell’evacuazione, ma diffidando loro continuarono a bombardare per altri due giorni. E la dice lunga sulla credibilità di certi tronfi eroi del giorno dopo…

L’attrazione verso la Germania, quella ‘che non si può non amare’ parafrasando un noto articolo di Benedetto Croce, nasce sulla spiaggia e non fu soltanto frutto acerbo di quelle ondate ormonali che le giovani turiste del Nord suscitavano…                                                                                                       

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