Ismi

 

Ismi

Fra pochi giorni ricorrerà il 25 aprile, complice il Covid 19 gli Italiani per una volta non scenderanno in piazza con le bandiere rosse, ed i mega concerti con la versione Italiana di “Koilen” melodia yiddish divenuta “Bella Ciao” da tutti ritenuta inno della resistenza Italiana al Nazi-Fascismo. In realtà ai tempi della guerra la sua diffusione era limitatissima, e nota solo in alcuni reparti combattenti di Reggio e del modenese.

Dopo la “Liberazione”, venne cantata, tradotta e diffusa in tutto il mondo grazie alle delegazioni partecipanti al primo festival mondiale della gioventù democratica che si tenne a Praga nell’estate 1947, dove per l’Italia parteciparono alla rassegna canora “Canzoni Mondiali per la Gioventù” giovani partigiani emiliani. Il 25 Aprile del 1945 Sandro Pertini invita i “Partigiani” a porre agli “occupanti” tedeschi ed agli Italiani aderenti al legittimo governo della Repubblica Sociale Italiana l’Ultimatum, “arrendersi o perire”. Ultimatum che portò la morte di migliaia di belligeranti, e migliaia di civili innocenti caduti senza colpa alcuna nei rastrellamenti Tedeschi figli di quella decisione.

Sandro Pertini diverrà il presidente della repubblica più amato dagli italiani. Da Presidente della Repubblica appena eletto concesse la grazia (e relativa pensione) al partigiano comunista Mario Toffanin, detto “Giacca” condannato all’ergastolo per il massacro di Porzus, dove furono trucidati senza alcun motivo 17 partigiani cattolici della “Brigata Osoppo”, fra cui Guido Pasolini Fratello del regista Pier Paolo. Storia resa nota soprattutto grazie al bellissimo film “Porzus” diretto nel 1997 dal regista Renzo Martinelli e praticamente censurato tanto che sino a pochissima anni fa ne esisteva solo una videocassetta distribuita da “Il Borghese”. Pertini partecipò commosso al funerale del presidente jugoslavo Tito (1980), il primo responsabile delle foibe, baciando quella bandiera che destava terribili ricordi negli esuli istriani, giuliani e dalmati. Fu il mandante dell’omicidio di Luisa Ferida splendida attrice trentunenne, quando fu uccisa dai partigiani all’Ippodromo di San Siro a Milano assieme al compagno Osvaldo Valenti il 30 aprile 1945 era incinta, accusati di collaborazionismo, nelle dichiarazioni processuali rese da Vero Marozin capo della brigata partigiana che eseguì la loro condanna a morte, si legge: “Pertini si era rifiutato di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva elaborato durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni che avrebbero potuto scagionare i due attori da ogni accusa”, mi telefonò tre volte dicendomi: “Fucilali, e non perdere tempo!”. Fu Pertini più di ogni altro a sostenere la necessità di uccidere Mussolini. Quando nel 1960 il Msi celebrò il suo congresso a Genova, fu Pertini ad accendere il fuoco della rivolta sanguinosa dei portuali della Cgil, e vennero i famigerati “ganci di Genova”, coi quali un governo democratico di centro-destra, a guida Tambroni, fu abbattuto da un’insurrezione violenta nel nome dell’antifascismo.

In questi giorni di “dittatura” sanitaria molti “sovranisti” anche i buona fede, cadendo nella retorica “Anti” (Antifascista e Anticomunista) si preparano a festeggiare dai domiciliari questo 25 aprile con ploclami comparativi con eventi e contenuti che andrebbero storicizzati, e non rinverditi. Salvini definisce i vari decreti Conte «Roba da Unione Sovietica», Giorgia Meloni, rafforza il carico «Benvenuti in Corea del Nord». Da più parti questa immonda unione europea a guida tedesca, e poi olandese, austriaca, finlandese e in generale nordeuropea viene paragonata al terzo reich, la Merkel sovrapposta ad Hitler, si agitano le piazze virtuali ad una nuova resistenza per cacciare nuovamente i Nazifascisti della Ue da una parte, e scongiurare la deriva Comunista dall’Altra, così facendo si ripropone l’errore che ha di fatto ceduto il vecchio continente ai mercati.

La UE non è il Reich, anzi, il reich ne è stato l’esatta antitesi. la Germania negli anni trenta e quaranta guidava con noi italiani, e con il Giappone Imperiale, una coalizione che lottava proprio contro la concezione liberista reazionaria, capitalista ed usurocratica fatta propria dall’ odierna Unione europea. La Germania fu, fra i primi paesi al mondo a liberarsi dal giogo della grande finanza internazionale, ad introdurre politiche economiche e monetarie in grado di farli uscire dalla grande depressione, a raggiungere la piena occupazione. Quando il 30 gennaio 1933 il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori arrivò al potere, la Germania era stata svuotata di ogni sua ricchezza, gran parte degli immobili, delle fabbriche e delle case erano finiti nelle mani delle banche private. Il crollo della produzione industriale era stato del 60%. La disoccupazione aveva raggiunto il 40% della forza lavoro. I tedeschi erano considerati gli straccioni d’Europa. Un popolo impoverito, ferito nell’orgoglio, sommerso dai debiti di guerra e senza più speranza. In politica economica, il primo grande passo del terzo Reich fu la completa rottura col sistema bancario internazionale, il quale si era arricchito immensamente, con il finanziamento del debito e con l’usura, mettendo in ginocchio l’intero paese. Inutile nascondere che questo atto, fu quello che probabilmente diede l’avvio alla seconda guerra mondiale. Il nuovo governo si mise immediatamente a contrastare la disoccupazione con tutte le forze. Stimolarono l’industria privata con sussidi e sconti fiscali, incentivando la spesa al consumo, fu lanciato un massiccio programma di opere pubbliche che vide la costruzione di autostrade, alloggi, ferrovie, infrastrutture logistiche, canali e idrovie navigabili. Il numero dei senza lavoro fu portato da 6 milioni nel 1933, a 1 milione nel 1936, e il tasso dei disoccupati scese così velocemente che tra il 1937 e il 1938 si giunse alla piena occupazione, dando il via a fenomeni di immigrazione dagli altri paesi, per sopperire alla necessità di manodopera. Durante i primi quattro anni dell’epoca nazionalsocialista, gli utili netti delle grandi imprese quadruplicarono e il reddito manageriale e imprenditoriale aumentò di quasi il 50% i dividendi per gli azionisti di grandi imprese tedesche furono limitati al 6% annuo. Gli utili non divisi venivano investiti in buoni governativi del Reich che davano una resa di annua del 6%. Questa politica ebbe la conseguenza di incoraggiare il reinvestimento degli utili e l’autofinanziamento, quindi di ridurre l’indebitamento con le banche e, più in generale, di diminuire nelle imprese tedesche l’influenza del capitale di terzi. La cultura dell’innovazione tecnologica portò a migliaia di nuove invenzioni e brevetti industriali, molti dei quali fecero la fortuna degli alleati, non appena riuscirono a impossessarsene, a guerra finita. La Germania era dipendente dagli approvvigionamenti agricoli esteri. Ciò generava la necessità di indebitarsi con la finanza internazionale al fine di acquistare la valuta occorrente per pagare le importazioni alimentari. la politica agricola tedesca fu imperniata sulla ricerca dell’autosufficienza alimentare. Nel 1933 vennero approvate nuove leggi che garantivano agli agricoltori un reddito minimo compatibile con gli standard delle altre categorie produttive. I contadini vennero organizzati in Reich Food per produrre non ciò che era più redditizio, ma ciò che era più importante per l’economia Nazionale. Per compensare la perdita di profitto, agli agricoltori veniva garantito il 100% delle vendite e ingenti sussidi alla produzione. La Germania non raggiunse mai la piena autosufficienza alimentare, ma riuscì comunque a eludere la finanza instaurando un sistema di baratto con i paesi produttori di generi alimentari. In sostanza, i tedeschi acquistavano il grano dai paesi produttori, quali ad esempio Venezuela e Argentina, e offrivano in cambio prodotti dell’industria, trasformando una debolezza, qual era la dipendenza agricola, in un volano di straordinaria importanza per l’industria. Per la grande massa dei tedeschi, i salari e le condizioni di lavoro migliorarono costantemente.

Fu l’Italia della repubblica di Salò ha puntare sulla socializzazione delle imprese, così come fu l’Unione Sovietica pur con le mostruosità di un regima ha smascherare il Capitalismo Finanziario. Il Fascismo italiano ha avuto diverse anime e diversi nemici dichiarati. Contrariamente a quanto si possa pensare, il principale fu indubbiamente l’americanismo e non il bolscevismo. Certo, l’anticomunismo era stato un elemento che aveva contribuito all’ascesa del fascismo, ma subito dopo la presa del potere l’atteggiamento del regime divenne articolato, rimanendo attento nel preservare la distinzione tra ideologia comunista e stato sovietico. Nel primo discorso di Benito Mussolini alla Camera dei deputati, nel novembre 1922, quello in cui minacciava di trasformarla in un “bivacco di manipoli”, era anche presente una importante dichiarazione di politica estera: la determinazione a riconoscere de jure la Russia sovietica.

Lungi dà me elevare ad esempi regimi passati, non si può essere ciechi a quei limiti che ne hanno contribuito alla sconfitta, come l’incapacità di riforma economica del sistema sovietico o la miopia pangermanista del Terzo Reich già criticatissima all’epoca da molti nazionalismi europei. Ma continuando a vedere nell’Invasore Americano un Liberarore e negli Eroici Partigiani i “Resistenti” si persevera nella logica neoliberista unica vincitrice di quegli storici conflitti che vedevano comunque la guerra del sangue contro l’Oro. Dai Compagni e dai Camerati và tratta una sintesi propedeutica ad una Quarta Teoria Politica, per farlo ci vuole un nuovo linguaggio, chi continua ad aggettivare gli “Ismi” solo al negativo si rende complice del nemico.

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