Si è visto come la pietas costituisca l’ideale del cittadino romano e come essa vada intesa, soprattutto nel momento del conflitto e dello scontro. Ma, naturalmente, la pietas è anche quella del contadino che pianta giovani arbusti ben sapendo che non li vedrà mai alberi o dell’anziano che con la parola, l’esempio e il consiglio esercita la sua influenza sulla famiglia e sullo Stato; pietas è senso della continuità e condivisione anche di ciò che non ci riguarderà direttamente alla fine del percorso terreno, ma di cui saremo comunque parte in quanto elementi non transeunti di un destino di comunità.
SPQR non è solo una formula giuridica a Roma, quanto un vero e proprio manifesto di una visione del mondo, dell’unione della tradizione con l’energia vitale della stirpe. Il Senato aveva infatti il compito di conservare il mos maiorum, ossia la tradizione romana, indice di stabilità, consolidata da una lunga esperienza e opposta all’innovazione arbitraria e priva di saggezza. Non si tratta di misoneismo, quanto piuttosto della saggezza di progredire festina lente, tenendo ben presente che non si possono recidere le radici e quindi il vero sviluppo è verso l’alto e non un semplice cambiamento di stato in luogo.
In questo senso, Roma è in opposizione alla degenerazione della modernità, dove la noia e l’inconsapevolezza di appartenere a una storia generano un ingenuo entusiasmo per tutto ciò che costituisce una novità. La narrazione politica dei nostri giorni è infatti tutta un abbondare di novità: una nuova classe politica, una nuova repubblica, un nuovo programma in cui il vecchio va rottamato. Solo troppo tardi ci si accorge che questa nuova classe politica è semplicemente improvvisata e impreparata, che la nuova repubblica è solo un paravento di vecchi interessi e che il nuovo programma rimarrà solo sulla carta; e allora nasce l’errore uguale e contrario di diventare laudator temporis acti e rimpiangere il passato in quanto tale.
Roma ha insegnato che l’evoluzione è bene accetta solo se non rovina il tessuto sociale, se non mette in pericolo i fondamenti di una tradizione che va conservata perché costituisce il porto sicuro da cui partire e a cui tornare. Tradizione che nel senso romano non ha nulla di statico e immoto; è significativo, del resto, che al termine traditio i romani preferivano il più concreto mos che indica uno stile di vita, un modo d’essere e d’agire. E i maiores non sono idolo da venerare, ma rappresentano la sfida a raggiungere la grandezza e la nobiltà d’animo.