L’errore razziale

 

L’errore razziale

11 settembre 2018: l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle  Bachelet, annuncia che saranno inviati in Italia degli osservatori per monitorare sulla tutela dei diritti umani dei Migranti. L’iniziativa, pare motivata soprattutto dal veto del  governo  all’ingresso di navi di soccorso delle Ong”.

Ma esiste un’allarme razzismo in Italia? 

1968, anno della contestazione, anno di valle Giulia, del sogno infranto di una rivolta generazionale contro “il Sistema”, nelle radio a valvole delle sedi Comuniste, e Missine, suonava fra le altre una canzone di Fausto Leali, “Pittore, ti voglio parlare, mentre dipingi un altare..ed’ una cosa ti prego..fammi un angelo negro…”

Era l’epoca del politicamente scorretto; la teoria rivoluzionaria si trasformava il prassi, si dibatteva su tutto, Nazione, Europa, anche di razzismo, problema marginale, ma che oggi pare divenuto prioritario; si studiava Evola ed i suoi libri, tra cui Sintesi e dottrina della razza, ma ad  Evola il razzismo non piaceva, non credeva nella  teoria dell’eredità eugenetica. La razza non era percepita come un problema.

Giorgio Vale, militante di Terza Posizione e dei Nuclei Armati Rivoluzionari, freddato dalle forze dell’ordine nel maggio 1982 era di origine Eritrea, a “La Nazione Europea” diretta da Claudio Mutti,  collaborava perfino il capo delle Pantere Nere Stokeley Carmichael.

Oggi sui social e sulla stampa, Xenofobi e Xenofili si danno battaglia, i primi attribuendo ai migranti trasportati dalle navi Negriere delle ong, tutte le colpe del mondo, e vai a post razzisti solo sulla base del colore della pelle, o su un credo religioso monoteista diverso dal nostro, ( al terzo del “Popolo del Libro” invece tutto pare concesso). I secondi dipingono qualsiasi uomo di colore come l’angioletto negro di Fausto Leali, non importa se ruba, stupra, spaccia, è completamente avulso dalle regole e dalle leggi, anzi, le leggi si cambiano a misura d’uomo (nero).  

Il caso Bachelet riapre una diatriba tra chi vuole le frontiere aperte e chi no, diatriba legittima, ma con una connotazione sbagliata, il motivo del contendere non deve essere, se si tratti di migranti economici, o profughi fuggiti da una guerra, si tratta del diritto alla difesa dei propri confini, e del proprio stile di vita. L’accoglienza tout cour di una certa sinistra è irrazionale, oltre che dannosa, il rigetto di una certa destra rasenta la schizofrenia, quando magari ci si dice Filopalestinesi o filo Siriani da una parte, e nello stesso tempo si pubblicano post contro l’islam,  si canta ” non passa lo straniero”, criticando  il kebabbaro, ed i negozi di Cinesi,  e poi si pranza da Mc.Donald e si arreda casa all’Ikea.

Bisogna avere il coraggio di ribadire che la battaglia di oggi, non deve essere fra bianchi e neri, cattolici o mussulmani, destra e sinistra, ma fra i Popoli ed il “Capitale” inteso nell’accezione negativa del termine. Kemi Saba attivista nero e predicatore anti-imperialista dirà: “Il mio sogno è quello di vedere i bianchi , i neri, gli arabi e gli asiatici che si organizzano per difendere la propria identità.”

L’aiuto umanitario, andrebbe concesso a donne, vecchi e bambini, non ad uomini in età d’arme, che di fatto disertano le loro responsabilità. Il distinguo non deve basarsi sul colore della pelle, ma tra chi, bianco o nero, ama e combatte per il suo paese, e chi “fugge, si perde il senso di appartenenza.

Se il processo migratorio non sarà invertito, sarà la fine dell’Italia, forse non degli Italiani, perchè come ebbe a dire Indro Montanelli, “Per gli Italiani un futuro “uniformato” sarà un futuro brillantissimo…gli Italiani saranno i meglio qualificati per entrare in un calderone multinazionale, perchè non hanno resistenza Nazionale, in Europa saremo i migliori sarti…i migliori direttori d’albergo, i migliori cuochi,..nei Mestieri Servili, noi siamo Imbattibili”

 

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