L’inverno della democrazia: conclusioni
Le riflessioni sulla democrazia di Hermet consentono di concludere che i mezzi per rendere di nuovo attraente la democrazia rappresentativa al consumo sono ormai dileguati, come gli alti tassi di astensionismo, sempre crescenti, stanno a dimostrare. La politica ha ormai eroso tutto il residuo di fiducia che poteva un tempo ispirare, mentre le speranze di un futuro migliore alla prossima tornata elettorale sono fatte proprie solo dai politici, per chiare ragioni di interesse, e dai media embedded, che già sarebbero da tempo scomparsi dalle edicole senza i sovvenzionamenti governativi. Si è cercato di sostituire il concetto stesso di governo con quello di governance, ovvero un modello di gestione più efficace, in grado di affrontare le crisi e le sfide globali sempre più complesse: il governo dei tecnici, in altre parole. Gli effetti disastrosi li stiamo ancora sperimentando e non solo per quanto riguarda quel poco che restava di democratico nel sistema, ma anche in quegli aspetti appunto tecnici di cui dovevano essere esperti. La governance tecnocratica, di cui qualcuno sente ancora nostalgia, consiste in un governo di cooptati privi di qualsivoglia legittimazione, che devono il potere unicamente al fatto di porsi al servizio delle grandi agenzie internazionali o dell’economia privata. La democrazia rappresentativa scompare, ridotta a un ruolo residuale, un mero orpello, tanto che pochi capi-partito decidono chi andrà in Parlamento indipendentemente dalla volontà popolare. Un ruolo fondamentale gioca, inutile dirlo, l’Unione europea che già dalla metà degli anni ottanta ha sostituito numerosi termini associati alla democrazia – governo, sovranità, rappresentanza – con un lessico di tipo economico – modello sociale europeo, flessibilità, sussidiarietà, rimozione di vincoli, target – al fine di spezzare la classica gerarchia della gestione degli affari pubblici, per la quale lo Stato occupava una posizione dominante, mentre società e mercato gli erano subordinati. L’obiettivo è quello di superare un modello di cosa pubblica incompatibile con l’economia globale e di indurre le masse a sperare che il sistemi duri, per cui è necessaria una massiccia dose di catastrofismo: il disastro economico se si abbandona l’euro, la ripresa della guerra mondiale senza l’Ue, il ritorno del fascismo e così via. Il che può contribuire a spiegare perché l’unica reazione alla quale assistiamo è quella dell’astensionismo, che rivela certamente il disgusto dinanzi a un’offerta politica insoddisfacente, ma che resta in fondo una risposta puramente passiva che, fatte salve le geremiadi postelettorali, non incide certo sulla formazione di assemblee e governi, che non prevedono una rappresentanza degli astenuti. Ci si avvia così a percepire il principio del popolo sovrano come un termine romantico che le persone presto impareranno a considerare superato, ammesso che già non l’abbiano fatto. Urgono soluzioni diverse.