Nelle innumerevoli vignette del naufrago, costui ci si propone a vegliare in attesa di una nave a soccorso sotto una palma al centro e un cerchio esile di terra. Un novello Robinson, senza il conforto di un Venerdì da educare (a volte l’accompagna – e ne farebbe volentieri a meno – una petulante moglie da sopportare), a strapparci un sorriso tra rebus da risolvere e orizzontali e verticali intrecci di parole. Dalla finestra della stanza e cielo e terrazzi e antenne e le cime degli alberi oltre Porta Metronia. Non l’onda ad infrangersi sullo scoglio o il reiterato andare e ritrarsi sulla spiaggia, in muto ed eterno fluire. Come il tempo lineare che sembra offendere e sommergere e annientare l’attimo del nostro breve esperire, un circolare inizio e fine, il qui e l’ora. Contrapposizione del principio di necessità e di quello della libertà. Forse. O sono entrambi vincitori e i vinti, illusione inganno o arcana verità, sottomessi al medesimo cielo, al disegno altro d’un fato implacabile. Siamo noi, oppositori all’oggi, simili e ridicoli nel naufragio planetario? “Se saprai trattare il Trionfo e la Disfatta come due impostori”, lettera al figlio dello scrittore inglese R. Kipling, cito con memoria non più ferrea.
Racconta il mito come Urano, il cielo, immenso e possente, costringesse Gea, la terra, a sottostare alle sue brame amorose e partorire i Titani. Stanca d’essere da lui posseduta, mise nelle mani del figlio Crono, il tempo, un falcetto e costui evirò il padre al momento del suo approssimarsi e così il cielo, ormai reso impotente, e la terra, priva del seme celeste, furono distanti fra loro).
Due parentesi, una terza d’obbligo. E il bambino stese il braccio puntò il dito e, nella ingenua spontanea immediatezza indicò e gridò gioioso e sorpreso: ‘Il Re è nudo!’. Così narra la favola del sovrano presuntuoso e sciocco e del finto mercante astuto e malandrino. Quanti imbecilli a guardia del Nulla che confondono essere Essere!
Nell’isoletta, spoglia e dove non appare nave all’orizzonte (e poi chi dovrebbe essere o potrebbe portare soccorso, se non in noi stessi la speranza e la fierezza albergare fiammella tenue e pur tenace?), mi interrogo se dispersa in alto mare o partecipe, pur se sconosciuta, di altre isole a formare arcipelago… Sì, ovunque e dappertutto, i ‘proscritti’ si riconoscono si scoprono si fiutano si cercano non possiedono ancora un verbo comune e confuso forse il sogno ad occhi aperti. Eppure essi sanno che essere contro essere in cammino volgere ad altro il cuore e la mente puntare il dito severo e, al contempo, irriverente è già gran cosa. Agli altri, i sedentari e i pigri e i pavidi, il rimanere nella morta gora. Compagni della sera erranti nella notte fratelli all’alba di un giorno a venire. ‘Così fummo; così saremo’.