L’affare Sinclair


 

L’affare Sinclair

Reggello, nei pressi di Firenze, una anonima giornata toscana del dopoguerra, un anziano invalido, Antonio Piron, ritrova in aperta campagna un tubo di stufa sigillato, al suo interno un documento particolare, non si tratta dell’incipit di un nuovo romanzo di Dan Brown, ma non per questo la narrazione deve apparire meno misteriosa. In quel tubo potrebbe esserci la prova dell’ennesima narrazione addomesticata ad uso dei vincitori. Il documento è un articolo comparso anonimo sulla rivista “Echi e Commenti” del 5 giugno 1924, contenente riferimenti, ad uno scandalo dell’epoca, il caso Sinclair, articolo vergato a mano su carta intestata camera dei deputati, e a firma Giacomo Matteotti.

A parlare per primo di questo documento è stato Matteo Matteotti figlio del deputato socialista nella sua pubblicazione del 1985, “Quei vent’anni. Dal fascismo all’Italia che cambia”, edito da Rusconi. Matteo Matteotti ci narra di come venne in possesso di questo documento direttamente dalle mani del signor Piron nel marzo del 1978, da questo ed altri testi trae le proprie conclusioni: “L’assassinio di Giacomo Matteotti non fu un delitto politico, ma affaristico, dietro c’era uno scandalo di petrolio e la longa manus della corona. Ma andiamo per ordine. Nell’autunno del 1942, Aimone di Savoia Duca d’Aosta, raccontò a un gruppo di ufficiali che nel 1924 Matteotti si recò in Inghilterra dove fu ricevuto, come massone d’alto grado, dalla loggia The Unicorn and the Lion. E venne casualmente a sapere che in un certo ufficio della Sinclair, ditta americana associata all’Anglo Persian Oil, la futura British Petroleum, esistevano due scritture private. Dalla prima risultava che Vittorio Emanuele III, dal 1921, era entrato nel registro degli azionisti senza sborsare nemmeno una lira; dalla seconda risultava l’impegno del Re a mantenere il più possibile ignorati i giacimenti di idrocarburi presenti in Italia, nel Fezzan tripolino, e in altre zone del retroterra libico. In data 4 maggio 1924, viene promulgato il Regio decreto n. 677, nel quale l’articolo primo afferma: “E’ approvata e resa esecutiva la convenzione stipulata nella forma di atto pubblico, numero di repertorio 285, in data 29 aprile 1924, fra il ministero dell’economia nazionale e la Sinclair Exploration Company”. Nel 1924, dopo l’uccisione di mio padre, rivela Matteo Matteotti, i giornali, parlarono della denuncia che avrebbe dovuto essere portata da Giacomo Matteotti davanti alla Camera, riferendosi in particolare ad un dossier, contenuto nella sua cartella il giorno dell’omicidio che riguardava appunto, l’affare Sinclair.

A sostegno della tesi che il mandante dell’omicidio non fu Mussolini, anche Renzo De Felice, nel suo libro “Mussolini il fascista” pubblicato da Einaudi, cita 2 documenti, un rapporto “riservatissimo” di polizia per De Bono, nel quale si affermava che Turati sarebbe stato in possesso di copia dei documenti sulla Sinclair posseduti da Matteotti, e dove si precisa, che Filippo Filippelli del “Corriere Italiano” aveva contribuito all’uccisione dell’esponente socialista. Il secondo documento, un rapporto dell’ambasciata tedesca a Roma inviato a Berlino in data 10 settembre 1924, che parla di tali documenti. Secondo una ricostruzione avanzata da M.M. ai primi di giugno a De Bono si sarebbe presentato un informatore con una notizia preziosa, Matteotti aveva un dossier sulle collusioni tra il Re e la Sinclair. De Bono saltando Finzi, allora sottosegretario agli interni interpellò il fido Filippelli che a sua volta chiese ad Amerigo Dumini di organizzare la spedizione punitiva contro Matteotti. Mussolini ne venne al corrente solo due giorni dopo.

Benito Mussolini non aveva alcun interesse a fare uccidere Matteotti, fin dal 1922, subito dopo la marcia su Roma tentò di riavvicinarsi ai socialisti. Il 7 giugno 1924 pronunciò un discorso che era un appello alla collaborazione rivolto proprio ai socialisti, convinto di poter ricevere l’appoggio dei social-riformisti, D’Aragona e Turati. Lo stesso Pietro Nenni, nel 1929, affermò che quello era stato un delitto affaristico. Secondo lo storico Giorgio Spini: “Emilio De Bono venne a sapere, in qualità di capo della polizia, che Matteotti era in possesso di questi documenti compromettenti per il Re e che li portava sempre con sé in una borsa. De Bono volò da Vittorio Emanuele III a raccontargli la cosa e i due si accordarono sulla necessità di sopprimere Matteotti, e di asportare dalla sua borsa i famigerati documenti. L’8 giugno 1924 De Bono convinse Dumini ad eseguire tutto ciò, mediante una somma di denaro, e due giorni dopo Matteotti fu rapito ed assassinato. Né si sentì più parlare dei documenti riguardanti il patto fra il Re e la Sinclair”. Parte della stampa di regime ventilò l’ipotesi che Matteotti fosse stato ucciso da Filippelli, e la banda che ruotava intorno al “Corriere Italiano”. Fra gli altri nomi che vennero fatti, v’era quello dell’Onorevole Guido Jung. Jung era stato in America nel 1922, come esperto finanziario dell’ambasciata italiana a Washington, fu poi denunciato durante l’affare Matteotti, come complice dell’intrallazzo Sinclair. Un altro nome che venne fuori fu quello di un giornalista avvezzo ad avere mano in ogni specie di loschi affari, Filippo Naldi, direttore del Resto del Carlino e fondatore de: “Il Tempo”, che era entrato da poco in possesso di un importante pacchetto azionario del Corriere Italiano. Vorrei aggiungere una curiosa nota a margine. Nell’autunno 1943, quando Vittorio Emanuele III scappò a Brindisi insieme con Badoglio, ricomparve al suo fianco Filippo Naldi, Il Re e Badoglio erano nei guai perché avevano bisogno di mostrare agli Alleati di avere un qualche supporto politico, laddove i partiti del c.l.n. si rifiutavano di avere a che fare con loro. Avevano bisogno di mettere insieme una parvenza di governo, venne fuori un insieme di personaggi talmente oscuri che non si osò dare loro il titolo di ministri, e quindi ebbero solo quello di sottosegretari. Ma uno di loro aveva un nome ben noto, Guido Jung, cacciato dal governo nel 1938 in quanto ebreo, poté tornare a galla nella seducente veste di vittima del fascismo.

2019, secondo studi geologici, sotto il mare Ionio a sud della Puglia, fra il “tacco” di Santa Maria di Leuca e l’isola greca di Corfù dovrebbe trovarsi un immenso giacimento di metano denominato Fortuna Prospect. La compagnia estrattiva Global Med aveva chiesto al ministero dello Sviluppo Economico di poter cercare il giacimento di qua dal confine italiano, la risposta? “Non è il modello di sviluppo che vogliamo” La Grecia invece ha concesso a Total, Edison e Elpa il permesso di trivellare appena di là dal confine. I giacimenti di gas non seguono le linee disegnate dai confini umani, e il giacimento Fortuna Prospect si disinteressa se, là sopra, gli uomini dicono che una parte è Italia e l’altra è Grecia. Come in un bicchiere di granita, la Grecia sorbirà il metano del giacimento italiano che l’Italia non vuole sfruttare. 21 marzo 2015 nella località Francese di Caen è stato firmato dai governi italiano e francese un accordo bilaterale che riscrive i confini marittimi tra Italia e Francia. Nel testo, per fortuna non ancora ratificato verrebbero scandalosamente sottratti al Mare di Sardegna e al Mar Ligure alcune zone molto pescose e il diritto di sfruttamento di un importante giacimento di idrocarburi recentemente individuato. Harry Ford Sinclair mori da uomo ricco a Pasadena in California, Vittorio Emanuele III° in un estremo ma tardivo tentativo di salvare la monarchia, abdicò a Napoli in favore del figlio Umberto II di Savoia il 9 maggio 1946, circa un mese prima del referendum istituzionale. morì il 28 dicembre 1947 ad Alessandria d’Egitto dove, con il titolo di «Conte di Pollenzo», si era ritirato in esilio prima della consultazione referendaria. Matteotti è divenuta vittima eccellente della dittatura Fascista, Naldi Jung e Filippelli hanno subito l’oblio della storia, ma l’accordo segreto che stava dietro alla morte dello statista socialista pare essere sempre attuale.

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