L’eredità di Roma

 

L’eredità di Roma

La patria del pensiero forte, l’Heimat dei valori che cementano una società e sono portatori sani di civiltà è stata certamente Roma. Roma infatti volle creare un nuovo tipo umano che incarnasse i valori della sua tradizione e legò il suo stesso destino al civis romanus, pronunciato con fierezza e orgoglio dentro e al di fuori dei confini dell’impero. L’Urbs seppe creare, fin dal suo mito di fondazione, una riserva di valori religiosi ed etici disponibili nella vita politica come in guerra come nella vita famigliare.

In primis la forza al servizio della giustizia, ideale quintessenzialmente romano, reso possibile dalla forte carica religiosa che investe ogni momento della vita individuale, come collettiva, romana. False e americaneggianti le rappresentazioni di Roma come di un universo laico, dove la sacralità della figura imperiale costituiva soltanto un collante politico per i popoli dell’impero, in una visione da imperialismo rapace, piuttosto tipica del mondo anglosassone. Certo, il movente politico è presente, come sempre, nelle civiltà tradizionali, ma l’imperatore è davvero figura sacra in quanto incarnazione di un’idea religiosa, come era quella di impero per i romani.

Non si credeva tanto che davvero gli imperatori defunti si trasformassero in divinità, e tante satire dell’epoca ce lo dimostrano, quanto piuttosto che Roma fosse realtà sacra, che investe di sacralità chiunque la rappresenti e nella misura in cui la rappresenta. L’uomo romano è infatti maiores religiosissimi homines, dove la religione consiste nell’osservanza delle norme che regolano i rapporti tra l’uomo e il sacro e permettono al rex di essere anche pontifex. La religiosità è garanzia che i modelli di comportamento non sono arbitrari, ma derivano dall’alto, da principi archetipici. Famiglia, diritto, potere politico poggiano saldamente sulla coscienza del sacro: tutte le attività umane e l’etica sono fondate inseparabilmente sulla religio, nel suo significato letterale di legare l’uomo alla trascendenza.

La stessa nascita umana era fondata sulla religione, visto che ci si considerava nati non al momento dell’uscita dell’utero materno, ma quando il padre, o un parente maschio, elevava il neonato al cielo in ideale offerta alla dea Levana, protettrice dei neonati riconosciuti dal padre e il cui nome indica appunto l’atto di levare al cielo il bambino. Significativa la cerimonia dell’atto, con la levatrice che poneva ai piedi del padre il neonato: questi lo raccoglieva e lo sollevava in alto, in segno di accettazione. La breve e privata cerimonia indicava che il bambino veniva sottratto all’elemento terrigno (tollere liberum) ed elevato al cielo, alla dimensione uranica alla quale, d’ora in poi, sarebbe appartenuto.

Vedremo come questa restituzione al cielo costituisca l’ubi consistam della vita politica romana, che proprio per questo elemento religioso è indistinguibile da quella civile e persino privata.

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