ILVA: l’Italia massacrata

 

ILVA: l’Italia massacrata

“Dilettanti allo sbaraglio” è stata una delle definizioni meno offensive nei riguardi del governo Conte, Di Maio e Zingaretti, da me provocatoriamente definito governo Renzi, dal nome di chi li controlla e li gestisce a suo piacere.

La definizione sembra “azzeccata”, ma lo è solo nella prima parte perché ad essere sbaragliati non sono i “dilettanti” ma gli Italiani e l’Italia tutta, che si sta coprendo di ridicolo e si sta giocando quello che rimane della sua capacità industriale.

L’ILVA non è solo una fonte di veleni trascurata per decenni, sin dai tempi in cui si chiamava ITALSIDER, bastano pochi accorgimenti, sicuramente costosi, e la situazione ambientale si può facilmente risolvere (Non si capisce perché non si è fatto prima).

Forse il maggior danno ambientale è stato fatto proprio quando si è scelto il sito dove collocare l’acciaieria, in una zona di Taranto molto bella con masserie, uliveti e una costa con spiagge pulite.

Io, da piccolo andavo a mare da quelle parti e mi divertivo tanto perché c’era un piccolo fiume, il Tara, e a me piaceva buttarmi nelle gelide e limpide acque del fiume e farmi trascinare dalla corrente fin dentro le tiepide acque del mare dai colori stupendi.

Tutto questo è finito da quelle parti ma Taranto aveva bisogno di quell’enorme stabilimento che ha tolto tanta gente dai campi, che davano ottimi prodotti ma con scarsa rimuneratività, grazie alle scellerate politiche agricole dell’epoca. Fu una grande festa per Taranto, ma per l’Italia tutta.

Non possiamo dimenticare però che l’Ilva rappresenta 1,5 punti del già striminzito PIL nazionale, né che dà lavoro, stipendio e possibilità di una vita dignitosa a 20.000 famiglie, che ha commesse significative sul territorio nazionale che, se gli altiforni chiudessero, dovrebbero essere dirottate all’estero con evidente aggravio dei costi dei prodotti finali, che potrebbero andare fuori mercato. Tutto questo senza considerare l’enorme indotto che una fabbrica di quelle dimensioni porta con sé.

…E il nostro baldo Presidente del Consiglio ha avuto la faccia tosta di andare a Taranto ed incontrare le maestranze per dire che non sapeva che pesci prendere. La conseguenza di questa dichiarazione poteva essere solo una: DIMETTERSI. Infatti se a casa nostra viene un idraulico che davanti al nostro problema dice che non sa come risolverlo, noi lo mandiamo via. La stessa cosa dovrebbe, a maggior ragione, valere per il Presidente del Consiglio, per di più pugliese. Ma ormai la dignità del ruolo è una chimera (Cose di altri tempi!!!).

Accanto all’insipienza, l’incapacità e l’incoscienza della classe politica, però mi ha colpito la pressoché totale assenza del sindacato che continua a non capire la gravità del problema.

Negli anni 70 per una storia profondamente etica andammo a Reggio Calabria per aiutare un popolo ferito nella sua dignità per la sottrazione politica del capoluogo, oggi, se avessi 20 anni di meno, andrei nella mia Taranto per aiutare i miei concittadini a non essere scippati della loro unica risorsa, che tra l’altro è un ‘eccellenza nel mondo, ma per adeguarla alle necessità ambientali affinché nessuno abbia a soffrire per non aver preso accorgimenti utili per la vita e la salute pubblica.

L’ILVA serve a Taranto, ma serve anche a tutta l’Italia e serve inoltre all’Europa che andremo a costruire. Per questo deve restare in vita e deve rimanere italiana.

Voler chiudere l’ILVA vuol dire che usare il termine “dilettanti”, come abbiamo fatto all’inizio è troppo poco, questi sono soltanto dei TRADITORI.

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