Parlando ancora di Europa, in particolare di stirpe europea, è impossibile non soffermarsi su alcune interpretazioni ampiamente argomentate, riguardanti l’origine nordica dei miti classici. Sia chiaro fin da subito, che tale trattazione, questa mia in particolare, non ha l’intenzione di glorificare l’uomo nordico-germanico, piuttosto di “unire i puntini” che stanno alla base della linea comune che fa dell’Europa appunto patria di tutti noi, e fa degli europei fratelli di sangue, spirito, cultura e tradizione, in un auspicio di rinnovata unità contro i nemici comuni, e di liberazione dal nichilismo tecno-moderno al quale il totalitarismo del mercato ci ha ormai abituato.
In accordo con i Veda di cui abbiamo accennato nello scorso articolo, i testi sacri scritti in sanscrito dei popoli ariani, gli Achei sarebbero originariamente vissuti sulle coste del Baltico, spostatisi poi lungo il fiume Dnepr, sarebbero arrivati al Mar Nero e al Mar Egeo, fondando così la civiltà micenea (le cui tombe sono ricche di ambra baltica). Assieme ai guerrieri del nord sarebbero giunti i racconti orali e le saghe comuni, trascritte successivamente nell’Iliade e nell’Odissea.
La principale argomentazione in tal senso viene offerta dall’analisi geografica dei due poemi. Tra le varie identificazioni, a noi interessa quella per la quale Itaca coinciderebbe con l’isoletta Lyø, nell’arcipelago di Funen meridionale in Danimarca, che corrisponde per forma e posizione alla descrizione omerica di isola più occidentale dell’arcipelago. Sull’isola in questione è stato identificato tra l’altro un antico “Dolmen”, ovvero una tipica tomba megalitica preistorica, associata alla “pietra del corvo” descritta nell’Odissea presso la casa del porcaro Eumeo. L’arcipelago danese è formato da quattro isole maggiori, nella descrizione omerica esse sono Dulichio, Same e Zacinto; la prima e più grande, non è mai stata identificata in ambito mediterraneo, essa coerentemente con la disposizione geografica suggerita da Omero, corrisponderebbe all’isola di Langeland, il cui nome offre anche un’analogia linguistica non da poco, infatti in greco antico Dulichio dovrebbe significare “isola lunga”. Same sarebbe l’isola di Ærø e Zacinto quella di Tåsinge, nel secondo caso ci sarebbe anche un’assonanza tra i due nomi.
La città di Tebe in Beozia corrisponderebbe alla città svedese di Täby, situata a nord di Stoccolma. Il fatto che a sud di Stoccolma si trovi la città di Tireso sarebbe, secondo alcune interpretazioni, legato alla provenienza da Tebe dell’indovino Tiresia.
L’identificazione più importante probabilmente riguarda la città di Troia, cercata in lungo e in largo nel Mediterraneo, corrisponderebbe alla città di Toija in Finlandia, vicino alla città di Turku. La geografia del luogo sarebbe la medesima descritta da Omero, infatti sarebbe sorta su una collina ai cui piedi scorrono due fiumi (gli omerici Scamandro e Simoenta) che confluivano nella pianura sottostante, oggi allagata, a pochi chilometri dal mare. L’Ellesponto, chiamato da Omero “largo”, sarebbe individuabile non nello stretto dei Dardanelli, ma nel golfo di Finlandia, che rispetto alla Troia nordica si trova in una posizione corrispondente alla descrizione omerica, cosa che non accadrebbe con la Troia meridionale. Lo storico danese medioevale Saxo Grammaticus, nelle cronache danesi ricorda gli Ellespontini, un popolo nemico dei Danesi, inoltre, il nome della Finlandia in epoca romana come Aeningia potrebbe corrispondere a terra di Aeni, ossia di Enea).
In base ai luoghi già ritenuti identificati e al “catalogo delle navi” nel secondo libro dell’Iliade le città achee sono da identificare nel Baltico: Micene sarebbe sorta sul luogo dell’attuale Copenaghen e Ftia, patria di Achille, in Estonia. Il Peloponneso corrisponderebbe all’isola di Sjælland, del tutto pianeggiante, il che spiegherebbe la scelta di Telemaco di recarsi da Pilo a Sparta via terra anziché via mare. Oltre a questo, si noti che Omero descrive il Peloponneso come un’isola pianeggiante e ciò non si ritrova nel Peloponneso della Grecia, una penisola montuosa.
Parlando invece dei viaggi di Ulisse, essi si sarebbero svolti lungo le coste della Norvegia, ad assurgere tale ipotesi potrebbe essere un passo di Plutarco, che colloca l’isola di Ogigia, dove Ulisse sarebbe stato tenuto prigioniero dalla ninfa Calipso, “a cinque giorni di navigazione dalla Britannia verso occidente”: di conseguenza sarebbe identificabile con una delle isole Fær Øer. Da qui, dopo diciassette giorni di viaggio, Ulisse sarebbe giunto nella terra dei feaci, descritta con un’alta costa rocciosa e coperta di boschi; tale regione è difficilmente identificabile in ambito mediterraneo, potrebbe corrispondere invece alla zona di Bergen, sulle coste norvegesi, alla foce del fiume Figgio, zona tra l’altro ricca di reperti dell’età del bronzo. Questa collocazione spiegherebbe il fenomeno notato da Ulisse, per il quale il mare rifluisce nel fiume, fenomeno dovuto alle maree, inesistente in ambito mediterraneo. Proseguendo in tal guisa, l’isola della maga Circe, l’isola delle sirene e le rupi di Scilla e Cariddi, sarebbero da collocare nell’arcipelago delle Lofoten, dove a causa di un riflusso delle maree, si crea il fenomeno del Maelström, che corrisponderebbe al gorgo di Cariddi che inghiottì la nave di Ulisse che è descritto formarsi tre volte al giorno. Infine l’isola di Eolo, re dei venti, si troverebbe nelle isole Shetland, dove soffiano spesso venti che superano i 200 km/h.
Il clima sovente descritto nei poemi omerici è freddo e tempestoso, spesso comparirebbe infatti la nebbia, vi sarebbero forti venti e burrasche. Nonostante la possibile differenza climatica tra il periodo della guerra di Troia e l’età contemporanea, tale descrizione non appare in linea con le caratteristiche del Mar Egeo, soprattutto tenendo conto che le vicende narrate sembrerebbero svolgersi prevalentemente in estate. La descrizione omerica si adatterebbe invece alle regioni baltiche nel XVIII secolo a.C., epoca nella quale dovrebbe collocarsi la guerra di Troia, quando le temperature nel nord Europa erano sensibilmente più alte delle attuali: proprio il successivo abbassamento della temperatura avrebbe in seguito costretto gli Achei ad emigrare verso sud.
Nei libri centrali dell’Iliade, si parla di una grande battaglia nella quale si fa riferimento in due momenti diversi al sole di mezzogiorno, questo potrebbe identificare il fenomeno del sole di mezzanotte, e grazie al quale i combattimenti non furono interrotti, e la battaglia poté durare due giorni consecutivi. Altri riferimenti al fenomeno sono considerati l’eccezionale durata del giorno nella terra dei Lestrigoni e l’impossibilità di orientarsi di Ulisse nell’isola di Circe, in quanto non può sapere dove sorga e dove tramonti il sole.
Oltre all’Iliade e all’Odissea, altri miti classici avrebbero un origine nordica, è il caso del viaggio degli Argonauti, che secondo il mito raggiunsero la Colchide, dove si trovava il vello d’oro, procedendo verso Est, e quindi arrivarono all’isola di Circe, dalla quale ritornarono in Grecia provenienti da Ovest. L’identificazione della Colchide nel mar Nero e dell’isola di Circe nel mar Tirreno costringerebbe ad ipotizzare un improbabile itinerario per nave degli Argonauti nell’Europa continentale, lungo i corsi dei fiumi Danubio, Po e Rodano. La navigazione sarebbe invece un ancestrale ricordo di un’antica circumnavigazione in senso antiorario della Scandinavia a partire dal Baltico, attraversando la Lapponia per via di terra attraverso i numerosi fiumi che la percorrono, per giungere alle isole Lofoten dove era stata localizzata l’isola di Circe. Secondo il racconto di Circe ad Ulisse, per il viaggio di ritorno gli Argonauti avrebbero scelto la rotta che passava attraverso le “rupi erranti”, da identificare con i numerosi e angusti stretti percorsi dalle correnti che si trovano tra le isole e la terraferma. Un altro riferimento ad un’antica ambientazione nordica è individuabile anche in una affermazione di Platone nel dialogo Crizia, il quale ricorda come un tempo Atene sorgesse in una zona pianeggiante e fertile e non aspra e montuosa: si tratterebbe quindi di un riferimento all’antica Atene baltica, che si ritiene possa essere individuata presso l’attuale città di Karlskrona, presso la quale si trova il toponimo di Lyckeby, che ricorderebbe il Licabetto.
Connubi e analogie queste, che si possono riscontrare anche in ambito culturale. Usi e costumi come abbiamo già detto sono simili in tutti i popoli che vantano la comune discendenza indoeuropea, tra il mondo classico e quello nordico sono degni di nota; l’usanza di riunirsi in assemblea, i grandi banchetti conviviali, l’esilio inflitto ai colpevoli di omicidio involontario. Le navi achee avrebbero inoltre in comune con quelle vichinghe l’albero smontabile, utile in particolare nei mari settentrionali per evitare la formazione di ghiaccio, e la doppia prua che consentiva, voltando i rematori, di navigare anche all’indietro (un riferimento a questo aspetto sarebbe il termine amphielissai, “curvo da entrambi i lati” utilizzato diverse volte da Omero; inoltre la caratteristica sarebbe descritta da Tacito per i Germani). L’aedo greco sarebbe la stessa dello scaldo norreno, Ulisse sarebbe equiparabile con la figura dell’arciere Ull nella saga islandese del XIII secolo e con Amleto, protagonista di un’antica leggenda danese riportata nelle Gesta Danorum di Saxo Grammaticus. Ulteriori similitudini sono riscontrabili tra le divinità: Afrodite corrisponderebbe a Freia, Ares a Thor, Zeus a Odino, le Chere che nell’Iliade scendono sul campo di battaglia per portare via le anime dei guerrieri morti, sarebbero simili alle Valchirie.
Miti, tradizioni, sangue e spirito; riscopriamo le nostre radici comuni, poiché esse sono alla base della fede nel destino profondo della nostra grande civiltà europea e mediterranea, e solo chi ha fede può essere forte e valoroso in questa eterna guerra del sangue contro l’oro, che vedrà un giorno il popolo europeo vittorioso. Di fronte al caos post-moderno sta, come un’altissima e inviolabile montagna, la potenza della nostra identità.