Il senso dell’orrore

 

Il senso dell’orrore

M’è tornato a mente lo straordinario, unico monologo sul senso dell’orrore di cui si fa interprete, straordinario, Marlon Brando nel film Apocalypse now. Sono andato a riascoltarlo e trascriverne alcuni dei passi più significativi. ‘Io ho visto degli orrori… Ma non avete il diritto di giudicarmi… L’orrore, l’orrore ha un volto e bisogna essere amici dell’orrore.

L’orrore e il terrore morale ci sono amici. In caso contrario allora diventano nemici da temere. Sono i veri nemici’. E a conclusione – quanta eco emerge di Nietzsche e di quanta forza per porci al di là del bene e del male -. ’Bisogna avere uomini con un senso morale, ma che allo stesso tempo siano capaci di utilizzare i loro primordiali istinti di uccidere senza emozioni, senza passione, senza discernimento… senza discernimento. Perché è l’intenzione di giudicare che ci sconfigge’. (In questi giorni di aprile dove lo starnazzare delle rievocazioni storiche si accanisce su cosa vuol dire ‘anti’ e impone tabelle di proscrizione – a distanza ormai di quasi ottanta anni – mentre tace sul sangue che fu versato da chi, fedele all’Idea al suo Capo e all’Onore, inerme e illuso consegnava le armi).

Nietzsche ammoniva ci metteva in allarme come dentro e fuori di noi si nascondesse una tigre pronta a sbranarci a sbranare – in fondo il monologo di Marlon Brando non si esauriva all’interno della guerra del Vietnam, così estranea dalla geografia degli occhi e pur così coinvolgente nella geografia delle idee in armi.

Ben oltre le letture di un Cavalcare la tigre e dintorni. Ben oltre i bastoni le barricate gli slogan cattivi e urlati a muso duro in piazza. Ben oltre ogni nevrosi rivoluzionaria e sognata come se fosse un tassello di un immaginario e planetario gioco di Risiko. Cosa, dunque, ci richiama ci strattona ci tenta, insomma ‘è’? (Dell’orrore di Apocalypse now memoria di Luciano Luberti nel cortile del secondo braccio, Regina Coeli, forse ne scriverò in altra circostanza).

Il linguaggio del corpo, liberato… da lacci e confini e contrapposizioni. Tu ed io da soli a guardarci come in uno specchio. ‘Bin ich da? Mi riconosci?’, una fotografia. ‘La vita mi ha dato tanto amore’, confidava alle mie alunne l’ausiliaria Giovanna Deiana, resa cieca appena sedicenne sotto uno dei primi bombardamenti inglesi su Verona, a cui anonimi sciacalli, ormai a guerra finita, avevano assassinato il fratellino Aldo, ‘i miei occhi’, mascotte della Brigata Nera.

Tutta l’esistenza di uomini di donne che avevano scelto con un gesto disperato e folle, dunque di autentico amore, di andare là dove la sconfitta era questione di mesi di giorni di ore, ‘dalla parte sbagliata’, in quelle orbite vuote si raccoglieva viveva si ritrovava.

Il corpo esangue del giovanetto gettato nell’Adige; la lamiera contorta trascinata contro una grata là all’Openstrasse… E le parole sul senso dell’orrore, anch’esso disperato e folle, nella jungla del sud-est asiatico. Moneta lanciata in aria – destino ineluttabile o gioco del tempo e del caso – e che, ricadendo, mostra una delle due facce, senza un perché. In fondo, tanto simile a un gesto di amore.

 

 

Immagine: https://www.lombardiabeniculturali.it/

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