Il segno dei tempi

 

Il segno dei tempi

Uno strano destino quello dell’Italia oggi. Ma perché parlo di Italia? cos’è l’Italia per me, per gli altri, per tutti?

Oggi siamo tutti felici, urliamo, cantiamo, sventoliamo tricolori, ci sentiamo patrioti: ieri sera ci siamo conquistata la finale degli europei di calcio. Tra un inginocchiamento e l’altro, i razzisti si scusano per essere stati razzisti, mentre i non razzisti si scusano per non esserlo stati, anzi noi, che razzisti non siamo mai stati e, per questo, non ci inginocchiamo, veniamo accusati dai razzisti, che si sono inginocchiati, di essere razzisti perché non ci siamo inginocchiati. Sembra un gioco di parole, ma è una cosa molto idiota, indice dei tempi assurdi in cui viviamo e della cui inesistente normalità ci vogliono convincere.

Eppure siamo in lutto; tutto questo accade nonostante siamo in lutto; un lutto profondo: è morta Raffaella Carrà, una “soubrette”, probabilmente brava, che per anni ha animato le giornate televisive degli Italiani. Le televisioni, pubbliche e private, la ricordano con frequenti omaggi, con continue riproposizioni di vecchi spettacoli, il comune di Roma ha addirittura messo a disposizione il Campidoglio per la camera ardente.

E’ un altro segno dei tempi. Questi tempi moderni che mettono in discussione tutti i cardini della vita sociale e della natura stessa in nome del piacere e del compiacere se stessi, definendo tutto questo, libertà, riuscendo a rendere odiosa anche questa parola.

Invece passa sotto un silenzio assordante la notizia del rientro in Italia dei nostri soldati impegnati in Afghanistan. Non una fanfara ad accoglierli, non un ministro di questa inesistente repubblica, neanche un sottosegretario, ma nemmeno un usciere o un bidello. Nessuna autorità neanche minima, nessuna folla plaudente, né imprecante. Sono rientrati come una scolaresca di ritorno da una gita, come se tutto fosse stato normale. Ci siamo dimenticati, nel chiasso assordante degli europei di calcio e nel cordoglio per la morte di una ballerina che cantava, degli oltre 50 nostri giovani morti e degli oltre 700 feriti, per una guerra che non ci appartiene e per cui non avevamo e non abbiamo alcun interesse.

Anche questo è un drammatico esempio di un’Italia che non esiste; non un manifestante per protestare per i nostri giovani e le nostre risorse sprecante per interessi imperialistici di terzi, neanche i soliti pacifisti d’accatto sono scesi in campo, a riprova di quanto siano strumentali e pilotate le loro proteste; nessuna forza politica, neanche quelle che si dicono di opposizione, ha chiesto ragione e conto delle vite sprecate e delle risorse buttate senza alcun interesse, né diretto, né indiretto, della nostra comunità nazionale.

Rimane una profonda amarezza nel vedere cosa tutto questo significhi: non siamo più una nazione, siamo semplicemente una colonia al servizio di potenze egoistiche che perseguono, con il nostro sangue e le nostre forze, i loro interessi. E’ la prima forma di schiavitù, potenziata e tutelata dalle sedicenti forze politiche, ormai educate tutte alla logica servile dell’8 settembre.

Nessun dissenso, tutto è accettato nel nome del “tiriamo a campare”.

Ma io non ce l’ho con il popolo ignaro e bue; ce l’ho con la scuola che non insegna più i valori profondi della nostra comunità; ce l’ho con i giornalisti ed i “media” che non suscitano l’entusiasmo verso la difesa dell’interesse comune; ce l’ho con tutti quei cialtroni che si dicono politici e che antepongono l’interesse personale a quello del nostro popolo e si mettono al servizio delle altre nazioni creando enormi danni all’Italia; ce l’ho con gli alti comandi militari completamente privi di qualsiasi legame con l’Italia.

Eppure il nostro popolo ha ancora grandi slanci verso l’Italia, la nostra cultura, la nostra storia, mal orientato, anzi deviato dalle indicazioni interessate di tutti i mestatori e traditori che conducono la nostra nazione. Dobbiamo liberarcene, dobbiamo punirli.

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