L’ideologia liberista: un mostro [3]

 

L’ideologia liberista: un mostro [3]

Ma il liberismo non è solo un mostro come ideologia è anche aberrante come dottrina economica. Infatti come si fa a lasciare libera e senza regole, se non le leggi del mercato, la competizione economica?

Le leggi del mercato sono quelle della domanda e dell’offerta, più un bene è richiesto e più costa, più costa e meno viene richiesto e su queste basi si realizza l’equilibrio del mercato. Se, però, non vi sono controlli, questa banalissima legge può diventare un assurdo boomerang.

Potremmo fare infiniti esempi per dimostrare l’ assurdità di abbandonare il mercato alla sua autoregolamentazione: dobbiamo forse ricordare che il primo elemento di distinzione tra l’uomo e gli altri esseri animati è proprio la sua capacità creativa, la sua possibilità di intervenire sull’ambiente e sulla natura per creare condizioni di vita socialmente più accettabili?

Come visto, le leggi di mercato, se non controllate e regolate da normative precise che solo uno stato, degno di questo nome, può porre, sono aberranti e diventano addirittura mostruose se si vogliono far assurgere, come si sta facendo in questi anni, a regolatore dei rapporti tra gli uomini ed a misuratore del valore degli uomini e degli stati.

La società in cui viviamo, l’insoddisfazione latente che è in ognuno di noi, le aberrazioni e gli orrori che quotidianamente ci vengono propinati dall’informazione, la fragilità delle leggi, compresa quella morale, che ci privano della sicurezza prima interiore e poi materiale, il trionfo del pensiero debole, il pensiero senza riferimenti e senza parametri oggettivi, sono il frutto di questa criminale dottrina imperante, osannata da tutti per la sua radice linguistica che ha in se il senso della libertà ma che è lo strumento della più bieca oppressione degli uomini, sia dal punto di vista materiale che dal punto di vista spirituale.

E’ criminale pensare che una dottrina economica, che ha già tanti limiti e ambiguità anche nel proprio campo di applicazione, possa diventare l’unico principio regolatore dei rapporti tra gli uomini, tra le comunità, tra gli stati.

Gli uomini sono altro, ma se la società, le famiglie, o ciò che ne resta, la scuola, i media, la chiesa stessa, sanno valutare persone e cose solo in base alla loro utilità economica ed al numero, rimangono ben poche speranze per l’umanità di liberarsi da questi assurdi legacci.

Noi, però, che crediamo nelle capacità creative dell’uomo, nei suoi profondi ed intrinsechi valori spirituali, nella continua e perpetua ciclicità della storia, siamo convinti che tutto questo marasma stia per finire e già vediamo in “nuce” i primi germi del risveglio. La potenza creativa dei giovani, la spasmodica ricerca, anche se in modo incerto e senza riferimenti, di un mondo diverso, la propensione spontanea e senza compensi verso il volontariato, la fuga sistematica da questa realtà priva di slanci, di vocazioni ideali e di principi, la crisi etica, culturale, politica, sociale, economica e monetaria, ci fanno sperare in una nuova classe dirigente che sappia rintuzzare ciò che esiste e ridare idee, progetti ed alternative alla putrescente società in cui viviamo.

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